Ne avevamo accennato durante la nostra anteprima: La Ruota del Tempo avrebbe diviso il pubblico. La serie fantasy di Amazon Prime Video tratta dalla fortunata saga letteraria di Robert Jordan si è dimostrata una produzione capace di focalizzare l’attenzione del pubblico, dovendo anche sostenere, nella sua parte finale, l’arrivo di un avversario temibile: Geralt di Rivia. Le ultime puntate de La Ruota del Tempo, conclusasi la Vigilia di Natale, si sono infatti contese l’attenzione degli appassionati di fantasy con la seconda stagione di The Witcher, la serie Netflix alla celebre serie di romanzi e videogiochi con protagonista lo strigo, interpretato sul piccolo schermo da Henry Cavill.
Non era un confronto semplice, ma a conti fatti l’interesse per La Ruota del Tempo era oramai consolidato presso il pubblico. Come facilmente intuibile, i puristi della saga hanno puntato il dito contro la serie di Amazon Prime Video colpevole di non avere rispettato fedelmente ogni singola riga scritta da Jordan. Comprensibile, ma altrettanto legittima la scelta della produzione di adattare il contesto di una saga letteraria la linguaggio televisivo, profondamente diverso, e conferendogli un nuovo carattere che avvicini un differente targete: una demografica tardo adolescenziale.
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La Ruota del Tempo, una prima stagione promettente?
Per quanto il fantasy televisivo negli ultimi anni si stia imponendo come un’ispirazione particolarmente florida, è innegabile che il taglio dato alle serie ispirate ai cult letterari del genere abbia mostrato di voler attirare un pubblico maturo, capace di comprendere le finezze politiche di Game of Thrones o la cupa violenza di The Witcher. Il tutto, in attesa di vedere, sempre su Amazon Prime Video, l’attesa serie tratta dall’immaginario tolkeniano. La Ruota del Tempo, vuoi per il materiale originario, si avvicina maggiormente a una fascia di spettatori più giovane, che possa empatizzare a livello epidermico con i protagonisti. Non è un caso che Rand, Matt e compagni vivano un’esperienza di profonda maturazione personale, all’interno della grande costruzione sociale della saga, in età adolescenziale, quasi che Jordan volesse raccontare con questa metafora fantastica il passaggio alla vita adulta.
Pur basandosi su un canovaccio, La Ruota del Tempo nella versione seriale mostra di aver ben chiari quali sono le proprie potenzialità. Se sul piano narrativo la rotta è tracciato dagli scritti di Jordan, è nel campo realizzativo che la produzione di Amazon Prime Video ha cercato di trovare una propria identità, cercando un equilibrio tra budget e spettacolarità. Un’esigenza che spesso tradisce una ristrettezza di possibilità, che porta alla realizzazione di costumi che, specie nei primi episodi, risulta poco convincente, soprattutto se accompagnata a una definizione dei piccoli villaggi incontrati tutt’altro che appassionante, conferendo loro un’aria lugubre e di malcelata acidità.
Sensazione di produzione al risparmio che si percepisce anche nella realizzazione degli effetti visivi, con creatura mostruose poco convincenti, come i tutt’altro che riusciti Trolloc, o un uso poco ispirato della CGI nella resa dei grandi scorci urbani, che non riescono a nascondere la sensazione di artificioso. Una debolezza che, in realtà, non sembra avere preoccupato eccessivamente la produzione, convinta che più che lo spettacolo visivo, appannaggio di nomi più blasonati, si dovesse puntare a una caratterizzazione narrativa che avvincesse lo spettatore.
Affidandosi al primo volume della saga, L’Occhio del Mondo, la serie di Amazon Prime Video sceglie di dare immediatamente agli spettatori tutti gli ingredienti solitamente associati al fantasy: magia, mostri e combattimenti. Rinunciando a una costruzione oculata della narrazione, privando la serie della più pacata (e sensata) definizione dei tempi narrativi della controparte cartacea preferendo puntare a un più ruffiano ‘tutto e subito’. Nella nostra anteprima, basati sui primi tre episodi, sembrava che questa rapidità del racconto fosse compensata da una volontà di definire maggiormente il contesto fantastico, ma già prima della metà di questa prima stagione de La Ruota del Tempo si è notata un progressivo impoverimento di questo tratto. Con alcuni passaggi abbastanza forzosi, ai giovani protagonisti vengono messi a disposizione elementi che privano lo spettatore di una narrazione più articolata, indebolendo la componente narrativa fantastica, basando il tutto sulla già fragile spettacolarità di alcune scene e dando per scontato che lo spettatore accetti tacitamente quanto ascoltato.
Adattare un’opera complessa come il corpus letterario di Jordan era pressoché impossibile, ma la scelta fatta da Rafe Judkins e dal suo team creativo (Carlton Cuse, Graham Roland, Nzarin Cohoudhury, Daira Platin) in merito alla gestione di momenti chiave della trama del primo volume della saga sembra poco felice, almeno per chi ha una certa familiarità con la versione letteraria. Momenti importanti come la fuga da Due Fiumi o lo sviluppo del rapporto tra Matt e il pugnale maledetto sono poco caratterizzati, penalizzati dall’inevitabile ristrettezza imposti dai solo otto episodi, tutt’altro che sufficienti per racchiudere la mole de L’Occhio del Mondo.
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Primo passo in un mondo molto più grande
Parziale scusa per la sensazione di assenza di un solido background per questo mondo, che viene popolato troppo rapidamente di nomi e situazioni, di paesi lontani e culture, rischiando di confondere lo spettatore, che arrivato alla conclusione di questa prima stagione percepisce come manchino diversi tasselli alla storia, che sarà complesso da inserire anche all’interno della già annunciata seconda stagione. Ma, e questo va riconosciuto, La Ruota del Tempo cerca di costruire una storia delle origini per un gruppo di giovani eroi, orchestra una buona sintonia tra i protagonisti e introduce dinamiche personali che non possono che affascinare una platea young adult, avvicinando la serie di Amazon Prime Video più The 100 che non a Game of Thrones.
Complice una buona recitazione di un cast giovane, dove eccellono soprattutto le figure femminili, con una spettacolare Rosamund Pike in primis. La Ruota del Tempo sembra trovare in questi intepreti la sua forza principale, una vis interpretativa che cerca, riuscendo solo parzialmente, di nascondere i limiti di una serie che paga pegno in termini di ambientazioni e costruzione di scene campali, mostrando tutte le difficoltà di una produzione fantasy piagata da un budget non all’altezza. A dimostrazione, la buona gestione delle scene ambientate in ambienti ristretti, mentre le situazioni in campo aperto o che richiedono scenografie più ariose tradiscono una cura del dettaglio disperata ma insufficiente.
Al netto di questa sua natura lontano da serie di alto profilo, La Ruota del Tempo ha il merito di provare a ricreare il ricco mondo di Jordan nel contesto seriale. Pecca di ingenuità, si sforza di non deludere, ma non riesce a nascondere i propri limiti, offrendo al contempo una storia godibile, che lascia emergere le potenzialità di una terra fantastica ricca di segreti da scoprire. Il futuro de La Ruota del Tempo si giocherà con la seconda stagione, che, come ben sa chi conosce la saga, sarà portatrice di nuove, importanti rivelazioni per Rand e compagni.
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