Il 14 luglio 1789, nella Francia di Luigi XVI, il popolo assalta il carcere della Bastiglia. Il popolo è allo stremo dopo lunghi anni di crisi economica, guerre inconcludenti e una società la cui gerarchia ormai vetusta non è più in grado di tenere insieme la Francia. È l’inizio della Rivoluzione Francese. Seppure la Bastiglia non fosse che un carcere ormai in disuso, nel suo venire assaltata dal popolo l’ha fatta assurgere a simbolo sia dell’evento che di ciò che ha rappresentato: la svolta verso un nuovo e differente modo di pensare. A precisamente 231 anni da quel giorno, qui su Cultura Pop abbiamo deciso di omaggiare la Rivoluzione Francese tramite una piccola selezione delle opere di intrattenimento ambientate in quel periodo.
La Rivoluzione era inevitabile
Partiamo innanzitutto col dire che, come tutti i grandi avvenimenti, anche la Rivoluzione Francese ha avuto la sua dose di idealizzazione. Spesso la si identifica come un cambiamento radicale che ha ridato al popolo il diritto ad autodeterminarsi; sono tutte cose vere, ma allo stesso tempo non dobbiamo cedere al pensiero semplicistico che la negatività fosse tutta su nobiltà e clero. Piuttosto era il pensiero generale: la Francia subito prima della Rivoluzione aveva constatato che appunto l’assolutismo non fosse più compatibile con il contesto storico. Un pensiero non nato dal nulla, ma diffuso già da anni, tanto da essere condiviso non solo dalla borghesia, ma anche da parte della nobiltà, che comunque continuava ad avere i privilegi feudali.
Ciò detto, va anche compreso che quello ormai noto come ancien regime (antico regime) aveva raggiunto livelli di eccesso e di mancanza di contatto con la realtà notevoli. Questo, unito anche dalla continua rivendicazione dei privilegi feudali, furono tra i fattori che fecero percepire nobiltà e clero come dei parassiti che consumavano enormi ricchezze non producendo nulla. Una netta contrapposizione invece appunto sia alle classi meno agiate (collettivamente note come “Terzo Stato”) che alla borghesia che invece si era arricchita lavorando. In ogni caso, le produzioni più "pop" a tema Rivoluzione Francese rappresentano un sentiero poco battuto negli ultimi anni. Tanto che molti sceneggiati e trasmissioni televisive risalgono alla fine degli anni Ottanta, in quanto realizzate sfruttando l’occasione del bicentenario dagli eventi.
La rivoluzione della Rosa
Ciononostante, l’industria dell’intrattenimento si è spesso concentrata sulla vita di corte e sugli splendori che vi erano possibili in quegli ultimi anni confinanti con la decadenza. Chiaramente una delle opere più famose nel mondo e anche qui in Italia è appunto Lady Oscar. Il manga di Ryoko Ikeda (il cui titolo originale in realtà si traduce come Le Rose di Versailles) è infatti un romanzo storico concentrato prima di tutto sulla vicenda di Maria Antonietta d’Austria, moglie del re Luigi XVI e su cui si accanì tanto la corte quanto il popolo.
Dove il secondo sarebbe arrivato dopo, c’è da dire che Maria Antonietta aveva un certo talento politico, ma così com’era stata in grado di influenzare la condotta del re suo marito (aiutata anche dal fatto che quest’ultimo non fosse molto di carattere), atto che aumentò la diffidenza nei confronti della famiglia regale. Il manga di Ikeda infatti dipinge il progressivo isolamento di Maria Antonietta, raccontando anche dei vari scandali che distrussero la reputazione della monarchia francese e furono, ancora una volta, fattore per la rivoluzione.
È sullo sfondo di tali vicende che si muovono i personaggi della Ikeda, che riescono ad arrivare a corte per vie alterne. Da Oscar, donna cresciuta come uomo la sua tormentata storia con André, fino a Jeanne e Rosalie, ragazze dei bassifondi di Parigi. Non a caso, le vicende di Lady Oscar si concludono proprio con gli avvenimenti del 14 luglio 1789.
Lady Oscar come opera è dei primi anni Settanta, malgrado sia giunta in Italia vent’anni dopo. In ogni caso la cultura pop ha effettivamente indagato molto sulla controversa figura della regina: una delle opere più recenti in questo senso è appunto Marie Antoinette, film di Sofia Coppola del 2006. Per quanto sia una rivisitazione in chiave molto “modernizzante”, il lungometraggio esplora a sua volta la difficile vita alla corte di Versailles, tra la rigida etichetta, gli scandali e i doveri (anche riproduttivi) della regina. In questo senso la frase stessa “che mangino brioches” ha un’origine controversa, e oggi non si è più sicuri che sia stata effettivamente pronunciata da Maria Antonietta.
Il motivo per cui viene comunque inserita nelle ricostruzioni e nelle rievocazioni è, di nuovo, per il suo significato simbolico. Rappresenta infatti quanto la nobiltà e l’alto clero fossero ormai lontane dal capire quanta miseria e crisi serpeggiasse in Francia. Anche qui la situazione storica in cui tutto si chiude è la medesima: pochi mesi dopo la presa della Bastiglia, re Luigi XVI e sua moglie Antonietta verranno riportati a Parigi a furor di popolo.
Da Bonelli Editore a Ubisoft
Il motivo per cui si verificò la forte crisi finanziaria che avrebbe poi portato alla Rivoluzione Francese fu appunto perché le spese dei frequenti conflitti e del mantenimento dell’impero coloniale francese ricaddero sulle classi meno abbienti. Conflitti con alle volte anche dei paradossi: i francesi, governati da un monarca assoluto, appoggiarono infatti i patrioti della Rivoluzione Americana, che stavano però combattendo per liberarsi dalla monarchia.
Fu da questa crisi che appunto scaturirono buona parte degli eventi successivi, in un’epoca complessa che non potremo (e non dovremo) smettere mai di indagare. Dal fallimento dell’assemblea degli Stati Generali fino al giuramento della pallacorda, è in quei giorni frenetici che viene scritta quella che viene identificata come la prima costituzione moderna, seguita dopo poco (agosto 1789) dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.
L’abolizione, almeno sulla lettera, dei privilegi feudali e il ritorno anche simbolico della famiglia regale al popolo venne ampiamente festeggiato. Tanto che, per quasi cinque anni, fu proprio l’aspetto festoso a dominare nella Francia ormai rivoluzionata. Grandi rituali collettivi dove vennero ribaditi i valori universali e comuni a tutti gli esseri umani. Allo stesso tempo però la Francia e la Rivoluzione diventano anche teatro di efferatezze ed esecuzioni pubbliche. Ci ricordiamo tutti come la ghigliottina sia divenuta simbolo di quel periodo, una macchina di morte vista come “umanitaria”.
Un pensiero paradossalmente giusto, in quanto il condannato non doveva morire soffrendo. In questo senso avrebbe senso recuperare proprio Il Boia di Parigi (Barbato-Casertano), primo volume della collana Le Storie di Bonelli Editore, uscito nel 2012 e che racconta gli anni dal 1790 al 1794 attraverso gli occhi proprio di colui che azionava la ghigliottina. Tale volume è stato tra l’altro reso disponibile gratuitamente per 24 ore lo scorso 5 aprile come parte di Un Bonelli al giorno, l’iniziativa digitale della casa editrice fatta in tempo di quarantena da Covid-19.
L’importanza della rivoluzione
Chiaramente riguardo la cultura pop è impossibile non citare anche solo brevemente Assassin’s Creed Unity, il videogioco Ubisoft del 2014. Anche in questo caso lo spettro di ambientazione va dall’assemblea degli Stati Generali del 1789 fino alla morte di Robespierre del 1794, avvenimenti storici che, com’è solito per il brand, si combinano alle vicende individuali dei protagonisti.
In effetti AC: Unity è un’altra di quelle volte in cui l’intrattenimento più popolare ha tentato nuovamente questa difficile epoca storica, che appunto per via del suo potenziale “caotico” è sempre stata difficile da trattare. Produzioni più divulgative sono invece le puntate monografiche di Superquark e delle loro trasmissioni derivate, prodotte dalla Rai nei primi anni Duemila. In cui però non si è mai persa una consapevolezza: che tutto quello che era successo in Francia alla fine del Settecento fosse veramente la fine di un’epoca.
Nonostante quindi la ricostruzione storica e umana della Rivoluzione Francese ovviamente cambi a seconda dei mezzi e dell’epoca che decide di rievocarla, il motivo per cui ancora adesso viene studiata e non perde di fascino nonostante la relativa rarità delle opere di cultura pop a essa dedicata, è proprio il suo aver imposto una mentalità differente, nonché alla base del pensiero contemporaneo.
Un pensiero che appunto smetteva di pensare al passato e a quell’eterno ieri pensato come sempre migliore del presente, ma piuttosto sul far comprendere l’uguaglianza di fondo tra ogni essere umano, in una società con il compito di fare in modo che ognuno potesse potenzialmente crescere e prosperare. Di nuovo è un paradosso, ma prima della Rivoluzione Francese non era possibile pensare come “normale” che un qualunque contadino, perlopiù originario della Corsica, potesse diventare addirittura imperatore.
Eppure è esattamente quello che è successo con Napoleone Bonaparte, ed è il motivo per cui in Europa egli sarebbe diventato una figura tanto temuta quanto odiata. Era un figlio della Rivoluzione, le cui idee hanno saputo oltrepassare tanto il tempo quanto tutti coloro che hanno cercato di fermarla: ed è anche il motivo per cui, dopo oltre due secoli, siamo ancora qui a parlarne.
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