La Quarta Guerra Mondiale: war ensemble
3021: tutto il pianeta, tutto il sistema solare è coinvolto in un gigantesco conflitto totalizzante e imperituro. L'umanità è insieme vittima e artefice di un atroce destino. Il pianeta è in fiamme: inquinato, degradato, martirizzato da un eterno conflitto tra decine di fazioni diverse, in un costante balletto di cambi di fronte e alleanze. Il pusillanime Otto e l'esaltato Burger appartengono rispettivamente all'esercito del Vecchio Mondo e a quello del Nuovo Mondo, teoricamente acerrimi nemici sui campi di battaglia, i due si ritrovano clamorosamente a stringere una alleanza per una missione segreta e impossibile: riportare la pace.
Mentre Burger è infervorato dall'idea di eliminare il caos e la guerra, Otto spera solo di poter ricongiungersi alla conturbante soldatessa Ursula. Reo di essere un disertore, Otto inizia così il suo viaggio improbabile e grottesco insieme a Burger in un mondo stravolto e diviso in blocchi di influenza. La prima tappa è in estremo oriente dove i due devono fronteggiare la potenza supertecnologica de Il Grande Drago Rosso impegnata in una lotta contro i bonzi ribelli che si sono trincerati sulle Montagne del Cielo.
È proprio lì che, con un doppiogioco e forte dose di "diplomazia", Otto e Burger ottengono dal capo dei Bonzi l'esatta ubicazione dello Spirito della Pace. La tappa finale è quindi il Polo Sud, ora una landa infuocata e contaminata dai fumi radioattivi. Grazie al prezioso aiuto del Re del Mondo, autorità ormai dimenticata e da tempo deposta, e al suo aereo nucleare i due arrivano a destinazione ma non senza un disastroso atterraggio.
Otto viene separato da Burger e assediato dai deformi abitanti del Polo, decide di portare da solo a compimento la missione. Proprio nell'ora più buia però viene raggiunto a sorpresa da Ursula per un provvidenziale salvataggio ma non tutto è quello che sembra, neanche e soprattutto la pace.
La Quarta Guerra Mondiale: fra Bonvi e la satira politica
Il nucleo tematico de La Quarta Guerra Mondiale risulta lapalissiano a fine lettura: denunciare l'assurdità di ogni guerra passata, presente e futura. Un messaggio trasmesso in maniera forte e adrenalinica e con un piglio tutt'altro che "paternalistico" vista anche l'estrazione professionale dei tuoi autori che si muovono sempre in bilico fra produzione mainstream e underground, storicamente terreno fertile per questo tipo di operazioni in cui la forma "nasconde" la sostanza.
Non c'è spazio quindi per i raffinati maestri del "bel disegno" italiano quanto invece, sia graficamente che narrativamente, per gli onnipresenti autori bolognesi degli anni '70, da Pazienza a Liberatore a Mattioli, filtrati attraverso la lente di due autori la cui influenza è troppo spesso relegata in secondo piano ovvero Jacovitti e Bonvi. Proprio di Bonvi e delle sue Sturmtruppen la prima parte del volume è un gustoso rimaneggiamento in salsa acida, con il passare delle pagine tuttavia la narrazione si amplia introducendo in maniera quasi casuale i due riluttanti protagonisti che diventano volano per rivisitare tutta una serie di suggestioni provenienti dalla cultura pop, nel senso più ampio del termine, che vanno dal body horror di un certo cyberpunk nipponico passando per il fanatismo del dark fantasy più fantascientifico fino agli evidenti richiami a La Cosa di John Carpenter nella terza ed ultima parte del racconto per una conclusione che rimaneggia idealmente Il Settimo Sigillo ma in versione immanente e cinica.
Il pusillanime Otto fa quindi da contraltare all'archetipo dell'eroe da action movie anni '80 Burger in un viaggio surreale che passa con facilità dalle atmosfere classicamente belliche più improbabili a scenari a-là Mad Max ancora più allucinati dando l'opportunità a Spugna di dare sfogo al suo estro fatto di personaggi dalle appendici aliene, armi grottescamente bio-meccaniche e volumi sbilenchi in una continua contrapposizione fra linee continue e linee spezzate. Tenendo ben a mente che il 90% della produzione del disegnatore è composta di opere mute, non può passare inosservata la capacità di gestire gli spazi, per uno storytelling incalzante, e l'organizzazione della tavola mai troppo affollata ma al contrario ordinatamente divisa in una alternanza efficacia fra doppi orizzontali e verticali fulminanti. Resta invece tratto distintivo dell'autore la colorazione fatta di toni accesi e fluorescenti come se tutto fosse passato per lo spirito di ideali evidenziatori fra viola, verdi ed arancio.
Marco Taddei inizia "cauto" ma poi con il passare delle pagine appare evidente che la sua sia anche una satira politica che non risparmia né il capitalismo né il socialismo tecnologico cinese prendendo in prestito immagini dall'impatto immediato che vanno dal fallico cannone, l'arma segreta de Il Grande Drago Rosso, passando per il treno (che ricorda Le Transperceneige) passando per le tute reincarnanti dei bonzi punk, i soldati in capsule e infine, con Ursula e il sesso, arma più devastante di tutte.
Come nel sempre attualissimo 1984, Taddei mostra la fallacia della guerra che diventa una condizione imperitura e spersonalizzante decretando l'annientamento totale in una girandola di alleanze e vacue missioni. Il finale è chiaro: la guerra non serve né fermare il caos né tantomeno con essa si può perseguire la pace ma al contrario è solo foriera di morte come mostra inequivocabilmente l'immagine finale che chiude il volume.
Il volume
Feltrinelli Comics confeziona un volume brossurato con alette formato 16x24 cm, formato divenuto lo standard dell'etichetta del colosso delle librerie di varia. La carta utilizzata è opaca e ruvida, scelta che premia la resa soprattutto alla luce dei colori fluorescenti di Spugna. La brossura a caldo è buona ma non solidissima anche a causa della rifilatura molto stretta delle pagine che costringe ad una apertura importante del volume stressando la costina che, a fine lettura, mostra qualche segno di cedimento.
Dal punto di vista editoriale non vi sono contenuti extra nel volume: le bio degli autori e la sinossi infatti vengono collocate proprio sulle alette. Peccato visto che l'impianto narrativo-tematico de La Quarta Guerra Mondiale avrebbe sicuramente meritato qualche battuta da parte degli autori.