La cena delle Spie, recensione: amore e tradimento

La cena delle spie, è la nuova spy story con Chris Pine, Laurence Fishburne e Thandiwe Newton disponibile da domani, 8 aprile, su Prime Video.

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a cura di Manuel Enrico

Quando Prime Video ha svelato che la sua spy story La cena delle spie (All the Old Knives), sarebbe uscito l’8 aprile in contemporanea in streaming e in una selezione di sale, la sensazione era che questa produzione si ponesse che il prodotto di punta del servizio streaming per corsa agli Oscar 2022. Come ben sappiamo, gli Oscar si sono mossi in tutt’altra direzione, lasciando La cena delle spie fuori dai giochi, una decisione che, col senno di poi, sembra comprensibile. Non certo per demeriti della pellicola diretta da Janus Metz, ma perché i concorrenti alle categorie in cui avrebbe concorrere il film di Amazon erano nettamente superiori.

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Ciò non toglie che La cena delle spie sia un thriller di buona fattura, che si discosta dalla spy story action alla Mission Impossibile o alla James Bond, preferendo un approccio più sottile, che si allontana dalla prima linea per concentrarsi sui giochi di potere che si dipanano dietro le quinte. Non agenti operativi dalla pistola facile, ma burocrati e operativi che si muovono nelle ombre, pianificando complotti, tradendo all’occorrenza. Una visione della spy story che sembra rifarsi ai grandi maestri del genere, come Le Carrè, con una costruzione della vicenda che si fonda quindi su un delicato gioco di equilibri e inganni,  capace di ingannare e sorprendere lo spettatore. E non potrebbe esserci migliore punto di partenza, per una storia simile, di una caccia alla talpa.

La cena delle spie: caccia al traditore

Soprattutto, se questo traditore è il responsabile del fallimento di un’operazione della CIA attentamente pianificata, conclusasi con una strage durante un dirottamente aereo. Anni dopo questa debacle l’agenzia, Vick Wallinger (Laurence Fishburne), all’epoca capo dell’ufficio di Vienna, incarica l’agente veterano Henry Pelhamn (Chris Pine) di investigare su questo caso, che lo aveva visto coinvolto mentre era assegnata sotto lo stesso Wallinger. A Vienna, Pelham era sulle tracce di una cellula terroristica, missione centrale nell’operato della sezione locale, che presto si ritrovò ad affrontare un dirottamento aereo. Nonostante gli apparenti sforzi di tutti gli agenti della sezione viennese, i terroristi commisero una strage, facendo emergere sospetti sull’operato degli operativi coinvolti, che vennero tutti riassegnati, in mancanza di un colpevole.

Nella sua indagine per scovare il colpevole del tradimento, Pelham viaggia dall’Austria, all’Inghilterra, sino alla California, dove conclude la sua missione incontrando la ex collega e amate Celia Harrison (Thandiwe Newton). Amanti ai tempi della missione viennese, i due si incontrano dopo anni, con la scusa di una cena. Attraverso il ricordo della loro storia d’amore, Pelham ricostruisce gli eventi di quella tragedia, avvicinandosi sempre più alla soluzione di questo intricato caso di tradimento.

La Cena delle spie si basa su una sceneggiatura firmata da Olen Steinhauer, già autore del romanzo omonimo da cui è tratto il film di Amazon Prime Video. Questa scelta consente di poter orchestrare una perfetta storia di tradimenti e di spionaggio, giocata sulle sottigliezze e su una serie di mezze verità che ingannano lo spettatore, guidandone lo sguardo in modo da coinvolgerlo emotivamente con i personaggi. La relazione tra Pelham e la Harrison viene sfrutta al meglio per creare un sottotesto emotivo malinconico, mirabilmente scandito dalla complicità di Pine (Star Trek,Wonder Woman, Outlaw King) e della Newton (Mission Impossibile II, Westworld), capaci di passare dalla tensione romantica dei flashback a un atteggiamento più dimesso durante la cena, fatto di rimpianti e rimorsi. Una dinamica di piccoli gesti e sguardi che viene ben seguita da Janus Metz, che incanala la nostra attenzione sulla tensione emotiva tra i due protagonisti, spezzandone il ritmo al momento giusto con la presenza dei flashback.

La cena delle spie fonda la propria solidità sulla gestione oculata dei flashback, inseriti con intelligenza al momento giusto nella storyline principale. Dopo aver evidenziato il difficile connubio tra desiderio di rivedersi dei due protagonista e la paura di farlo, Metz non perde occasione di costruire un telaio narrativo che visivamente si fonda su piccoli dettagli, sulle movenze dei due protagonisti, in particolare Pine, con cui trasmette un senso di progressiva inquietudine, che inizialmente spiazza lo spettatore, acuendone la percezione di come Pelham stia arrivando faticosamente alla verità, salvo poi ribaltare il tutto nell’atto finale, con un tocco da maestro.

Semplicità ed emotività

Elemento essenziale di questa narrazione avvincente è l’ambientazione principale, il ristorante in cui i due agenti segreti si incontrano, anonimo ma che sin dall’inizio, come si scopre nelle ultime battute, riveste un ruolo essenziale. Funzionale nel creare un ambiente ingannevolmente aperto, man mano sempre più opprimente con un cambio di illuminazione ben gestito, ma al contempo parte del grande gioco di depistaggio alla base de La cena delle spie. Al pari della colonna sonora, delicata, graffiata il giusto nella necessità di trasmettere la malinconica relazione dei due protagonisti e incalzante con precisione nei momenti più intensi, rimanendo sempre un convincente supporto emotivo senza mai soverchiare il suo ruolo.

Difficile riuscire a imbastire una spy story così articolata, in cui verità e menzogna si intrecciano sino alla fine in modo ingannevole, depistando con arguzia lo spettatore salvo poi mostrare come ogni indizio potesse condurre altrove, senza mai perdere di coerenza per tutti i 100 minuti di durata. La cena delle spie, sino all’ultimo, mantiene alto l’interesse, complice la presenza di un ottimo cast impreziosito dal sempre puntuale Jonathan Pryce, creando un gioco di specchi in cui perdersi è piacevole, soprattutto quando i pezzi mancanti di questo puzzle emergono e ribaltano completamente la nostra percezione degli eventi.

La cena delle spie convince, appassiona, riesce a ingannarci il giusto sino al momento della grande rivelazione, mostrata da Metz con una meccanica della ricostruzione ben realizzata, ennesima caratteristica di un film di carattere, che ha giustamente meritato il suo passaggio anche nei cinema.

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