K-11 è uno dei titoli della collana Audace di Sergio Bonelli Editore, nata dalla volontà della storica casa editrice milanese di offrire ai lettori un modo differente di intendere il fumetto. All’interno di Audace hanno trovato spazio declinazioni differenti di personaggi della casa editrice, come Dragonero Senzanima, e nuovi slanci narrativi, come Il Confine e, appunto, K-11.
Proprio quest’ultimo, giunto recentemente al terzo volume, rappresenta una delle colonne della collana. La storia orchestrata da Matteo Casali si spinge verso direzioni che solitamente non vengono considerate dagli autori, rendendo questa serie un progetto che pur suscitando un senso di familiarità nel lettore si presenta come una novità narrativa, specialmente per quanto riguarda l’ambientazione: l’URSS della fine della Seconda Guerra Mondiale.
Matteo Casali ci guida alla scoperta del mondo di K-11
Abituati a vivere le avventure del periodo dall’ottica del futuro blocco occidentale, K-11 si rivela una prospettiva differente. Una scelta intrigante, quella di Casali, che riesce a sviluppare un concept originale e in grado di stupire il lettore. Dopo avere i primi tre volumi, la curiosità di conoscere meglio quello che si muove dietro le quinte di K-11 è diventata talmente forte che non abbiamo potuto fare altro che interpellare proprio il suo creatore: Matteo Casali.
La lettura di K-11 non lascia indifferenti, non solo per la storia raccontata, quanto per il suo approccio narrativo e l’ambientazione storica. Il racconto di K-11, infatti, prende il via nelle battute finale della Seconda Guerra Mondiale, mentre il mondo ‘libero’ è ancora unito contro il nemico nazista e la divisione nei due blocchi della Guerra Fredda è ancora lontana. Un periodo in cui non era certo semplice addentrarsi nella ricostruzione storica, ma Casali aveva un asso nella manica:
“Quando scrivo una storia faccio tantissima ricerca, voglio arrivare preparatissimo al momento in cui inizio a scrivere la mia trama. L’unico rischio in questi casi è di accumulare talmente tanto materiale che si arriva a soffocare la storia, quindi bisogna trovare un equilibrio tra conoscenza e trama, per non perdere di realismo. In fin dei conti, i personaggi parlano alle persone”
Un simile di lavoro di ricerca, in un contesto storico come quello di K-11, lascia intendere che Casali abbia mantenuto una fedeltà alla storia reale maniacale, ma qualche piccola concessione narrativa, confessa l’autore, è stata necessaria:
“Pur avendo fatto tanta ricerca, ho dovuto variare alcuni dettagli. Il programma atomico sovietico, ad esempio, era stato avviato prima della Seconda Guerra Mondiale, ma gli sforzi bellici spinsero i vertici russi a sospenderlo per impegnare risorse sull’apparato militare, tanto che il programma atomico sarebbe ricominciato solo a guerra terminata. Io invece ho immaginato, con una licenza storica, che un progetto legato all’atomica fosse già attivo nelle battute finali del conflitto.
Ma anche la presenza di Krasnojarsk-11, la città segreta, è frutto di una mia “licenza narrativa”. Le prime città chiuse sovietiche, infatti, comparvero ufficialmente solo attorno al 1948. E posso dire che nelle mie ricerche su queste incredibili città sono rimasto colpito dalla loro realizzazione e oggi, in seguito alla fine della Guerra Fredda, hanno quasi tutte cambiato nome. Per la “mia” città segreta, mi sono ispirato ad una realmente esistita, Krasnojarsk-26, perché mi piaceva tantissimo il suono del suo nome. "
Per creare una sceneggiatura, Casali ha una metodologia precisa, la storia, nei suoi tratti essenziali, deve essere ben chiara sin da subito.
“La preparazione è essenziale. Considera che quando ho presentato K-11 in Bonelli, Masiero sapeva già tutta la storia, non mancava nulla. Ho sempre chiara in mente una mappa della trama, anche se mi concedo delle piccole correzioni di rotta da fare all’occorrenza, ma ho già una rotta ben tracciata. Anche i dialoghi, posso arrivare ad immaginare sin dall’inizio cosa due personaggi si diranno a pagina 79, poi, ovviamente, il contenuto specifico del dialogo sarà generato in base all’ispirazione del momento, ma quando ci arrivo so già di cosa stanno parlando, anche al punto di prevedere determinate inflessioni/toni per i personaggi coinvolti.”
Nel modo in cui Casali svela il suo percorso creativo, appare evidente come le sue sceneggiature siano frutto di un attento e meticoloso lavoro di incastro, in cui tutti gli elementi trovano il giusto posto. Questa sua attenzione è dovuta anche a una sua personale visione del ruolo dello sceneggiatore:
“Non mi limiterò mai a dire ‘Frank e Paul parlano’, mi voglio guadagnare il pane! (ride!) Le mie sceneggiature sono molto discorsive, voglio che siano una lettura piacevole per il disegnatore, in cui inserisco anche dettagli su come creare ogni singola vignetta. A volte, ad esempio, faccio riferimento ad un determinato profumo per indicare al disegnatore lo stato d’animo che vorrei, cerco sempre di creare una sinergia emotiva con gli artisti. Mi capita, con disegnatori con cui ho confidenza, di citare anche aneddoti vissuti insieme, in modo da cogliere le sfumature che vorrei inserire nel disegno. Per alcuni disegnatori questo mio stile è utile, perché sono estremamente meticoloso e preciso nel dare indicazioni, altri invece si sentono un po’ costretti a seguire indicazioni di regia molto precise.”
L’idea di ambientare la storia in Russia, però, non era presente sin dalla genesi del progetto di K-11. Casali, infatti, racconta come inizialmente la sua proposta per la sua storia Bonelli sia derivata dalla stesura di un precedente progetto:
“Inizialmente, avevo proposto a Bonelli una storia diversa. Quando Michele Masiero mi propose di rivederla per la nascente collana Audace, dissi subito che sarebbe stato impossibile adattare quell’idea originale. Così ho pensato di partire dalla storia prima della storia, andando indietro nel tempo. Un po’ come se avessi deciso di realizzare Star Wars partendo dall’Episodio I --magari fatto bene, però. (ride)
Così ho trovato in Karl il nostro protagonista, spostando il focus della storia sul finire della Seconda Guerra Mondiale e, stimolato dalla discussione con Michele Masiero, ho deciso di ambientare K-11 in un luogo ben poco esplorato dalla narrativa a fumetti: l’URSS del 1945.”
La scelta di spingersi in un’ambientazione particolare come quella sovietica ha consentito anche di caratterizzare in modo unico il protagonista di K-11, Karl. Leggendo i volumi sinora editi, la sensazione iniziale potrebbe essere quella di trovarsi davanti ad una versione commie di Capitan America, ma l’idea di Casali non era quella raccontare la storia di un superuomo
“Karl non è un superuomo, ma un superindividuo. Avendo spostato la storia in Russia, Karl è un figlio del suo tempo, crede negli ideali sovietici e sono quelli a spingerlo a partecipare al Progetto Zaroff, lo animano sino a quando non vede in sé qualcosa di più di un soggetto sperimentale. Soprattutto quando il rapporto con Lora si sviluppa, con l’arrivo della paternità e la visione di un futuro diverso rispetto a quanto immaginato all’inizio di K-11. Il cambiamento di Karl è fondamentale, il protagonista deve evolversi, portando il lettore a empatizzare con lui, anche portandolo a essere in disaccordo con il protagonista stesso”
Un’evoluzione, quella del personaggio, che detta anche il ritmo della storia dell’intera serie. Contrariamente a una tradizionale serie bonelliana, come Tex o Dragonero, le proposte di Audace hanno un numero di volumi contenuti e K-11, come già sappiamo, sarà composto da cinque uscite. Viene da chiedersi come sia stato deciso questo numero, e Casali ha la risposta pronta:
“Cinque volumi, esatto, e sai perché? Semplicemente perché sono il numero di episodi necessari a raccontare al meglio K-11. Personalmente, odio quando le storie vengono allungate all’inverosimile, per K-11 è stata la natura stessa della storia a dettare il numero di volumi. Tra l’altro, ti faccio notare un piccolo particolare.
Se prendi uno qualsiasi dei tre volumi usciti, e ti fermi ogni venti pagine puoi notare come si arrivi ad una sorta di finale. La mia esperienza con il mercato americano mi ha portato a concepire questa suddivisione interna dei volumi. Volendo, ogni venti pagine potresti inserire una copertina e avere una pubblicazione stile spillato americano.”
La concezione di K-11, raccontata da Casali, è avvincente e consente di apprezzare al meglio il lungo, e duro, lavoro che si nasconde dietro la realizzazione di una simile serie. Casali però riconosce anche l’apporto di tutto il team creativo della serie, a cominciare dai disegnatori:
“Quando abbiamo dovuto decidere come suddividere il lavoro, abbiamo fatto un meeting con scorpacciata di sushi, dove abbiamo parlato del soggetto he i disegnatori avevano già letto per intero e ho voluto che ognuno mi svelasse quale capitolo avrebbe voluto disegnare, visto che solo il primo volume era già stato assegnato a Davide Gianfelice e gli altri dovevano essere ancora decisi. Tornando al discorso del mio modo di intendere la sceneggiatura come un racconto anche per i disegnatori, Andrea Accardi si è sentito ispirato subito dal terzo volume, tanto che mi ha confessato che nel momento in cui ha dovuto realizzare il culmine emotivo della storia, si è divertito moltissimo. Questi feedback dei disegnatori per me sono una grande soddisfazione”
A dare ancora più risalto a K-11 interviene anche una colorazione di alto livello. Tradizionalmente, Bonelli viene associata al fumetto bicromatico, in cui il colore era legato solo a numeri celebrativi. Negli ultimi anni, invece, sono comparse serie che hanno fatto del colore una loro caratteristica, come Orfani o Mercurio Loi. Casali ha una visione precisa di questa evoluzione:
“Il colore in Bonelli ha cominciato ad assumere un nuovo ruolo ancora sotto la direzione di Marcheselli, anche se questa rivoluzione è stata poi fortemente caldeggiata da Masiero. Il primo prodotto a beneficiarne è stato Orfani, grazie al lavoro incredibile di Emiliano Mammucari, uno dei fautori di questa rivoluzione e che ho la fortuna di avere come coordinatore anche sulla nostra serie.
Per K-11, in particolare, Emiliano ha avuto l’intuizione geniale di spingere su alcune cromie come capitava ai film girati in Technicolor. Quando me ne ha parlato, ho amato da subito l’idea, anche perché ero fresco di una visita al Museo del Cinema e della Televisione di Berlino. La sua idea di utilizzare una colorazione drammatica e “narrativa”, che imitasse gli eccessi di alcune tonalità del technicolor, ha permesso di mettere a punto uno stile di colorazione specifico per K-11, dove il rosso, colore “naturalmente” sovietico, facesse da esaltatore drammatico, una specie di ingrediente segreto per stimolare il lettore in modo quasi… subliminale.Ma l’attenzione al colore è stata portata in ogni dettaglio. Sin dall’inizio, K-11 è stato pensato per essere un fumetto a colori, e abbiamo cercato tinte che aiutassero a definire i tratti essenziali della storia e dei personaggi, al punto che una volta identificate le giuste tonalità, le indicavo anche nella sceneggiatura. Ad esempio, quando Karl manifesta i suoi poteri e i suoi occhi assumono la colorazione verde, in sceneggiatura appariva una buffa dicitura che terminava con il “™” per ricordare sempre quale fosse la colorazione specifica e speciale di quella scena”
Sentendo Casali raccontare la sua esperienza con la realizzazione di K-11, viene anche da chiedersi come sia cambiato il ‘metodo Bonelli’ in questi anni. La tradizione bonelliano dell’albo da edicola in bianco e nero ha iniziato ad esser affiancato da pubblicazioni a colori e di differente formato, sorprendendo il lettore tradizionale, ma per Casali questo slancio innovatore è comunque parte del DNA Bonelli:
“Se ci pensi, all’interno del suo formato, Bonelli ha sempre rinnovato il genere fumetto. Penso a Ken Parker, che nel 1978 ha mostrato un nuovo modo di raccontare il western a fumetti, aprendosi ad un’innovazione di tematiche e formato narrativo. Ma lo stesso si potrebbe dire anche di Martin Mystere, che è frutto della genialità di Alfredo Castelli e del suo rapporto con la serialità televisiva, in un’epoca in cui i complotti e misteri erano divertenti e affascinanti --e non un parco giochi per deficienti, come oggi.
In un periodo come questo, in cui stanno purtroppo sempre più edicole, per decenni punto di incontro tra fumetto e lettore, stanno chiudendo, è necessario abbracciare il cambiamento e affiancare i lettori durante questo (inevitabile?) cambio di abitudini. Questo richiede anche una evoluzione per quanto riguarda le storie da raccontare e il come raccontarle, una sfida che Bonelli può vincere, grazie alla sua proposta classica, da sempre garanzia di sicurezza per i suoi lettori, e alle novità come quelle di Audace, in modo da offrire sempre la qualità di grandi storie.”
La visione di Casali dell’evoluzione del fumetto bonelliano riflette l’impegno profuso nel realizzare K-11. Giunti al terzo volume, K-11 ha ancora due volumi per portare a compimento l’epopea di Karl e mostrarci che ne sarà del superindividuo nato dal Progetto Zaroff, ma dato quanto finora mostrato è lecito attendersi un grande finale.
Potete iniziare la scoperta di K-11 acquistando il primo volume della storia creata da Matteo Casali