Ora che Joker è saldamente entrato nella testa di tutti e l'interpretazione di Joaquin Phoenix ha unito critica e pubblico, entrambi pronti a esaltare l'attore di San Juan per il modo in cui ha saputo raccontare le genesi dell'antagonista di Batman, possiamo andare più in profondità e analizzare non solo la psiche, ma anche il sottotesto dei due più grandi interpreti degli ultimi dieci anni. Joaquin Phoenix e Heath Ledger. Senza voler considerare Cameron Monaghan, che ha dato vita a Jerome (e suo fratello gemello) Valeska in Gotham, un Joker con una genesi abbastanza diversa da quella di Phoenix, votato maggiormente alla criminalità e al desiderio di sovversione della città di Gotham, molto meno introspettivo e ispirato.
Non c'è alcuna sfida per la quale trovare un vincitore, non c'è nessuna domanda alla quale vogliamo realmente rispondere. Tra Ledger e Phoenix non ci sarà mai un vincitore, perché i due attori hanno, innanzitutto, raccontato il Joker in due momenti diversi della sua vita: nel film di Todd Phillips siamo dinanzi a un personaggio in costruzione, che sta nascendo, che decide di indossare la maschera di Joker per farsi vedere da tutti e per pronunciare la propria filippica agli occhi del pubblico; nel film di Christopher Nolan, invece, Ledger metteva in scena un personaggio già fatto e finito, consapevole delle proprie forze e delle proprie debolezze, oltre ad aver già ingaggiato la sua personale battaglia con Batman: vive già dei suoi ideali e sa amministrare la propria follia. Due facce della stessa medaglia, una in divenire e una già diventata, pronte per essere messe al microscopio.
Joker - Heath Ledger
Joker - Joaquin Phoenix
Due vestiti per lo stesso personaggio
È impossibile non notare delle differenze anche per quanto riguarda l'aspetto, che se a livello macroscopico può sembrare molto simile, nel dettaglio non lo è. Ledger era un uomo sfatto, molto lontano dal clown che ci immaginiamo nella realtà dei fatti: scintillante, allegro, goliardico, ma al suo interno triste. Ledger era pesantemente decadente, era consumato dalla sua stessa follia, anche in volto: i capelli unti, grassi e quasi in tinta con quegli occhi contornati dal nero che simula delle occhiaie. Quel Joker era un'esaltazione quasi di un essere lercio, vestito in maniera sempre di punto e riguardata, ma pronto a esprimere tutt'altro col suo viso. Per non parlare di quel tic nervoso con la lingua, continuamente mossa come se fosse un viscido serpente. Phoenix invece viaggia su binari opposti: per quanto il suo corpo sia uno scheletro rivestito di poca pelle, ha un trucco sempre molto preciso, quando lo indossa, mentre per il resto del tempo è un uomo che non indossa maschera: sta per diventarlo, con l'accezione di rappresentare un grande ideale dietro di essa.
Se da un lato ci troviamo dinanzi a un agente del caos, come si proclamava Ledger, dall'altro abbiamo "solo" un uomo incompreso, anche bullizzato, ma che ci permette di entrare nella sua casa, di scoprire il suo mondo, di entrare in contatto con sua madre e coglierne le sfaccettature del rapporto. Ledger è un ideale che ha già preso forma, è un'entità che ci si presenta già fossilizzato sul volto di altri scagnozzi, pronti a rispettare il suo credo.. Phoenix vuole rivendicare le proprie ragioni e ridare forza ai poveri, Ledger vuole solo dare fuoco a tutta Gotham, o forse anche tutto il mondo. Ciò che poi crea maggiormente distacco tra i due è la figura di Batman: per Ledger fondamentale - "tu completi me", direttamente dall'interrogatorio che è storia del cinema - per Phoenix non esiste, se non nei panni di un giovanissimo Bruce Wayne, al quale prova a infondere un briciolo di gioia e di felicità in una sparuta - quanto inutile - apparizione a villa Wayne.
Il rapporto con Gotham
Chiudiamo con l'ultima grande differenza che intercorre tra i due Joker: il rapporto con Gotham City. La città che meglio è stata caratterizzata all'interno del panorama fumettistico, in grado di dare vita non tanto alle storie di Batman quanto a tutto l'ecosistema che gira attorno a essa, Gotham è il palcoscenico sul quale danza Joker. Ledger la tratta in maniera dozzinale, approssimativa: non è interessato ai suoi concittadini, né se ne preoccupa. Quando mette in piedi l'inganno delle navi, affidando a l'una la possibilità di far saltare in aria l'altra, pone tutti contro tutti, in maniera indistinta, senza preoccuparsi delle conseguenze. Nel pieno rispetto della sua natura di agente del caos, equo e, a modo suo, giusto. Per Phoenix, invece, Gotham è una città da far rinascere, popolata da cittadini che devono riscattarsi e non affidarsi ciecamente a Thomas Wayne: Joker è un antieroe, ma prova a essere il paladino della parte povera della città, piegando a sé i mass media e innalzandosi a figura ambigua, ma nella quale poter riporre fiducia. Nell'assenza di Batman, è lui l'eroe di cui ha bisogno Gotham.
Il Joker di Ledger e il Joker di Phoenix sono inevitabilmente diversi, figli di due momenti storici diversi: il primo, come ripetuto più volte, è fatto e finito e rappresenta il reale antagonista di Batman, mentre il secondo è solo un antieroe che si fa strada in una città che il crimine non l'ha ancora conosciuto al meglio. Non si parla del Pinguino, non esiste lo Spaventapasseri, non si sa chi possa essere Edward Nigma. Lui è l'unico incontrastato principe del caos, ma semplicemente ancora non lo sa. Due momenti eccezionali per vivere un personaggio raccontato in maniera opposta, ma ugualmente soddisfacente. Stabilire quale possa essere l'interpretazione migliore è davvero difficile, perché la loro risposta viaggia in direzione di domande diverse. Quello che Nolan ha saputo fare, a differenza di Philips, è donarci un film completo in ogni sua parte, maturo e indimenticabile in molti dei suoi concetti, calandolo in una trilogia di una fattura unica.
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