Pochi generi sono riusciti a crearsi una doppia esistenza come la fantascienza, capace di traslare, pur con alterne fortune, la propria essenza dal contesto letterario a quello cinematografico. La chiave di lettura critica della società utilizzata dai grandi nomi del genere, basti pensare a Dick o Asimov, è divenuta un tratto facilmente esperibile dal grande pubblico, che anche negli ultimi anni ha mostrato di cercare una voce narrante che non sia solo estetica futuribile, ma anche portatrice di metafore critiche della nostra quotidianità. Una visione che ha trovato specialmente nella dimensione seriale una grammatica narrativa particolarmente calzante, come dimostra Inverso – The Peripheral, nuova serie sci-fi disponibile a partire dal 21 ottobre su Prime Video, di cui abbiamo visto in anteprima i primi sei episodi.
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Non stupisce che la fonte ispiratrice di questa serie sia uno dei numi tutelari della fantascienza, William Gibson, noto come uno dei padri fondatori del cyberpunk. Una dimensione narrativa che riesce a sedurre ancora generazioni di appassionati, come dimostrato dal recente Cyberpunk: Edgerunners, grazie alla sua natura fortemente radicata al nostro presente. Pur teorizzando aspetti ancora seminali nella nostra quotidianità, per quanto comunque già riconoscibili, l’essenza del cyberpunk è racchiuso nell’analisi chirurgica degli impatti sull’individuo dei macro-cambiamenti sociali, con un occhio di riguardo al mutamento economico e l’ascesa di interessi corporativi, capaci di ledere anche il tessuto statale. La commistione sintetico-organico che caratterizza il cyberpunk non è solamente un mero elemento estetico, ma in questa dimensione diventa spesso fuga e speranza per coloro che vivono nei meandri di questa società.
Inverso - The Peripheral, Prime Video racconta il cyberpunk di William Gibson
Dopo aver teorizzato questi tratti del cyberpunk con la sua opera più celebre, Neuromante, Gibson non si è limitato a riprodurre stancamente un modello prefissato, ma ha offerto diverse prospettive, realizzando un’opera come Inverso, che è la scintilla vitale della nuova serie di Prime Video. Non è la prima volta che il mondo dell’entertainment si rivolge alla complessa narrativa di Gibson (ricordate Johnny Mnemonic?), ma con Inverso - The Peripheral abbiamo modo di vedere una declinazione differente delle tipiche dinamiche di questo canone letterario, spogliato di alcuni dei suoi tipici tratti estetici, pur rimanendo comunque animato da una propria radice narrativa, visivamente presentata già nella stupefacente sigla iniziale.
Nel 2032, Flynne Fisher (Chloe Grace Moretz) vive in un piccolo centro rurale americano, dove si prende cura del fratello Burton (Jack Reynor), ex-soldato tecnologicamente potenziato, e della madre gravemente malata, le cui cure richiedono spese esose. Nel tentativo di far quadrare i conti, i due fratelli partecipano a un nuovo prototipo di realtà virtuale, che ben presto mostra di esser qualcosa di più di una semplice evoluzione tecnologica. Anno 2099. Wilf Netherton (Gary Carr) si muove in una Londra post-apocalittica, caratterizzata da un design in cui le caratteristiche urbane note si fondono con un’imponente rivisitazione neoclassica. Nell’incipit dell’episodio pilota, viene lasciato intendere come questo mondo sia sull’orlo del collasso, ma che ci sia anche ora speranza, in qualche modo, di poter salvare la situazione. E apparentemente, queste due linee temporale sono fortemente interconnesse.
Inverso - The Peripheral si sposta agilmente su questi due fronti temporali, valorizzando con particolare attenzione l’epoca a noi più prossima. La caratterizzazione del piccolo centro rurale in cui vivono i Fisher è un ritratto reale dell’America recondita, in cui le possibilità della parte più ricca e idealizzata di questa nazione sembrano miraggi lontani. Lo si vede dalla fatiscenza della casa dei Fisher, dal suo avere un tono di decadenza evidenziata da elementi, come il robottino delle pulizie, che sembra un’eredità di tempi più sereni. A questo si unisce un tratto più sociale, che presenta la difficoltà del ritorno alla normalità dei reduci, incarnato da Burton, tema da sempre caro al cinema d’oltreoceano (da Forrest Gump a Nato il 4 luglio), che negli anni recenti è divenuto uno dei temi più graffianti della narrativa contemporanea. Se è vero che si è figli del proprio contesto sociale, Flynne e Burton risultano vividi e credibili in quanto prodotto di un ambiente concreto, animato da tensioni contemporanee e che costringe i personaggi ad affrontare problemi già oggi esperibili, aiutando a creare un legame empatico tra storia e spettatore.
Questa caratterizzazione emotiva non è solamente un casus belli per dare vita a questo thriller sci-fi, ma è una sensazione persistente all’interno delle scelte dei protagonisti. Merito della costruzione di mondi possibili orchestra da Lisa Joy e Jonathan Nolan, reduci dalla loro opera di adattamento alla serialità di un altro classico della narrativa sci-fi, Westworld. Se per il racconto di Crichton si è scelto di espandere la questione morale portando la vicenda originale verso una nuova caratterizzazione che ha rivestito la serie di un carisma unico, con The Peripheral Joy e Nolan si muovono con maggior circospezione, puntando a dare al concept narrativo di Gibson una cadenza più misurata, meno ampollosa rispetto alla recitazione, visiva e verbale, di Westworld, ma che mira a dare a Inverso - The Peripheral un tono più live e fresco, reso ancor più ammaliante e intrigante dalla complessa dinamica tra i diversi personaggi.
Una serie che unisce thriller e fantascienza
La scelta di impostare una fruizione più immediata rispetto al citato Westworld non significa che in Inverso - The Peripheral manchi una profondità tematica. Appellandosi alla narrativa di Gibson, dove il quotidiano concreto viene intrecciato a una più inquietante evoluzione socio-tecnologica, Inverso - The Peripheral non tarda a presentare una costruzione più complessa, in cui la dinamica della serie si palesa in modo evidente, tracciando una rotta in cui la componente sci-fi si intreccia alla grammatica del thriller, trovando una felice sintesi che appassiona. Si possono trovare delle analogie con lavori del fratello più celebre di Nolan, Christopher, che con Tenet ha giocato mirabilmente con il concetto di intreccio temporale. Un’analogia che non vizia la serie di Prime Video, ma che identifica uno stilema narrativo, in cui la serie di Prime Video si inserisce con una certa personalità.
Complice la creazione di un impianto visivo che riesce a creare una contrapposizione che dalla semplice percezione, viene valorizzato da un’operazione di world building impeccabile. I due mondi in cui ci muoviamo, così lontani cronologicamente e vivsivamente, risultano essere sinergici nel dare vita a una storia che in questi primi capitoli mostra una sua promettente anima, giocata non solamente sulla facile rappresentazione dell’aspetto tecnologica della sci-fi, ma puntando in modo costante alla valorizzazione emotiva dei personaggi, dando un convincente senso di liceità e credibilità alle loro scelte. Obiettivo raggiunto grazie alla recitazione di due giovani attori come Chloe Grace Moretz e Jack Reynor, uniti da una relazione fraterna in cui le difficoltà del quotidiano hanno la stessa profondità dei momenti più intensi sul piano narrativo.
Il primo assaggio di Inverso - The Peripheral lascia presagire che la serie di Prime Video rappresenta un’interessante proposta, a patto di evitare il pericoloso tranello del paragone con l’opera originaria. Pur preservando alcuni dei tratti peculiari del romanzo di Gibson, la versione seriale si muove in una dimensione differente, come è giusto che sia in un adattamento per un medium diverso. Questo rende Inverso - The Peripheral una possibile delusione per i fan intransigenti di Gibson, ma consente alla serie di Prime Video di essere un prodotto godibile da un più ampio pubblico.