Con buona pace di Dick, non abbiamo capito se gli androidi sognano pecore elettriche, ma grazie a Stefano Conte abbiamo scoperto cosa un robottino può desiderare: essere un fumettista! Se la cosa vi sorprende, vuol dire che non avere conosciuto il protagonista di Volt – Che vita di Mecha, il divertente fumetto di saldaPress.
Nato dalla fervida immaginazione di Stefano Conte, vero nome di The Sparker, Volt è un simpatico robottino che vuole diventare un fumettista, ma viene costretto a confrontarsi con la difficoltà nel perseguire il suo scopo, non ultima una letale avversaria: Dark Mother, ovvero sua madre! Per raggiungere il suo obiettivo, Volt è pronto a tutto, compreso lavorare in una fumetteria, dove ogni giorno si confronta con personaggi assurdi e paradossali, allegorie dei reali clienti di una normale, realissima fumetteria!
Stefano Conte, alias The Sparker, ci racconta la sua avventura con Volt - Che vita di Mecha
In questi giorni è arrivata alla conclusione la seconda stagione di Volt, occasione ideale per andare a conoscere meglio il simpatico robottino parlandone con il suo creatore, The Sparker.
Come ogni buona conoscenza, il primo passo è stato risalire alle origini del personaggio, che da sempre sappiamo avere molto del suo creatore nel suo DNA
Volt quindi era il mio avatar, mentre molti degli altri personaggi sono ispirati alle persone con cui ho avuto a che fare in quel periodo. In seguito ho riadattato scene ed eventi per costruirci sopra una storia vera e propria e quindi Volt e soci sono diventati personaggi indipendenti, pur mantenendo i propri ruoli.
Ad esempio la madre di Volt è diventata molto più terribile della mia e ormai la vedo come un'entità completamente differente. Tuttavia, nella mia testa, ciò che la muove ha delle radici precise e a volte io stesso mi chiedo quanto sono disposto a metterci di reale e quanto no.
Nelle storie di Volt, Stefano crea un legame forte con i lettori giocando su un terreno culturale comune. I riferimenti alla nerd culture sono divertenti e ben inseriti all’interno delle storie di Volt, senza però diventare mai un elemento preponderante, ma instaurando quasi un dialogo tra le righe con i lettori
Mi sono fatto dei problemi solo in alcuni passaggi, come lo scontro generazionale del quinto episodio. In quel caso le citazioni erano parte della narrazione e quando l'ho scritto ho pensato soprattutto a divertire i lettori della mia generazione, accorgendomi poi che molte citazioni erano invecchiate insieme a me. Quello che mi ha consolato è il fatto di scoprire ad ogni fiera che tanti bambini leggono Volt e lo apprezzano senza difficoltà, magari aiutati da una mamma o un papà con cui riescono addirittura a condividerne la lettura. Questa cosa è particolarmente bella e per nulla scontata. Mi rende molto felice sapere che Volt riesce a farsi voler bene da diverse generazioni. Forse è merito del fatto che io stesso sono un adulto solo al cinquanta per cento.
Parlando di citazioni e riferimenti, diventa inevitabile scoprire quali siano state le influenze culturali di Stefano
Una formazione culturale, quella di Stefano, che si è tradotta nel modo in cui viene disegnato il suo robottino, contraddistinto da un inconfondibile stile cartoonesco. Questo mondo bidimensionale prende vita coinvolgendo i lettori in un mondo emozionante e vivo, ma come realizza Stefano il suo fumetto?
Volt è diventato un fumetto molto apprezzato negli ultimi due anni, ma come spesso accade dietro questo successo c’è un percorso lungo e fatto di impegno. Stefano, infatti, ha affrontato un lungo percorso prima di vedere il suo robottino nelle edicole.
Arrivare in edicola è stato sicuramente un traguardo importante, ma dietro c’è un lungo lavoro, come abbiamo visto, una fatica che a volte può anche scoraggiare e spingere alla rinuncia. Stefano ha perseverato, non abbandonando il suo sogno, trovando la forza per non arrendersi. Una volta compreso che stavo amando ciò facevo, pur con risultati altalenanti, ho sempre pensato che prima o poi ce l'avrei fatta. Ciò che mi ha fatto davvero temere il peggio è stata una grossa bomba in ambito famigliare, che vivo ancora oggi, ma che nei suoi momenti peggiori mi costrinse a lasciare indietro tutto il resto. Soffrivo soprattutto nel vedere i progressi dei miei coetanei, mentre io rimanevo fermo. Poi, piano piano, sono riuscito a riprendere, negli sprazzi di tempo o nelle pause pranzo del lavoro. Non perché fosse un grosso sforzo di volontà, ma perché ormai sentivo di doverlo fare. Come dicono a Volt nella sua storia, un sogno è una risorsa incredibile, ma può essere anche un mostro che ti chiede di uscire e non vuole essere ignorato. Fondamentalmente sto bene se faccio fumetti, mentre soffrirei un sacco a non farlo!
Se ancora non conoscete l'eroico Volt, il consiglio è di recuperare il primo numero delle avventure di Volt - Che vita di Mecha