Intervista a Giada Tonello: le Terre dei giganti invisibili e molto altro

 Abbiamo intervistato Giada Tonello, vincitrice del Lucca Project Contest del 2017; un'artista che nonostante la giovane età ha nel suo talento una concretezza rara

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Ad un anno di distanza dall'uscita del suo volume, Le Terre dei Giganti Invisibili, (disponibile su Amazon) abbiamo finalmente conosciuto e incontrato Giada Tonello, straordinaria artista della scuderia di Edizioni BD che con il suo primo volume ci aveva colpiti ed incantati. Entrata in Edizioni BD in quella che è la tranche di giovani artisti definita dalla casa editrice come "Progetto Next", grazie a cui la casa editrice ha lanciato sul mercato le giovani promesse del fumetto italiano (progetto editoriale che ha dato voce, tra i vari, a Maurizio Lacavalla, Veronica Ciancarini, Fran, Fabiana Mascolo e la stesa Tonello), Giada Tonello è stata anche vincitrice del Lucca Project Contest del 2017, concorso annuale di Lucca Comics & Games con cui si promuove la scoperta di una promessa emergente del mondo del fumetto.

E lasciate che ve lo si dica chiaro e forte: Giada Tonello è molto più che una promessa, è un'artista che nonostante la giovane età ha nel suo talento una concretezza rara, caratterizzandosi per uno stile onirico e affascinante il cui punto forte è certamente nella dinamica dei corpi, i cui movimenti aggraziati e fluidi sono riusciti a rendere "morbidi" persino gli spigolosi muscoli delle figure di pietra che hanno animato il racconto narrato ne Le Terre dei Giganti Invisibili.

Una storia che, per altro, già alla prima lettura ci era sembrata straordinariamente pregna di simboli e significato. Anticonvenzionale nel suo ribaltamento del tradizionale racconto a fumetti, lasciando al lettore l'interpretazione di un mito del tutto privo di parole, muto, ma non per questo privo di una sua poetica di una sua pregevole caratterizzazione.

Che esigenza comunicativa c'era dietro al racconto de "Le Terre dei giganti invisibili"?

Credo di essere una persona che scrive storie come fossero una sorta di richiesta di aiuto, tendo a cercare persone simili a me. Mi piace scrivere in modo enigmatico, come una specie di richiamo, anche nascosto, per persone particolari. Col senno di poi, è stato bellissimo scrivere questo libro perché mi sono ritrovata ad esser avvicinata da persone che mi hanno detto cose veramente particolari. È nata come una comunanza tra me ed i lettori, come se avessi lanciato un richiamo segreto

Tu cosa volevi raccontare?

La storia, anche per come la ho pensata, si apre a diverse interpretazioni. La trama è onirica, aperta alla mitologia, lasciando il dubbio se sia realmente esistita o meno. Credo sia come quando incontri delle persone che ti raccontano vite particolari, come avessero l’esigenza di trovare un motivo valido alla loro presenza sulla terra. Come capita alle persone emarginate, che possono interrogarsi su come mai siano così diversi rispetto agli altri

A questo punto ti chiedo: ti senti una persona emarginata?

Emarginata in senso relativo. Non per forza in un’accezione negativa, ma capita nella vita di ritrovarsi a non avere un contatto con determinate persone, una sensazione che ti spinge a chiederti del perché non si possa entrare in sintonia con alcuni individui. Ti ritrovi a cercare una giustificazione, inventarti una storia che ti spieghi perché tu sei fatta in un certo modo e penso sia una cosa normale.

Per te scrivere questo libro è stato catartico?

Assolutamente sì, mi piace cercare catarsi nelle cose che faccio. Ad esempio, prendi il tema della montagna, è un argomento che non ho mai trattato, e nemmeno mi piacciono le montagne! Mi hanno sempre dato l’idea che siano un mondo chiuso, con delle regole che non si possono sovvertire. Introdurle nelle mia storia, in realtà, mi ha aiutato a comprenderle, a confrontarle con ciò che penso, apprendendo attraverso una argomento simile come io veda in realtà certe cose. Facendo questo fumetto ho anche compreso molto del mio modo di parlare e di vedere le cose.

Perché hai scelto di fare un fumetto muto?

Credo, in un certo senso, che non sia sempre necessario parlare. Non sono timida, semplicemente penso che se hai un motivo valido per parlare vada bene, ma non deve essere un obbligo parlare. Si dice infatti che i saggi stanno in silenzio.

Col tratto che hai utilizzato hai coniugato personaggi elementali fatti di rocce e pietre ad un’anatomia umana molto realistica. Quanto è stato impegnativo trovare un punto di contatto tra una muscolatura umana e il dover realizzare dei mostri di pietra?

Ho avuto un bravissimo insegnante di anatomia quando ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Venezia, che è riuscito a spiegare l’anatomia come fosse una questione meccanica. Quindi non ci ha fatto fare copia, ma ci ha fatto studiare la struttura, insegnandoci come costruire un’anatomia umana dal niente. Se tu ora mi dai due linee, io posso costruire un bacino. Ma non solo io, tutta la nostra classe può farlo. Questa cosa, che mi appassiona moltissimo, ho cercato di applicarla ad un esser complesso. Avevo un modellino in creta che utilizzavo e man mano che ruotavano le articolazioni facevo le prove sul modellino. Mentre nella storia il personaggio perde parte di questo suo aspetto di montagna, può fare dei movimenti più complessi.

Ero sicuro che avessi fatto un qualcosa del genere, perché ho letto diverse volte il tuo libro, e mi piace tantissimo come disegni, il modo in cui usi i chiaroscuri è stupendo. Ho trovato affascinato il modo in cui hai strutturato la visione in cui gli esseri sono sia personaggio che panorama. Guardando quello che hai disegnato sono rimasto colpito dal fatto che hai creato un distacco tra personaggi e panorama usando l’anatomia umana.

Esatto, anche perché mi sembrava strano avere un panorama realistico, una scelta di chiaroscuro realistica, e poi concedere a questi esseri dei movimenti non realistici. Farli muovere in modo molle avrebbe tolto ogni senso alla questione.

Hai avuto timore che nel fare una racconto così particolare, anche ermetico se vogliamo, qualcuno potesse non capire cosa volevi fare?

Non credo che sia per forza una cosa negativa. Come ti dicevo, credo che ognuna scrivendo si voglia rivolgere a quelle persone che sente vicine. Quando ho scritto questa storia ho pensato che fosse veramente rivolta a un certo tipo di persone. Non è un'opera fatta per esser compresa a livello semplice, ma non ho la pretesa che sia capita da tutti. C’è chi mi ha detto che non ha capito la storia, ma hanno detto di averla apprezzata ugualmente.

Tu davanti a te vedi un futuro da fumettista? Personalmente ti vedo come un’artista di rilievo, un’eccellente illustratrice, ma pur non avendo la pretesa di conoscerti, penso che sia difficile inquadrarti attraverso l'uso di una griglia. Ti sentiresti a tuo agio? 

Capisco cosa vuoi dire, infatti all’interno della storia c’è una griglia perché era necessaria per la comprensione del racconto. Non vorrei sembrare presuntuosa, ma sono dell’idea che il fumetto necessiti di diverse cose, e non per forza esser un'artista esclude il fare fumetto. È una cosa che mi è sempre piaciuta, anche se in Accademia mi hanno sempre schernito per questo, perché in quell’ambiente illustratore e fumettista sono considerati mestieri lontani dalla realtà di un vero artista. A me ha fatto soffrire molto, perché adoro il fumetto e non credo sia una forma d’arte minore. Voglio rompere alcune di queste griglie mentali.

Quanto tempo hai impiegato a completare le Terre dei giganti invisibili?

La storia è nata nel 2017, a maggio quando ho cominciato a scrivere due righe per un esame, poi è arrivato il Lucca Project e ho terminato il tutto nel 2018.

Quindi il tuo prossimo libro lo farai entro il prossimo anno?

Mi piacerebbe, ma sarà talmente complesso che mi voglio divertire nel realizzarlo, conta che sto imparando a fare bambole, costumi e via dicendo e sto anche pensando di spezzarlo in più parti. Però sono dell’idea che dilatare troppo i tempi di lavorazione porti a perdere il senso del lavoro, bisogna arrivare ad un punto in cui si conclude il lavoro o si rischia di rendere il tutto troppo legnoso.
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