Quei minuti "didattici" finiscono per diventare l'asso nella manica di tutto il film, che diventa capace di eludere la sua stessa complessità procedendo per spiegazioni successive, concedendo allo spettatore piccole regole da imparare una dopo l'altra, mostrandosi sempre stimolante e mai inarrivabile. Nonostante il gioco stia proprio nel superare i limiti imposti con piccoli escamotage, spiegati anch'essi in diretta allo spettatore al costo di eccedere nel tradizionale "spiegone". Un dazio che si paga volentieri.
Non basterebbe quest'abile meccanica se alla base il film non decidesse di incanalare questa potenza nella storia di un amore tormentato, che s'introduce in questi sogni d'azione hollywoodiana travolgente. È la storia di Coob e Moll (Marion Cotillard) che tiene il pubblico con il fiato sospeso, nella loro simbioticità, nella loro mutua dipendenza, in quel sacrificio da tragedia shakesperiana che il film si prepara a mettere in scena.
Oltre i magistrali tecnicismi
A leggere gli Oscar vinti, Inception potrebbe sembrare la classica macchina hollywoodiana, fatta di tanto ottimo caos su schermo e poco altro: miglior fotografia, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro e migliori effetti speciali. Verità innegabili della magnificenza tecnica di cui è composto. Ma non è questa l'anima per cui viene ricordato.
Il giro di quella trottola nella scena finale è infatti forse uno dei migliori esempi cinematografici di relativizzazione della realtà. Sì perché ognuno ci vede una di due cose: rallenta oppure non lo fa. E ognuno di noi finirà per essere assolutamente certo di ciò che ha visto, sicuro che l'alternativa sia un errore di lettura madornale.
Finché non ci si guarda allo specchio, nel senso che ci si confronta con un'altra persona. Ed ecco che l'Altro restituisce immancabilmente l'Opposto: Inception, in un certo senso, ha il merito di portare il proprio valore fuori dallo schermo, quando diventa carburante per incontri e confronti tra le persone che l'hanno visto. È un miracolo di tecnica e narrativa: rinchiudere in una singola sequenza di 15 secondi scarsi tutta la verità celata di un film, o più propriamente la rivelazione del dubbio a cui voleva indurre lo spettatore.
Tutto è relativo dunque, tutto dipende dallo sguardo dell'osservatore. Nolan fa di questo concetto l'asse portante di Inception, il vero messaggio che vuole trasmettere. A nessuno spetta il ruolo di decidere quello che è vero oppure falso, e il film dà prove abbondanti in ambo i sensi.
Come dichiarerà lo stesso Nolan, l'importanza del film sta proprio nello sciogliere la fonte primaria del dubbio che tormentava Coob, facendolo rinunciare al dubbio stesso; come si può definire non reale un'esperienza della propria mente? Cos'è il sogno se non una realtà emotiva? Ancorarsi a queste domande è l'unica maniera per uscire vivi da questo loop di incertezze generate dall'impossibilità di definire un concetto di realtà, se non tramite la rilevazione data dai nostri sensi, che, in quanto nostri, sfuggono a qualunque oggettivizzazione.
Siamo generatori di realtà. E solo inseguendo la nostra visione, abbandonandoci completamente ad essa, possiamo trovare all'interno quella pace a lungo cercata nel suo inseguimento. La storia di Inception è un atto di fede. E nonostante la mania per gli inganni, e la sfuggevolezza di qualunque tipo di realtà o lezione imparata, abbiamo capito che a Nolan possiamo credere.
Per amarlo è necessario lasciarsi travolgere dalla sua duplicità, abbandonandosi al suo prestigio, provando, senza ostinarsi, a coglierne tutte le possibili sfumature, fino a stancarsi nel farlo, e arrivare così alla sua lezione più importante, e definitiva, posta tramite, strano a dirsi, una domanda:
Il sogno è reale finché dura. Ma non possiamo dire la stessa cosa della vita?
Alessandro Tonoli
Nato nel 1988, Alessandro Tonoli si è laureato presso la facoltà di Comunicazione, New Media e Pubblicità dell'Università Uninettuno, scrive articoli per il sito HavocPoint e gestisce il blog Glasslands di Tom's Hardware dove si occupa di cinema, videogiochi e media. Nel 2015 ha pubblicato il suo primo romanzo breve La piccola Parigi, edito da GWMAX Editore, mentre, nel 2017, ha pubblicato per l'editore Delos Digital l'opera saggistica Tutto quello che devi sapere sulla realtà virtuale.
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