Arriva nei cinema il Re Leone nella sua rivisitazione in salsa live action. Bisogna ammetterlo. Disney ormai ha capito che i remake in live action dei Classici animati che hanno cresciuto più di una generazione sono un business cinematografico molto redditizio. negli ultimi anni la casa di produzione ha puntato molto sul progetto e ormai la produzione di film di questo tipo è aumentata esponenzialmente, da Maleficent a Cenerentola, a La Bella e la Bestia e altri, fino ad arrivare a Aladdin, che attualmente detiene il record di incassi del filone. L'esperimento più arduo in questo senso, però, è il remake di Il re leone, che è il primo a non poter essere effettivamente considerato un film in live action, bensì un film animato realizzato con una tecnica differente e fotorealistica, grazie ad una cgi decisamente accattivante e ai limiti della perfezione. Purtroppo il risultato finale è meno convincente di quello che ci si sarebbe aspettato e Il Re Leone non ha saputo fare breccia nel cuore di molti tra quelli che hanno avuto la grande opportunità di vederlo in anteprima.
Un remake di dubbia utilità
Il problema con questo tipo di film è sempre lo stesso: qual è la loro utilità, tolto il guadagno al box office? Trattandosi di remake di film d'animazione che sono entrati a pieno diritto nella Storia del Cinema, solitamente ci si aspetterebbe che fossero il più simili possible agli originali, ma in questo caso viene meno il senso dell'operazione: perché realizzare una copia carbone di pellicole che sono già perfette? Allo stesso tempo, se differiscono troppo dai film da cui vengono tratte, buona parte del pubblico resta ugualmente insoddisfatta. Un paradosso che teoricamente dovrebbe creare un enorme problema di fondo, eppure gli incassi di ciascuno di questi remake è sempre risultato più che soddisfacente. Il caso di quest'ultimo arrivato in casa Disney è però un caso particolare, dal momento che non è nemmeno un film con attori in carne ed ossa come protagonisti: dopo il grande successo de Il Libro della Giungla, dove oltre al Mowgli interpretato dal giovane esordiente Neel Seti comparivano pochissimi altri attori, soprattutto verso la fine, il regista Jon Favreau è stato chiamato ad una sfida decisamente più complessa, ovvero rigirare Il Re Leone completamente in cgi, dal momento che tutti i personaggi sono animali.
Essendo l'originale film d'animazione uno dei Classici Disney più belli mai prodotti, con una delle colonne sonore straordinarie, la notizia che ne fosse in produzione una versione foto realistica ha fatto storcere il naso a molti, ma l'effetto nostalgia ha creato un enorme curiosità. Il film, che negli Stati Uniti uscirà il 18 luglio e in Italia solo il 21 agosto, si è rivelato però una parziale delusione. Secondo molti, i live action ispirati ai grandi classici di casa Disney sono un ottimo modo per permettere alle nuove generazioni di riscoprire quelle storie che per anni hanno appassionato milioni di spettatori, accompagnandone buona parte durante la crescita. Un discorso che sarebbe perfettamente sensato se la situazione del panorama cinematografico fosse quella di qualche decennio fa, quando non esisteva la possibilità di recuperare un film dopo la sua scomparsa dalle sale. Oggi, che la maggior parte di queste pellicole si possono recuperare facilmente su supporto fisico, digitale, o addirittura sulle piattaforme di streaming (specialmente con Disney+ in arrivo), questa risulta una motivazione alquanto forzata, soprattutto perchè sarebbe un gran peccato che il primo approccio di uno spettatore ad una storia grandiosa come quella de Il Re Leone avvenga con la sua versione più scialba e castrata.
Quando la forma è tutto
Di base, l'ultima fatica di Jon Favreau, di cui attualmente possiamo ammirare l'efficace performance attoriale in Spider-Man- Far From Home, è in tutto e per tutto identica al film originale. Le scene sono le stesse, così come i dialoghi, ma le emozioni che vengono suscitate non sono le stesse. o meglio: se uno spettatore non avesse mai visto il film d'animazione, cosa assai improbabile, ma non impossibile, rimarrebbe sicuramente stupito e affascinato, trovando l'intera opera entusiasmante. Ma chiunque abbia visto almeno una volta il capolavoro di Roger Allers e Rob Minkoff, difficilmente riuscirebbe a provare le stesse sensazioni. Non è nemmeno un problema di regia, dal momento che Favreau è stato abile nel riprodurre quasi pedissequamente, ma in maniera a suo modo suggestiva, le scene più iconiche.
Il problema principale è la scelta di rendere tutti i personaggi il più simili possibile a degli animali veri: la cgi è impressionante, probabilmente tra le migliori mai viste finora e le scenografie digitali, così come la fotografia, sono sontuose, semplicemente spettacolari. A farne le spese è il pathos. La maggior parte dei momenti più intensi, infatti, sono pesantemente limitati dalla mancanza di espressività dei personaggi che, naturalmente, possono esprimere poche emozioni, essendo estremamente realistici.
Soprattutto le coreografie delle canzoni, che sono il cavallo di battaglia del film originale, finiscono con il diventare delle pallidissime imitazioni di quelle che tutti ricordavamo. Non essendo i protagonisti degli animali capaci di azioni antropomorfe, gran parte dei momenti più iconici sono stati rimossi, cosa che si può notare con Sarò re, la canzone cantata da Scar, che qui diventa un mesto balletto che nemmeno viene cantato, ma si riduce ad un recitato intonato. Aggiungiamo anche che sono stati rimossi tutti quanti i riferimenti al totalitarismo a cui Scar stesso ambisce, e si può capire quanto sia impossibile non pensare che sia davvero un'occasione persa. Lo stesso si può dire per altre canzoni, compresa Hakuna Matata, in cui Simba, Timon e Pumbaa, sono profondamente limitati nei movimenti.
E' qui che sorge il dilemma: come bisogna considerare Il Re Leone di Jon Favreau? Se preso come film a sè stante è senza dubbio notevole, soprattutto per le avanzate tecniche di animazione digitale impiegate per realizzarlo. E' praticamente impossibile, d'altra parte, non fare paragoni con la pellicola del 1994, di cui è figlio, erede, e a cui è legato a doppio filo. Un filo troppo spesso per essere ignorato.
Non stiamo quindi parlando di un totale disastro, anzi, ma è senza dubbio un'opera troppo in debito con il suo predecessore, che in nessun modo riesce a sganciarvisi e a brilla re di luce propria.
Un cast stellare
Esattamente come il film precedente, anche questo ha al doppiaggio molti nomi di grande spessore. Nella versione originale, Mufasa ha nuovamente l'imponente voce di James Earl Jones, noto al pubblico per aver doppiato lo stesso personaggio venticinque anni fa, oltre che Darth Vader nella saga di Star Wars. Nella versione italiana, invece, non potendo tornare dietro al microfono il grande e compianto Vittorio Gassman, la scelta è saggiamente ricaduta su Luca Ward, che è riuscito a rendere giustizia al padre e mentore di Simba, del cui rapporto profondo e commovente non è stata cambiata una virgola. Negli ultimi giorni si sono invece accese non poche polemiche per via della voce italiana del giovane re della Savana, quella di Marco Mengoni. Se consideriamo che nella versione originale Simba è doppiato da Donald Glover, non si può fare a meno di pensare che la scelta non sia stata ragionata a dovere. C'è pero un "ma". E' vero, Mengoni non è un doppiatore, ma i momenti cantati da lui sono perfetti, forse addirittura più evocativi di quelli interpretati dalla star di Community, che per Disney ha vestito i panni del giovane Lando Calrissian in Solo- A Star Wars Story e di Aaron Davis, zio di Miles Morales, in Spider-Man- Homecoming. Senza contare che Mengoni aveva già avuto un'espreienza in sala da doppiaggio anni fa, quando prestò la voce a Once-Ler in Lorax- Il Guardiano della Foresta, cavandosela abbastanza bene. Di fatto illavoro del cantante su Simba da adulto non è stato affatto pessimo, anche se, rispetto agli altri attori che non sono doppiatori di professione presenti nel film, sia stato quello meno convincente, ma solo relativamente.
Infine, non è meno importante il fatto che nel il Re Leone compaia molto di più il Simba cucciolo, doppiato magistralmente da Vittorio Thermes per i dialoghi e da Vittorio Iuè per la parte cantata, imitando alla perfezione il timbro vocale di George Castiglia, che aveva prestato la voce al leoncino anche per le canzoni nel primo film. Più brava di Mengoni è stata la cantante Elisa, anche lei già rodata con il film Trolls, che ha fatto un lavoro più che decente con Nala. La vera sorpresa sono stati Edoardo Leo e Stefano Fresi, che hanno prestato la voce rispettivamente a Timon e Pumbaa. Era noto che Fresi e Leo funzionassero perfettamente come coppia artistica sullo schermo, ma in questo caso hanno dimostrato di essere fenomenali insieme anche nel doppiaggio. va anche detto che probabilmente Timon e Pumbaa sono i personaggi resi meglio e le gag che gli sono state affidate, alcune inedite, sono semplicemente irresistibili e, in alcuni casi, citazioniste nei confronti di altri classici Disney.
Senza ombra di dubbio, il personaggio più affascinante ne il Re Leone rimane Scar: ombroso, avvelenato dall'invidia e dalla brama di potere, viscido. Nulla è stato cambiato, ma l'aspetto emaciato e vissuto è reso forse anche meglio dalla grafica fotorealistica. Se in lingua originale la voce del perfido zio di Simba è di Chiwetel ejiofor, in italiano hanno affidato la sua interpretazione ad un grande professionista, quel Massimo Popolizio che aveva già fatto un ottimo lavoro nel doppiare Voldemort nella saga cinematografica di Harry Potter. Nonostante alcuni siano rimasti delusi nello scoprire che la voce di Scar non sarebbe stata quella di Simone D'Andrea come si poteva notare dai trailer, il timbro graffiante e sommesso di Popolizio è perfetto per il personaggio, riuscendo a renderlo inquietante quanto basta. Il resto dei personaggi è stato doppiato da professionisti del settore, tutti completamente calati nella loro parte, tra cui spicca uno Zazu perfetto, doppiato da Emiliano Coltorti.
Infine, anche le Iene sono rimaste pressochè identiche a come ce le si ricordava, eccezion fatta per Shenzi, che qui è decisamente meno comica e promossa al ruolo di capobranco forte e indomita, forse per dare anche a Nala la sua controparte malvagia. la menzione speciale va a Rafiki, la cui essenza è stata mantenuta alla perfezione, diventando ancora più simile ad uno sciamano africano.
La colonna sonora rielaborata
Quando si pensa a Il Re Leone, si pensa automaticamente alla maestosa colonna sonora di Hans Zimmer, che valse al compositore un premio Oscar nel 1995. In occasione del remake, le musiche sono state riarrangiate in maniera interessante, rendendole più adatte per questa operazione, ma senza snaturarle. Come scritto in precedenza, il problema sorge nel momento in cui ogni brano viene messo in scena: è difficile provare le emozioni di un tempo, anche se spesso qualche brivido scorre lungo la schiena riascoltandole. Rispetto al passato, la colonna sono ra è arricchita nelle sonorità e nei cori, seguendo la tendenza odierna a rendere ogni tema musicale più epico ed evocativo.
Nella versione italiana, la canzone Il cerchio della Vita, che ancora una volta a pre il film, non è più cantata da Ivana Spagna, ma da Nants' Ingoyama, che ne ha dato un'interpretazione differente e forse più adatta a questo remake
Insomma, Il Re Leone di Jon Favreau è un film che va assolutamente visto, ma che purtroppo non riesce a variare sul tema in maniera efficace, forse proprio perché è la copia carbone con meno cuore del film originale, un'operazione di marketing curata, ben orchestrata, ma che non riesce ad essere più di questo. Non ci resta che applicare il mantra dell'Hakuna Matata, rassegnarci, e sperare in Mulan, che promette di rivisitare molto di più l'omonimo classico. Ma senza Mu Shu.
Simba ed amici sono fra i vostri personaggi preferiti? Esiste un mondo di gadget, capi d'abbigliamento, giocattoli e tanto altro dedicati al Re Leone ed a tutti i protagonisti sia della storica pellicola animata sia di questo remake.