Il Rasoio: Disincanto e le principesse ribelli

Il Rasoio: non solo Teabeanie e Disincanto, ecco le altre principesse ribelli da ammirare

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a cura di Luca Barbieri

E’ in arrivo la quarta stagione della serie fantasy-umoristica Disincanto (qui la nostra anteprima) , creata da Matt Groening e trasmessa a partire dal 2018: non il capolavoro che tutti ci aspettavamo dopo I Simpson e Futurama ma una serie che, comunque, offre qualche saltuario spunto d’interesse, soprattutto se si tralascia la trama (spesso confusa e a tratti irritante) e ci si concentra sui personaggi. La medaglia d’oro, in questo caso, va appuntata sul petto del demone Luci, una sorta di Grillo Parlante al contrario, bidimensionale diavoletto di basso livello e privo di ali, che offre, nel corso della serie, vere e proprie chicche. Ma più che a Luci o all’elfo di nome Elfo (il cui spessore comico si esaurisce sostanzialmente in questo), la storia dovrebbe ruotare attorno all’anti-convenzionalità della protagonista, la diciannovenne principessa Principessa Tiabeanie, detta "Bean" (che, per inciso, vuol dire: fagiolo). La ragazza, orfana di madre (o così tutti credono) e con un pessimo rapporto col padre, dovrebbe rappresentare la distorsione politicamente scorretta del concetto di “principesse ribelli”, che, fortunatamente, ha scardinato le vecchie logiche della damsell-in-distress vecchie di un migliaio d’anni e necessitanti di un urgente mano di vernice. Magari, su questo argomento, ovvero la fanciulla in pericolo nel mondo fantasy, si può tornare in un secondo tempo: lo merita.

Sacrosanto dunque che la fanciulla rigetti con sdegno il destino deciso per lei da altri (matrimonio combinato, reclusione in una gabbia dorata, noiosissimi compiti cerimoniali…) ma la vetta di anti-convenzionalità che Bean potrebbe raggiungere, e che ci si augurava facesse, visti i dissacranti precedenti dell’autore, finiscono invece per stemperarsi in una serie di luoghi comuni, che vanno dalla prima citata rabbia adolescenziale, alle “cattive” frequentazioni di taverne e bettole che finiscono regolarmente per causarle montagne di guai, fino a un problema di dipendenza.

Le principesse ribelli: guerriere, eroine e regine

Infatti Bean è una giovane alcolista, che scola boccali come fossero colmi d’acqua, ma, sotto questo aspetto, la critica feroce che ci si aspettava rimane solamente in superficie. Insomma, al di là del suo aspetto fisico, che strizza commercialmente l’occhio ai bianchi e lunghi capelli  indelebilmente fissati nell’immaginario fantasy dalla Madre dei Draghi Daenerys Targaryen, Tiabeanie Mariabeanie de la Rochambeaux Grunkwitz (questo il nome completo della nostra Bean) non offre alcun motivo per restare nella nostra memoria e, soprattutto, fallisce il compito di diventare una vera “principessa ribelle” come ci si sarebbe aspettati (o almeno io lo avevo fatto) nella calda estate del 2018.

Volendo fare invece una classifica, del tutto personale, delle principesse che hanno davvero cambiato le regole e fatto le cose a modo proprio, rischiando il tutto per tutto in prima persona, beh… non potrebbe essere che questa:

Principessa Fiona

Protagonista della serie animata Shrek della DreamWorks (iniziata nel 2001 e arrivata nel 2010 al quarto capitolo), Fiona parte maluccio, sprecando la propria vita chiusa in un’alta torre, posta sulla bocca di un vulcano e sorvegliata da un feroce drago (pardon, draghessa), in attesa che un eroico cavaliere giunga in suo soccorso. Voto: quattro meno meno. Ma la ragazza si riscatta ampiamente quando non soltanto rifiuta il matrimonio con un sovrano (o presunto tale: il ridicolo Lord Farquaad, regnante di Duloc), preferendo donare il proprio cuore a un orco maleducato, burbero e francamente scarsamente incline all’igiene personale, ma arriva addirittura a ribaltare una delle regole auree delle fiabe classiche: il bacio non trasforma la Bestia in Uomo, ma la Bella in Orchessa! E, proprio per questo, Fiona e Shrek “vissero per sempre felici e contenti”, rendendola una delle nostre principesse ribelli.

Imperatrice Furiosa

Non solo principesse ribelli, qui abbiamo molto di più: un’imperatrice! E oltretutto feroce e determinata come una lupa incatenata, una di quelle che preferisce strapparsi via la zampa piuttosto che rimanere nella tagliola. Furiosa (co-protagonista della pellicola Mad Max: Fury Road, ultima, nel 2015, di una serie di film distopici e post-apocalittici) è stata la concubina forzata dell’agonizzante sovrano di un mondo morto, Immortan Joe,  possessore dell’unico bene davvero fondamentale: l’acqua; rapita in giovane età dal Luogo Verde, governato da una sorta di saggio matriarcato, la bellezza di Furiosa (sullo schermo è interpretata Charlize Theron, e non aggiungo altro) l’aveva consegnata a un orrendo destino di schiavitù sessuale, cui si è sottratta per una sfortunata fortuna: la sua infertilità. Non potendo dare a Immortan Joe un erede sano, suo unico obiettivo di vita, Furiosa ha risalito con grinta la catena del comando, divenendo un comandante di guerra degli sgherri cromati e psicopatici del morente sovrano della Cittadella. Ebbene, forte di questi suoi privilegi, Furiosa tenta il tutto per tutto: l’evasione; ma non agogna la libertà soltanto per se stessa ma anche, e soprattutto, per le giovani e belle concubine di Immortan Joe, le Cinque Mogli. E, per farlo, escogita una folle fuga nel deserto, che si prefigge di portare avanti da sola. L’incontro con Mad Max, infatti, è puramente accidentale: non faceva parte del piano. Da sola, dunque, libera se stessa e le proprie sventurate compagne, e, per farlo, affronta un intero esercito di uomini. Ma non è tutto qui: quando si rede conto che la sola salvezza per le ragazze risiede nel tornare indietro e dare l’assalto alla Cittadella, lo fa. E, in tutto questo, la vendetta sullo stupratore e schiavista Immortan Joe non è la sua priorità: la salvezza delle ragazze lo è. Dieci e lode, Furiosa!

Vaiana di Motunui

Non chiamiamola Moana: sarebbe il suo nome originale, ma qui in Italia i “ragazzi” della mia generazione sanno perfettamente perché non poteva chiamarsi così! Vaiana Waialiki è la protagonista del film Disney Oceania (2016): è la sedicenne figlia del capovillaggio di una piccolissima e remota isola del Pacifico, insofferente alla ferrea regola che vuole che nessuno, mai e per nessun motivo, abbandoni l’isola e si metta a navigare in mare aperto. Tutto ciò che è a Motunui deve rimanere a Motunui: guai a superare la barriera corallina, simbolo neanche troppo velato delle Colonne d’Ercole, ovvero di quei limiti invalicabili che la mente umana costruisce per se stessa, impedendosi da sola di superarli. Nessun pippone psicologico, tranquilli, ma è abbastanza chiaro che qui la lotta sia fra immobilismo e dinamismo, fra accettazione passiva di uno status quo ormai fallimentare, che porta alla morte (vedasi la progressiva e inarrestabile carenza di cibo), e una nuova frontiera che è necessario esplorare. Restare e avvizzire oppure partire e rischiare. Vaiana tentenna: la sua testa dice una cosa (e parla con la voce del padre e degli antenati) mentre il suo cuore ne dice un’altra (e parla con la voce della nonna e, soprattutto, dell’oceano). La scelta di Vaiana, alla fine, non potrà essere che una: rischiare tutto (non soltanto la vita ma il destino della propria gente) e farlo praticamente da sola (i suoi compagni di viaggio sono sostanzialmente inutili, compreso il semidio Maui, che fa fare a noi maschietti testosteronici la giusta brutta figura!). La sfida di Vaiana è più ambiziosa di qualunque altra: non salva se stessa, non salva le sue compagne, lei desidera salvare il mondo (perché il suo atollo corrisponde letteralmente a tutto il suo mondo) e costruire un nuovo futuro, riscrivendone le regole. Oro più che meritato per una delle più avvincenti principesse ribelli!

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