Il nuovo boom dei manga in Italia

One Piece 98 balza in cima alle classifiche di vendita e tutti gridano al nuovo boom dei manga in Italia: proviamo ad analizzare assieme il fenomeno.

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a cura di Giovanni Zaccaria

Stiamo assistendo a un nuovo, pazzesco boom dei manga in Italia: il numero 98 di One Piece di Eiichirō Oda, in edizione speciale, balza in vetta alla classifica di vendita in Italia e tutte le testate generaliste gridano al “miracolo”, alla fine di un’era di prodotti di nicchia, ma praticamente nessuno di noi, abituali lettori di fumetto, è sorpreso da questa cosa.

Perché a dire il vero in quella classifica ci sono anche il numero 14 di Dragon Ball Super al terzo posto (sempre Star Comics) e il numero 6 di Tokyo Revengers (J-Pop Manga) al settimo posto. E non solo: scendendo un pochino più in basso si scoprono diversi altri titoli, come gli immancabili Demon Slayer, My Hero Academia, Jujutsu Kaisen, Death Note, Hanako-Kun, The Promised Neverland e così via. Insomma la notizia non è che One Piece sia stato il libro più venduto in Italia in una determinata settimana, con circa 15.000 copie. Casomai che la classifica straripi letteralmente di fumetti giapponesi nelle prime 50 posizioni.

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Ovvero che ci troviamo di fatto in quello che potremmo definire, con un termine molto caro ad Hideaki Anno, il Second Impact del fumetto giapponese, il nuovo boom dei manga in Italia. Qualcuno di non avvezzo all’ambiente si chiederà come siamo giunti a questo punto o quando sia iniziata questa “rivoluzione” di cui parlano tutti, ma la risposta è molto più semplice di quanto potrebbe sembrare: questa cosiddetta rivoluzione è sempre stata sotto il nostro naso e ci è cresciuta tra le braccia senza che ce ne accorgessimo.

Tutto è partito ovviamente negli anni ’80 (un pochino prima a dire il vero, ma dal 1980 in poi si è affermata), con la japan invasion delle reti private italiane e successivamente delle reti nazionali. Se Atlas UFO Robot Goldrake, a fine anni ’70, è stato il primo anime ad entrare nella televisione degli italiani, entrando nei ricordi dei miei genitori (dove Atlas era semplicemente il nome del catalogo francese dove si proponeva il prodotto e Goldorak una libera interpretazione col naso all’insù di Grendizer di Go Nagai, peraltro cronologicamente sbagliata), quello che è successo dopo lo sappiamo tutti.

Dai Cyborg 009 di Shōtarō Ishinomori a Tommy la Stella dei Giants, da Lupin III di Monkey Punch agli anime tratti dai manga di Osamu Tezuka. E via una lunga cavalcata che ci ha portato attraverso Dragon Ball, Lady Oscar, Hokuto No Ken, Touch, Orange Road, Saint Seiya e, appunto, i vari One Piece, Naruto e compagnia bella.

L’anime rilancia il fumetto. È sempre successo, in pratica, magari non coi numeri fantastici degli ultimi anni, ma in buona sostanza è un trend che si è sempre confermato negli anni, con un andamento in crescita. Anche in tempi recenti. Con maggiore efficacia di quanto possa aver mai fatto ogni altra trasposizione, specie pensando ai comics. È successo recentemente proprio con prodotti come Demon Slayer e Hanako-Kun, giusto per citare due esempi, ovvero prodotti che non avevano ancora ottenuto un importante lancio in edizione cartacea ma che sono cresciuti a dismisura dopo il successo della serie animata. Questo dato certo è da ricercare in numerosi aspetti.

Il nuovo boom dei manga in Italia: la qualità fra prodotti e percorsi paralleli

Di certo la qualità dell’animazione giapponese ha sempre avuto un livello medio decisamente alto, anche in confronto a tanti prodotti europei ed americani e in anni non sospetti. La “bellezza” (virgolettato d’obbligo) e la dinamicità degli anime è risultata vincente e incredibilmente trasversale nel corso del tempo, assestando numerosi colpi ad una concorrenza occidentale che negli anni ha sempre fatto un pochina di fatica a tenere il ritmo degli stakanovisti giapponesi.

Ma se questo valesse in generale comunque non spiegherebbe questa particolare capacità di conversione.

Nella maggior parte dei casi l’anime riprende in maniera piuttosto fedele il manga originale da cui è tratto e questo è un aspetto fondamentale per capire come mai stiamo assistendo al nuovo boom dei manga in Italia (e non solo). Laddove la serie animata di Batman (quella leggendaria del 1992, giusto per fare un esempio) presentava nuove storie indipendenti dalla continuity dell’epoca e con un gusto tutto proprio, tanto da essere considerato un prodotto completo e fruibile a sé stante, gli anime invece sono una trasposizione più aderente delle opere originali.

Se io mi fossi innamorato del Batman di Bruce Timm e per questo avessi desiderato iniziare a leggere i fumetti del Cavaliere Oscuro mi si sarebbe presentato già un primo problema: da dove cominciare? Quale punto della continuity sarebbe stato il migliore? Avrei ritrovato gli stessi personaggi e lo stesso spirito? Quale autore avrebbe saputo darmi maggiore soddisfazione? Con 80 anni di storia editoriale di personaggi come Bats e Supes (due casi limite, per carità, ma anche in Marvel non si scherza) la cosa rischia di farsi disarmante.

L’amico e collega Manuel Enrico mi ha ricordato anche dei tentativi di Marvel di replicare in animazione i successi che stavano vivendo gli X-Men su carta, in quella che da molti è considerata l’epoca migliore (parliamo dell’uscita di Arma X, Giorni di un futuro passato, La Saga di Fenice Nera o gli scontri con i Morlock e molte altre storie), senza riuscire tuttavia pienamente nell’intento vista la differenza di target e di modalità narrative.

La cosa si presenta anche oggi con le serie Marvel Studios di Disney+. Recuperare tutti i fumetti che hanno generato easter egg all’interno degli episodi è una cosa piuttosto difficile e non sempre appagante visto che a volte si tratta di andare a recuperare anche fumetti molto datati che non incontrano il gusto moderno. Una cosa difficilmente riscontrabile invece nel mondo di anime e manga, dove spesso la prima è l’evoluzione su schermo della seconda (magari rimpinzata di filler, ma grossomodo uguale).

Il nuovo boom dei manga in Italia: di streaming e lockdown

Nel capire i motivi profondi che ci portano al nuovo boom dei manga in Italia, dobbiamo guardare necessariamente agli ultimi anni e immediatamente al periodo successivo al lockdown causato dal Covid-19.

Partiamo dal principio. In passato, negli anni ’90 e 2000 molti anime, probabilmente la maggior parte, erano circoscritti ad un mercato home video piuttosto rigoglioso ma non sempre economicamente affrontabile. Nel 1999 una VHS originale con un film di Dragon Ball Z costava 39.000 lire. Film e serie di animazione come Getter Robot The Last Day, Record of Lodoss War, Oh Mia Dea, Video Girl Ai potevano raggiungere cifre anche piuttosto impegnative, oltre ad occupare molto spazio in casa. Se l’arrivo dei DVD ha migliorato quest’ultimo aspetto, non ha certo risolto il primo problema (a meno di ricorrere alla pirateria). Questo rendeva molti anime e serie OAV appannaggio di una fetta minore di pubblico e di conseguenza si poteva generare una minore conversione in manga venduti.

Ci ha pensato MTV a cambiare le regole, portando anime diventati poi leggendari (Neon Genesis Evangelion, Cowboy Bebop su tutti) in prima serata e con un particolare targeting di pubblico, a metà tra gli adolescenti e quelli un pochino più grandicelli. Un certo tipo di animazione, più adulta, quando non post adolescenziale, stava diventando veramente mainstream.

E infatti il vero boom va ricercato proprio in quegli anni, quando Star Comics e Planet Manga se la comandavano allegramente pubblicando tutto il meglio che poteva esserci e cominciando già le prime edizioni ristampate. Il terzo step è arrivato con le piattaforme di streaming e l’accesso veloce e completo ai contenuti scaricabili. Nessuno ve lo dirà ad alta voce ma il fenomeno del download illegale delle cosiddette scan ha avuto anche ripercussioni positive sul pubblico di lettori.

Se è vero che da un lato si potevano leggere fumetti con mesi di anticipo sull’edizione italiana, dall’altro la non altissima qualità delle traduzioni e dei lettering e la voglia di sano collezionismo ha portato una fetta non proprio trascurabile di pubblico di lettori a leggere prima la versione non legale e poi a correre in fumetteria a comprare l’edizione cartacea. Parimenti l’approdo di decine e decine di nuove serie anime sulle piattaforme streaming più usate (da Cruncyroll a VVVVID, senza contare tutti i nuovi prodotti di Netflix o gli arrivi esclusivi su Amazon Prime Video), ha contribuito a rendere popolari molti prodotti, generando una conversione importantissima.

Già perché, e arriviamo alla storia recente, tutte le persone dai 13 (si fa per dire) ai 50 anni, durante il lockdown, ha fatto principalmente tre cose: cucinato la pizza o il pane fatto in casa, guardato la televisione (ovvero i contenuti in streaming) e letto libri, fumetti ecc. Appena hanno riaperto le gab…ehm, le porte, tutti si sono catapultati in fumetteria.

Il nuovo boom dei manga in Italia: la conversione

Ma allora come mai l’effetto conversione anime/manga sembra così incredibilmente più efficace rispetto a quello che c’è su un film /fumetto o serie tv live action/fumetto? È innegabile che ci sia un aumento di vendite entusiasmante nei fumetti in Italia. E parlo di tutti, nessuno escluso. Stiamo vivendo una stagione favolosa. Dati di classifica GFK alla mano, praticamente tutte le case editrici italiane sono cresciute rispetto al 2020 e anche rispetto al 2019 e in alcuni casi le proporzioni sono gigantesche. Le case editrici di manga, o che contengono molto manga al proprio interno, segnano aumenti di oltre il 200%, cioè hanno visto triplicare il proprio fatturato.

Al primo posto troviamo Star Comics, seguita da Panini Comics (che vanta una fetta importante di mercato manga oltre le due big Marvel e DC Comics ed ai marchi Disney) e poi da Edizioni BD/J-Pop.

Altre realtà più storicamente ancorate al prodotto americano o italiano/europeo hanno visto aumenti dal 50% al 100%, ma i fatturati (se non consideriamo il colosso Sergio Bonelli Editore o BAO Publishing con Zerocalcare) spesso sono molto differenti per proporzioni.

L’effetto di conversione avviene anche per i non giapponesi e vi riporto facilmente tre esempi recenti molto semplici.

Il primo lancio di The Boys di Garth Ennis e Darick Robertson è avvenuto tra il 2008 e il 2009, in edizione brossurata. Il prodotto vendette bene ma non esplose fino all’arrivo dell’ottima serie tv su Amazon Prime Video, che ha generato enormi vendite dell’edizione Deluxe. Lo stesso dicasi per Umbrella Academy di Gerard Way e Gabriel Bà. L’edizione Magic Press del 2009 passò piuttosto inosservata al grande pubblico fino all’arrivo della serie tv Netflix e all’approdo in BAO Publishing (e neanche da subito, ci è voluto un pochino). Invincible di Robert Kirkman, Cory Walker e Ryan Ottley, pubblicato da saldaPress, uno dei miei fumetti supereroistici preferiti degli ultimi venti anni, è diventato un piccolo cult tra gli appassionati vendendo bene per tanti anni, ma il vero boom è avvenuto la scorsa primavera con la serie animata Amazon Prime Video, quando tutti hanno capito che potevano esistere “supereroi per adulti molto splatter e molto da telenovela”.

Insomma quello che finisce su schermo influenza inevitabilmente quello che è su carta, ma è inutile continuare a ribadirlo. Se una serie o un film risultano zoppi, anche la conversione sarà più debole (volete davvero degli esempi?). Ma se invece il livello si alza potrebbero (quasi certamente) crescere le vendite anche di un prodotto originale considerato non particolarmente strabiliante (e potrebbe essere proprio il caso di Demon Slayer, in cui lo strepitoso anime ha decisamente sollevato il manga).

Ma eravamo rimasti al lockdown con tutti quanti attaccati agli schermi di smartphone, tablet e smart tv. La differenza di conversione è anche un fatto generazionale.

Gli anime più popolari sono ancora appannaggio di un pubblico mediamente piuttosto giovane, adolescente e poco più grande. Infatti in classifica ci finiscono quasi sempre i classici “battle shonen” o prodotti più trasversali. Si tratta di pubblico certamente non più influenzabile di altre fasce di età, ma dotato ancora di una sana e fresca curiosità e apertura mentale ma soprattutto assiduo frequentatore di web, Twitch e YouTube. Un pubblico diciamo un pochino più attivo e con un pochino di tempo libero in più a disposizione rispetto alla media di età dei fruitori delle serie tv live action e spesso dei comics o dei graphic novel.

Ed ecco svelato uno dei motivi che hanno concretizzato un “miracolo” del tutto annunciato e facile da prevedere: un nuovo boom dei manga in Italia.

Il boom dei manga in Italia è dovuto anche a prodotti trasversali e di ottima fattura, dedicati ad un pubblico giovane (shonen, shojo) ma che trovano anche il consenso e la passione dei più grandi, portano più facilmente i ragazzi in libreria e in fumetteria o negli store online. Il pubblico più adulto, anche se con maggiori disponibilità economiche, è di fatto un pochino più pigro (spesso si accontenta della sola versione da schermo) e trova meno attinenza tra ciò che ha visto e ciò che vorrebbe leggere o si fa intimorire dal muro generato dalle tradizioni dei supereroi delle major, non sapendo mai veramente come orientarsi. Il pubblico dei manga si pone decisamente meno questo problema.

Oltre ad un punto prezzo all’apparenza più facilmente affrontabile (un manga di 200 pagine costa tra i cinque e i sette euro, uno spillato di supereroi da 64 pagine arriva a costare anche sei euro, non parliamo nemmeno dei cartonati) ci sono anche altri vari motivi che hanno portato al grande successo a cui stiamo assistendo.

La grande popolarità di prodotti più semplici (i fumetti di Hiro Mashima o lo stesso One Piece) ha poi trascinato tutto il compartimento, supportata da una community web attivissima e guidata da bravi influencer che hanno permesso a titoli più intensi (seinen, storici, gekiga addirittura) di diventare best sellers anche tra i più giovani, della serie “non sei un vero otaku se non conosci i fondamentali”. Ed ecco che opere storiche come Devilman di Go Nagai, i fumetti di Osamu Tezuka e Rumiko Takahashi, Ashita No Joe (Rocky Joe), Akira di Otomo o la Rose di Versailles di Riyoko Ikeda vedono fiorire quasi una seconda giovinezza e grandi consensi.

Possiamo inoltre aggiungere il fatto che in tempi recenti il mercato manga ha cominciato a conoscere ed apprezzare le edizioni speciali e le variant cover (e il numero 98 di One Piece balzato in cima alla classifica è proprio una edizione speciale o il caso della,  non bellissima a dire il vero, fashion variant di Jujutsu Kaisen che ha generato una certa piccola isteria di massa), una cosa che nei comics esiste da una vita.

Insomma c’è da stupirsi se stiamo vivendo un nuovo boom dei manga in Italia o che su 50 posizioni di classifica, ben 23 siano contese dai manga di Star Comics, J-Pop e Planet Manga? Assolutamente no. È una semplice conseguenza di una crescita iniziata tanti anni fa e di un amore del tutto speciale che l’Italia ha sempre riservato ai prodotti del Sol Levante.

Oltre alla dimostrazione che la cultura pop è di fatto la tendenza dominante al mondo, visto che non sono cresciuti solo i fumetti giapponesi ma tutto il compartimento fumettistico in generale e i prodotti ad esso correlati. Il mio testimone di nozze mi raccontò che quando era al servizio di leva, nel 1997, le attività della caserma si interruppero per un quarto d’ora pur di assistere all’ultimo scontro di Kenshiro. Quando sono stato in Giappone, i ragazzi con cui parlavo erano stupiti che io fossi cresciuto con il mito di Holly e Benji, Captain Tsubasa, o che Gundam e i personaggi di Leiji Matsumoto fossero stato così fondamentali nella mia vita.

L’importante è che si legga bene, ieri, oggi, sempre. In una società in cui ci lamentiamo che si legge sempre meno è un trionfo vedere certi numeri in classifica. L’Italia legge. Quantomeno una porzione decisamente vasta di popolazione legge parecchio, al di là del boom dei manga in Italia. Peccato per chi non lo faccia e non sappia cosa si perde. Io sono molto orgoglioso di far parte di questo piccolo capitolo di storia.

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