Iconoclasta, recensione: losing my religion

Iconoclasta: distrugge gli idoli, per crearne altri?

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a cura di Manuel Enrico

Esiste una pulsione irresistibile nell’animo umano a trovare nell’insondabile mistero della fede una risposta alle grandi domande dell’esistenza. Dove il lume della scienza non riesce ad arrivare, il creare una sorta di personificazione immaginaria cui demandare il compito di ammansire dubbi e interrogativi diviene esigenza, una necessità che trova spesso rifugio nell’ambito della religione. Nulla meglio dell’aderenza dogmatica a una fede istituzionale e rigida potrebbe rispondere a questo bisogno umano, ma come si può adattare questo slancio salvifico in una società che sembra staccarsi sempre più dai precetti religiosi, avviandosi verso un nuovo dogma fatto di nuovi dei e nuove fedi? Se si uccidono gli idoli tradizionali, ne potranno nascere altri ugualmente potenti? Domande argute che sono alla base di Iconoclasta, appassionante racconto a fumetti di Paolo Martinello edito da Star Comics nella collana Astra.

Con Iconoclasta, Star Comics rinnova il suo intento di offrire ai lettori una narrativa più ampia, capace di passare dal racconto fantascientifico (Bacteria, Deep Beyond) alle atmosfere più intime e quasi metafisiche dell’opera di Martinello. Intenzione lodevole che, pur essendo ancora nella sua prima fase, mostra una personalità precisa, capace di trovare un equilibrio in cui diverse ispirazioni vengono declinate all’interno di un percorso narrativo che accontenta diversi palati. In questa poliedrica identità, Iconoclasta rappresenta la proposta ad oggi più interessante, una felice crasi tra chirurgica dinamica sociale e indagine intima, scandita dal cinismo disincantato di un protagonista che suscita un’immediata simpatia nel lettore.

Iconoclasta: distrugge gli idoli, per crearne altri?

Laslo è un perdigiorno da manuale: sfaticato, indolente, più interessato ai propri vizi che non al suo lavoro di sagrestano della parrocchia di Santa Jennifer. Compito che non dovrebbe essere troppo gravoso, considerato che la chiesa gestita da don Ardito è una delle ultime reduci di una visione ecclesiastica legate alla tradizione religiosa, oramai condannata dalla nascita di una religiosità completamente nuova, figlia dei tempi moderni.

Vittima della crociata riformatrice del filosofo Valdo Brigliadoro, la tradizione immaginifica della religione è caduta vittima della teoria del vuoto armonico, secondo la quale la presenza di idoli come statue ed effigi religiose sia fuorviante e inutile. Una visione condivisa da gran parte dei fedeli, che ha condotto a una rinuncia repentina delle icone classiche della fede, portando a coprire statue e rinunciare a santini e altri simboli religiosi, nonostante un tardivo ed inutile moto di autoconservazione della Chiesa che ha aperto alla canonizzazione di nuovi santi, figli di un’epoca di cultura dell’immagine e di nuovi principi morali. Un processo di distruzione dell’icona (da cui il titolo Iconoclasta), che culmina con la distruzione apparentemente inspiegabile della statua di Santa Jennifer proprio nella chiesa in cui lavora Laslo, evento che lo conduce a seguire un’insolita indagine che ribalterà completamente il suo rapporto con il sacro e la realtà.

Martinello interpreta con una vivacità sorprendente questo tratto contemporaneo della religiosità. Pur avendo precedenti nella storia, il rapporto tra credente e immagine religiosa ha raggiunto una complessità inquietante nei nostri giorni. Il distacco da una religiosità tradizionale è evidente come la nascita di un culto della personalità e di altre forme più atipiche di venerazione sia l’incarnazione di un pensiero di Dostoevskji:

L’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti ad un idolo.

Nella società di Iconoclasta, le effigi religiose tradizionali sono state sostituite da altre forme di venerazione, che si tratti di artisti o di idee assurde, come l’esser parte di una setta di vampiri nata da un gioco di ruolo sfuggito di mano. Interpretazione che, all’inizio, può sembrare quasi paradossale, ma che grazie a una costruzione narrativa ben giocata sul piano emotivo da Martinello trova una caratterizzazione appassionante. Il rischio di trattare temi di una certa complessità come il rapporto con il divino e la nascita di un neo-paganesimo come quello proposto dalla cultura dell’immagine contemporanea sono diluiti con lucidità all’interno di una storia che dosa attentamente momenti di ilarità, grazie alla vulcanica personalità di Laslo, a istanti di grande intensità emotiva, dove l’indole umana viene ritratta nella sua vulnerabilità e nei suoi lati più tormentati.

La bellezza di Iconoclasta risiede nel modo in cui Marinello guida il lettore alla scoperta di un mondo che sembra quasi caricatura della nostra quotidianità, divertendosi a demonizzare aspetti rigidi del dogma, irridendoli quando necessario, ma mantenendosi comunque rispettoso della loro essenza. Non si tratta di una banale parodia della fede, quanto di una più sentita ricerca di un senso al rapporto stesso dell’individuo con il mistico, creando una narrativa che agilmente passa da contesti di forte impatto, caratterizzati da dialoghi grevi e graffianti, ad alleggerimenti ironici, in cui subentra l’elemento quotidiano delle piccole problematiche che sposta il baricentro della narrazione sulla valorizzazione del sè. Una meccanica funzionale che vive soprattutto nella contrapposizione tra l’approccio guascone di Laslo alla sua nuova missione di salvatore e la sanguinante anima di Claudio, tormentato personaggio che proprio assieme all’irriverente sagrestano rappresenta il duo su cui si poggia il castello narrativo di Iconoclasta.

Iconoclasta: religione, società e identità del sè in un mix vincente

Pur addentrandosi in argomenti complessi, Iconoclasta riesce a preservare una propria dinamicità, non risultando mai accademico o respingente per il lettore. Al termine della lettura sembra incredibile che questo corposo volume sia riuscito a trattare con passione e vivacità una gamma incredibile di temi (importanza dell’arte, colpa, speranza e ricerca del sé) senza scadere del manierismo o nella banalità, complice un’interpretazione grafica di altissimo profilo.

L’importanza narrativa del concetto di immagine trova nel disegno di Matrinello una perfetta controparte visiva, declinata in una libertà della gabbia che si adatta la meglio alle diverse situazioni. Il tratto morbido di Martinello consente sia di esprimere la vivace personalità dei personaggi, tramite una ritrattistica veemente del linguaggio corporale e delle espressioni dei volti, che di caratterizzare le atmosfere, capaci di passare dal fatiscente della chiesa di Santa Jennifer alle più ombrose ambientazioni che sembrano accogliere Claudio e i suoi tormenti. In questa avvincente interpretazione grafica trova spazio una gestione della dinamicità che non disdegna un intelligente uso della comicità, ingrediente essenziale della disavventura di Laslo, che contribuisce a creare una simpatia per il personaggio e a dare ai lettori una predisposizione emotiva che viene detonata nel finale di Iconoclasta.

Star Comics abbandona la pubblicazione tradizionale della linea Astra (cartonato rigido), optando per un brossurato con alette che si sposa al meglio con il concept di Iconoclasta. Un’edizione che valorizza a dovere l’impianto visivo di Martinello, grazie a una rifilatura delle pagine che non richiede di sforzare il volume per godere appieno delle tavole, e che rende più che equo il prezzo di copertina.

Iconoclasta arriva in libreria sul finire dell’anno, imponendosi come una delle migliori proposte del panorama fumettistico nostrano. La perfetta sinergia tra i complessi trami tratti e la loro interpretazione grafica è segno di un’indubbia maturità artistica, grazie alla quale il lettore può vivere un racconto appassionante in cui un’ironia schietta e quotidiana fa da compagna a un’indagine intima e sociale che rendono Iconoclasta una metafora della nostra contemporaneità.

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