I Reietti dell'Altro pianeta, Ursula K. Le Guin anticipa il mondo di 50 anni

I Reietti dell'Altro pianeta è un romanzo che unisce in modo quasi unico distopia e utopia, in una narrazione che risulta ancora fresca e sorprendente quasi 50 anni dopo la sua pubblicazione.

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a cura di Alessandra Cristallini

Nota del curatore. La nota di oggi dovrebbe essere dedicata interamente ad Alessandra Cristallini, autrice che esordisce oggi su Retrocult ma che, come avrete modo di vedere, manipola tematiche e stili con ammirevole padronanza.

Dovrebbe, già, ma è anche un articolo dedicato a un romanzo fondamentale, e una tra le autrici che meglio di tutte (e tutti) rappresenta la fantascienza del XX secolo. Ursula K. Le Guin, deceduta poco più di un anno fa, ha lasciato un segno profondo e difficilmente la si può sopravvalutare.

E poi c'è un sopraffino discorso su utopia e distopia, su come siano inevitabilmente la forma della fantascienza moderna. Alessandra Cristallini, a cui è davvero dedicata questa mia nota introduttiva, rigira il classico coltello nell'ancora più classica piaga: se proprio non riuscite a capire perché ci sono così tante distopie in giro, allora leggete con molta attenzione le prossime righe.

Buona lettura e alla settimana prossima

Valerio Porcu

Utopie e distopie

Una critica che viene fatta spesso alla fantascienza contemporanea, specialmente se scritta da autori più giovani, è la sua tendenza a essere sempre in qualche modo distopica. Le distopie del passato sono cercate, rilette e ristampate, da Noi di Zamjiatin fino al Racconto dell’Ancella di M. Atwood, che prima della serie tv era fuori catalogo. Tendenza che è diventata popolare con Hunger Games e che continua tutt’ora: sembra che i giovani non possano fare a meno di universi distopici, cosa che genera sempre inevitabilmente qualche "eh che noia, sempre queste distopie", specialmente da lettori di età più avanzata.

Ma la fantascienza parla prima di tutto del presente, che ha poco di utopico e l’orizzonte non promette niente di meglio. Guardando cosa ci aspetta, cosa aspetta un giovane, come si può pretendere che si immagini un futuro roseo da boom economico vecchio stile?

Che la fantascienza parli delle paure e speranze del presente non è una novità: prendete più o meno qualunque romanzo di fantascienza scritto nell’epoca della guerra fredda, e vi troverete un riferimento ad essa. Abbondano indizi e storie su popoli che si sono fatti saltare in aria a vicenda, lotte tra fazioni diverse caratterizzate da ideali specifici, fino ad arrivare a storie che sono veri e propri moniti sbattuti in faccia al lettore in maniera non sempre elegante dal punto di vista stilistico.

Anche quelle che raffigurano una Terra del futuro in pace, solidarietà e tarallucci & vino, raffigurano a volte lo stesso un mondo che è rimasto diviso nei due blocchi. Molti riescono a immaginarsi senza problemi un’umanità con astronavi e colonie nello spazio, ma dove politica e società quasi non sono cambiate.

Pensiamo a Lo Scheletro Impossibile (1977) di James P. Hogan, dove l’umanità ha basi sulla Luna e astronavi a spasso per il sistema solare, ma non ci sono personaggi femminili di rilievo; i protagonisti hanno una dieta a base di alcol e sigarette e gli Stati Uniti rimangono il centro del mondo, con una breve menzione dell’URSS. Questo fenomeno era così comune che si guadagnò la definizione di "galactic suburbia" a opera della scrittrice Joanna Russ, incredula che ci si potesse immaginare futuri con grandi innovazioni tecnologiche ma non sociali. Sulla traduzione di "galactic suburbia" si potrebbe fare un intero articolo, ma a me piace renderlo con bifamiliare galattico: per suburbia si intende la periferia, ma in questo caso si parla quella con giardini e villette tutte uguali, non i casermoni grigi di tante metropoli moderne.

I Reietti dell’Altro Pianeta

Tra distopie e utopie, arriva I Reietti dell’Altro Pianeta (1974), di Ursula Le Guin, dove due pianeti vicini - Urras e Anarres - sono abitati da persone molto diverse, dalle ideologie in netto contrasto.

Anarchia quasi-utopica su Anarres, contro capitalismo e comunismo su Urras. Mentre tanta fantascienza si rinchiudeva in bunker a tremare pensando a ordigni di fine mondo, Le Guin era andata oltre in una maniera tale che leggendo il romanzo ero convinta di trovarmi di fronte a un’opera anni '80, forse anche anni '90. Le Guin mi ha fregato, evviva Le Guin.

Il protagonista del romanzo, Shevek, è un fisico teorico nato e cresciuto su Anarres, il pianeta anarchico, e il romanzo segue due linee temporali: una che parte dalla sua infanzia su Anarres e una che comincia con il suo atto inspiegabile, condannabile, incredibile: salire a bordo di una delle poche astronavi cargo che fanno la spola tra i due pianeti e andarsene su Urras. Man mano che seguiamo l’infanzia e l’adolescenza di Shevek e la sua vita su Urras da onorato professore rispettato e riverito, le differenze delle varie società e modi di pensare ci vengono sbattute in faccia con l’eleganza della verità. Shevek, che non ha mai avuto del denaro, che chiede dove siano le donne scienziate e non concepisce la loro sessualizzazione e sottomissione, che vuole disperatamente incontrare la gente comune mentre viene tenuto nella bambagia, viene davvero da un altro mondo. Il capitalismo lo mette a disagio, come succede a chiunque voglia abbattere muri.

"Qui pensano che quando il popolo può possedere abbastanza cose, è contento di vivere in prigione. Ma io non lo crederò mai. Io voglio che i muri cadano. Io voglio la solidarietà, la solidarietà umana. Voglio il libero scambio tra Urras e Anarres."

Non si può nemmeno giudicare folle e utopico il suo progetto, visto che vive su un pianeta dove queste cose sono la norma: le persone possiedono pochi oggetti, possono prendere ciò di cui hanno bisogno ai magazzini, e per mangiare basta loro iscriversi a una mensa. Il lavoro è necessario perché vivono in un pianeta arido, dove cresce poco e basta una siccità per costringere tutti a sforzi e privazioni. Ma il pensiero che tutti intorno siano ammar, fratelli, persone che dipendono da te come tu dipendi da loro, aiuta a superare le difficoltà più ardue.

Un'utopia ambigua

Qui entra in gioco il sottotitolo del romanzo in inglese: an ambiguous utopia. Perché certo, rispetto al capitalismo che Shevek cerca di comprendere o al comunismo il cui paese non riesce a visitare, rappresentato dalla nazione di Thu, Anarres sembra fantastico. Ma ci sono parecchi ma, che man mano spingono Shevek a allontanarsi da quella società e a tentare la fortuna su Urras. Shevek ha un piano, ma metterlo in atto non sarà facile.

A leggere I Reietti si ha l’impressione che Le Guin fosse perfettamente conscia della dicotomia tra USA e URSS, rappresentati da due nazioni su Urras, ma anche come vedesse con chiarezza la necessità di guardare oltre, come se la risposta per lei fosse "no, nessuno dei due è adeguato, ci vuole altro." Quando emergono chiaramente problemi come l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle risorse, la gestione dei rifiuti (in particolare delle microplastiche!), ho voluto controllare di nuovo la data ma no, è davvero un romanzo del 1974.

Non sempre la fantascienza invecchia bene, ma I Reietti dell’Altro Pianeta è invecchiato come un vino pregiato, perché i temi rimangono universali.

Solarpunk

Il che fa pensare a un sottogenere della fantascienza ancora in stato embrionale, il solarpunk.Se lo steampunk si basa sull’energia a vapore e il cyberpunk sul cyberspazio, il solarpunk è un futuro a energia solare, una società molto diversa dalla nostra, rivoluzionaria, con metodi etici di produzione, un diverso legame con la natura e con le altre persone.

Vale la pena parlarne, perché se prima abbiamo parlato di distopie, il solarpunk è aggressivamente utopico, pur con la coscienza che l’utopia vera è propria è irrealizzabile. (L'autrice non si è inventata il termine, che circola ormai da parecchio tempo. NdR)

Di tutta questa comunità di makers, esperti di riciclo, orticultori urbani e tanto altro, solo una parte si dedica alla letteratura, rendendolo più una filosofia di vita che un genere letterario. Non a caso ancora deve emergere un equivalente di Neuromante per il solarpunk.

Ebbene, per chiunque decida di scrivere qualcosa di solarpunk I Reietti dell’Altro Pianeta è una lettura che vale la pena considerare. Dopotutto Anarres, post-capitalistico e con la sua siccità e i suoi terreni spazzati da sabbia, vento e polvere, può essere visto come una riflessione del mondo che ci aspetta.

Retrocult è la rubrica di Tom's Hardware dedicata alla Fantascienza e al Fantastico del passato. C'è un'opera precedente al 2010 che vorresti vedere in questa serie di articoli? Faccelo sapere nei commenti oppure scrivi a retrocult@tomshw.it.

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