Henshin, la recensione del manga sulla cultura giapponese

Henshin è un'opera insolita poiché raccoglie in sé tante storie più o meno brevi non tutte collegate tra di loro e di differenti stili narrativi che vanno dalla biografia, alla pura azione e dalla comicità al dramma

Avatar di Giovanni Arestia

a cura di Giovanni Arestia

BAO Publishing è sempre stata molto vicina al fumetto nipponico decidendo di privilegiare la qualità alla quantità e Henshin è il primo esempio della nuova collana Aiken. Si tratta, infatti, di una collana di tre opere che viene aperta da questa raccolta di storie realizzata da Ken Niimura, celebre per essere il disegnatore di I kill Giants realizzato insieme allo sceneggiatore Joe Kelly ed edito in Italia sempre da BAO Publishing.

Henshin: il Giappone in tredici storie brevi

Henshin è un'opera insolita poiché raccoglie in sé tante storie più o meno brevi, non tutte collegate tra di loro e di differenti stili narrativi che vanno dalla biografia, alla pura azione e dalla comicità al dramma. Ogni storia presente all'interno della raccolta ci offre dei risvolti spesso inaspettati e illumina vari aspetti della psicologia umana trasmettendoci differenti emozioni quali tristezza e felicità con le relative scale di grigi presenti nel mezzo. Le vicende narrate nel fumetto raccontano di supereroi con particolari superpoteri, di amicizie che durano una vita, di cibo, di vita scolastica e lavorativa, di bizzarre abitudini e tanto altro ancora in un totale di tredici inusuali storie. L'aspetto più interessante di quest'ultime è la presenza dello stesso Niimura come protagonista di alcune vicende di vita quotidiana: osserviamo l'autore mentre cerca di superare i problemi professionali oppure volenteroso di mostrare la sua ossessione per i gatti.

L'intento dell'autore in Henshin è di raccontare delle giornate normali di vite straordinarie nel Giappone di oggi e in questo ci si inserisce anche lui come a voler accompagnare i lettori che si approcciano per la prima volta alle opere fumettistiche giapponesi. Non è una scelta originale poiché prima di Niimura altri mangaka, come Keiichi Arawi e Inio Asano, hanno realizzato capolavori introspettivi e sfaccettati sulla vita di tutti i giorni in Giappone, ma un aspetto fondamentale di questa scelta è dettato dal disegno che si allontana totalmente dal concetto classico Occidentale di manga. Niimura, infatti, riesce senza particolari difficoltà, attraverso il sapiente uso del disegno semplice, ma emozionale, ad immergere il lettore all'interno delle strane situazioni che i protagonisti affrontano e a trasmettere la sensazione di verosimiglianza.

Come detto poco sopra, il volume è composto da tredici storie, pertanto ci limiteremo a descrivere brevemente solo alcune di esse per farvi quantomeno comprendere meglio le tematiche trattate. La prima storia del racconto si intitola "Un poco di buono" e narra le vicissitudini di Nacchan, una liceale giapponese che decide di trasferirsi nella grande Tokyo a causa di problemi nella scuola del suo piccolo paesino. Nella capitale giapponese incontra suo zio, un uomo di mezz'età all'apparenza gentile ed amichevole, ma di cui Nacchan fa difficoltà a fidarsi. Proprio quando sembra crescere la fiducia, ecco che la ragazza scopre la vera identità dello zio: è un rapinatore. Si continua con "Il gattino ed io", nonché la prima storia riguardante le reali vicissitudini dell'autore Niimura. In questa particolare storia, però, dopo aver tenuto a lungo il gatto del vicino, l'autore ne diventa talmente ossessionato da diventare "amico" di uno invisibile. Le altre storie prendono il nome di "Storia dell'ultimo treno", "Tra due fuochi", "Salieri", "Escursioni estive", "Merci", "Niente più bugie", "Party", "La mano della vittoria", "Diario della prima neve", "Il supereroe di quartiere" e "Ottusità".

Lo stile narrativo in contrapposizione allo stile artistico

Lo stile narrativo in Henshin che caratterizza l'opera è molto veloce, ma allo stesso tempo trasmette tranquillità. Nonostante le poche pause tra una storia ed un'altra, queste riescono perfettamente ad accompagnare il lettore all'interno delle vicende raccontate. I personaggi sono estremamente giapponesi, sia nelle espressioni che nei modi di fare. Sono bislacchi e solo a prima vista alle prese con la vita quotidiana, perché in realtà sono coinvolti in mutazioni caratteriali e comportamentali che non riescono a concepire nemmeno loro. Oltre agli esempi poco sopra riportati, infatti, abbiamo uno straniero che si trasforma in un mostro gigante quando si ritrova in mezzo alla finta cortesia giapponese, intervallate da storie più tristi come due amici di lunghissima data che dal club di baseball del liceo si ritrovano ad essere degli impiegati stanchi e poi anziani in pensione che si avvicinano all'inesorabile morte. L'aspetto più particolare di tutto ciò è che lo stesso Niimura riesce ad esprimere in maniera precisa e dettagliata ogni tic, situazione o rituale tipicamente giapponese nonostante non sia nato in Giappone, bensì in Spagna.

L'influsso Occidentale si osserva particolarmente nei disegni. Lo stile artistico è infatti molto più vicino al fumetto occidentale autoriale, mostrando un tratto deciso, ma sporco come se fosse realizzato in carboncino. Gli sfondi sono scarni o realizzati con poche linee imprecise con un riempimento che ricorda in parte il retino e i pennarelli o le matite colorate. Unisce pertanto elementi classici del fumetto nipponico, allo stile prevalentemente spagnolo osservabile ad esempio in disegnatori e autori del calibro di Hernan Migoya o David Rubin. Questo è il principale aspetto che potrebbe far storcere il naso ai puristi del genere e che, purtroppo, causa anche una certa confusione concettuale. Nonostante, infatti, il comparto narrativo abbia delle innegabili vette qualitative, esso risulta poco regolare, specialmente se paragonato ad un comparto artistico per l'appunto incoerente con le tematiche narrate.

Conclusioni

In conclusione, Henshin, l'opera di Ken Niimura, è un ottimo focus, a tratti ironico e a tratti drammatico, dei difetti, delle tradizioni e delle situazioni tipiche giapponesi. I racconti brevi scorrono velocemente e con leggerezza e l'autore è abile a non passare mai dall'ironia all'insulto, anche quando la prima è decisamente smaccata e irriverente. Ciò che fuoriesce, ad una prima lettura, è uno studio psicologico e antropologico realistico, verosimile e credibile svolto da un autore consapevole di essere giapponese solo per origine familiare. Quest'ultimo aspetto è fondamentale per comprendere meglio lo stile artistico poco coerente con i racconti e a tratti confuso. L'opera si legge come un manga, le storie e i personaggi sono giapponesi in tutto e per tutto, ma lo stile artistico è assolutamente Occidentale così come la narrazione, pertanto l'autore mette in mostra tutta la sua volontà di omaggiare una cultura che per quanto sia amata, interiorizzata e compresa, resta sempre un qualcosa di esterno a sé.

Leggi altri articoli