Dopo aver guardato tutti gli episodi si può notare innanzitutto che la serie è stata interamente scritta da Neil Gaiman, co-autore del romanzo omonimo, tradotto in Italia con il titolo Buona Apocalisse a Tutti, realizzato a quattro mani con Terry Pratchett. Rispetto a American Gods, altra serie originale di Amazon Prime Video, ispirata ad un celebre romanzo di Gaiman, Good Omens è infinitamente più ironica e divertente, facendo emergere soprattutto lo stile tagliente di Pratchett, che Gaiman stesso ha voluto accentuare come omaggio all'amico, scomparso nel 2015.
Che la serie promettesse bene era evidente già dalle premesse, ma non era facile prevedere che sarebbe stata così tanto ben fatta. La storia gioca con gli stilemi che caratterizzano la mitologia cristiana e, nella fattispecie, le Sacre Scritture, giocandoci in maniera bizzarra e mettendo tutto quanto alla berlina. A tratti viene facile pensare al dissacrante Dogma di Kevin Smith, ma quello che ha fatto Gaiman in questo adattamento è decisamente più raffinato, adottando un umorismo molto vicino a quello di Douglas Adams.
Fin dalla sigla animata e che, se prestate attenzione, rivela parecchi dettagli sulle varie puntate, appare chiaro l'approccio elegantemente ironico alla materia, oltre al fatto che sia stata composta da David Arnold, dal momento che ricorda da vicino il tema principale di Sherlock, realizzato sempre da lui. Se nei primi episodi i personaggi sembravano immediatamente interessanti, a serie finita è impossibile non averli amati completamente.
In particolar modo è facile affezionarsi ai due protagonisti, Azraphael e Crowley, interpretati rispettivamente da Michael Sheen e David Tennant. Il rapporto tra i due è approfondito in maniera straordinaria e complicato dal fatto che siano un angelo e un demone costretti a collaborare per cercare di fermare l'imminente guerra tra Paradiso e Inferno scatenata dall'arrivo dell'Anticristo. Ma Gaiman ha saputo naturalmente andare oltre al semplice espediente narrativo per raccontare una storia di amicizia che dura da seimila anni, sottolineando il legame profondo tra i due, sfaccettandone ogni aspetto e caratterizzando ogni personaggio con estrema cura. È difficile stabilire chi, tra Tennant e Sheen, sia stato più bravo, ma in generale si può dire che insieme vadano a formare sullo schermo una coppia irresistibile, entrambi tormentati da una natura nettamente in contrasto con quella a cui sarebbero destinati. Emerge in particolar modo il controsenso relativo alla rigidità con cui le forze del Paradiso reagiscono alla guerra per cui le due fazioni si stanno preparando, apparendo sottilmente crudeli esattamente quanto le forze Infernali.
Quello che non si aspetterebbe chi non ha letto il romanzo, infatti, è la critica al Potere che caratterizza l'intera e particolarissima trama di Good Omens. Si sta parlando di quel Potere che intossica chiunque riesca ad ottenerlo, quello che spinge chi lo possiede a commettere atrocità in nome di un bene superiore, inevitabilmente usato come scusa per raggiungere uno scopo personale. Se si vuole seguire questa lettura, Azraphael e Crowley rappresentano il proletariato che si ribella al Padrone, con una deliziosa accezione marxista finemente nascosta tra le pieghe del racconto. Il punto più alto dell'infinito bravura di Neil Gaiman nel raccontare una storia viene raggiunto nel terzo episodio, dove il rapporto tra i due protagonisti viene maggiormente analizzato e che costituisce una lunghissima premessa all'intera puntata.
Ma Good Omens è una di quelle serie dove gli interpreti sono stati scelti con cura e non spiccano solo i personaggi principali, ma anche i comprimari, tutti decisamente interessanti e con un ruolo ben definito all'interno della storia. Dal macchiettistico Colonnello Shadwell, interpretato dall'istrionico Michael McKean, all'Arcangelo Gabriele del grande John Hamm, qui più subdolo che mai, al Duca Infernale Hastur, ai Cavalieri dell'Apocalisse, allo stesso Anticrisro interpretato dal giovane e talentuoso Sam Taylor Buck. E non dimentichiamoci della voce narrante di Dio, che è della vincitrice di ben due Premi Oscar Frances McDormand, altro elemento che non può non far pensare alla Alanis Morrisette di Dogma, che interpretava proprio l'Onnipotente. Purtroppo la più grande delusione, sotto questo punto di vista, è la presenza di Benedict Cumberbatch nel ruolo di Satana, che era stata tanto esaltata nelle settimane precedenti all'uscita della serie: si tratta di un cameo interessante da un punto di vista visivo, ma in cui l'attore non ha modo di rivelare effettivamente la sua fugace presenza.
In Good Omens tutte le sottotrame finiscono con il convergere in quella principale, andando a rappresentare perfettamente il cosiddetto Piano Ineffabile, il progetto di Dio per l'Universo che nessuno può decifrare, nemmeno le creature celesti più vicine a lui. Ancora una volta Gaiman mostra la sua incredibile capacità di rielaborare la materia mitologica, giocandoci sapientemente e senza mai mancare di rispetto a chi effettivamente è credente, non senza però lanciare qualche stoccata intelligente al concetto di Fede.
La regia di ogni episodio è affidata a Douglas McKinnon, già regista della serie Sherlock, che qui ha saputo valorizzare i momenti più interessanti con una grande abilità, non solo tecnica. Alcune inquadrature infatti sono rese alla perfezione anche da un punto di vista puramente estetico, con una messa in scena molto azzeccata. Sono notevoli anche gli intermezzi grafici e animati, che di tanto in tanto irrompono nella narrazione, andando a spiegare le situazioni più improbabili.
Il ritmo frenetico e imprevedibile è senza dubbio l'elemento più apprezzabile dell'intera serie, ma nelle ultime due puntate diventa forse troppo accelerato e alcune soluzioni narrative sono congegnato in maniera frettolosa, per quanto questo non vada a inficiare la visione.
Il difetto più evidente, ma anche l'unico degno di nota, è il modo in cui l'assurda situazione che si è andata a creare viene conclusa. Per certi versi può essere considerato in parte soddisfacente, per altri il garbuglio narrativo viene sciolto in maniera un po' troppo veloce e con culmini di assurdità che risultano un po' azzardati anche nel quadro nonsense che permea tutte le puntate. Ma al di là di questo, a Good Omens si può recriminare ben poco.
Probabilmente, infatti, ci troviamo di fronte ad uno dei migliori prodotti seriali degli ultimi anni, creato con amore nei confronti dell'opera originale e popolato di personaggi narrativamente perfetti. Si spera però che la produzione capisca che una seconda stagione avrebbe poco senso, concludendo completamente la storia nell'ultima puntata. Insomma, per quanto stia avendo successo e il soldo facile dia una tentazione comprensibile, ci si augura che per una volta i produttori capiscano che esistono altre idee interessanti da sfruttare per creare altre serie.
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