Netflix si è ultimamente trovata al centro di una bufera di commenti da parte degli spettatori per via della cancellazione improvvisa di Sense8, una serie non popolarissima ma molto amata dai fan. Dopo settimane di hashtag e stalking sulle pagine social ufficiali, la situazione si è finalmente risolta con la produzione di un film conclusivo atto a chiudere la serie. Questo evento ha segnato una svolta per l'azienda di Los Gatos: il loro servizio di streaming segue le stesse dinamiche di mercato della televisione tradizionale, quindi se un prodotto non raggiunge il giusto numero di visualizzazioni, la sua produzione viene cancellata.
Il CEO Reed Hastings ha inoltre dichiarato recentemente che l'azienda punterà a produrre un maggior numero di Original Netflix sperimentali e a budget medio-basso per soddisfare ogni tipo di spettatore, che però saranno abbandonati senza troppi rimpianti se non dovessero ottenere il successo atteso, come del resto è già avvenuto con That Get Down e Girlboss. La serie di cui parliamo oggi, GLOW, è parte di questa nuova strategia: fortunatamente la qualità non delude e il responso del pubblico pare essere positivo, nonostante premesse iniziali non proprio entusiasmanti.
Creato dallo stesso team creativo di Orange is the New Black, attualmente lo show più amato (nonché più piratato!) della piattaforma, GLOW risulta essere l'acronimo di Gourgeous Ladies Of Wrestling, una reale federazione di wrestling femminile degli anni '80, la prima in assoluto ad aver avuto una copertura televisiva su scala nazionale. Lo show è il racconto (parecchio) romanzato della sua genesi e dei mille ostacoli che la piccola produzione incontrò per girare l'episodio pilota. Così come nel precedente lavoro, il cast è quasi interamente femminile: ad eccezione del regista e del produttore, i personaggi principali sono le quattordici donne che hanno creato la prima formazione del programma.
Il focus della narrazione è su Ruth (Alison Brie), un'attrice fallita e squattrinata che vede in GLOW la sua ultima chance per sfondare nel mondo dello show business. La situazione si complica quando la sua miglior amica Debbie (Betty Gilpin) scopre la sua tresca col marito, e il regista Sam Sylvia (Marc Maron) la vuole coinvolgere come star di punta dello show.
A prima vista questo GLOW sembra uno show senza pretese, un guilty pleasure come molti lo hanno definito. In realtà non potevano sbagliarsi di più, perché il wrestling si rivela essere la punta dell'iceberg dell'offerta, uno specchietto per le allodole per i più smaliziati, che presto rivela una storia più sfaccettata e profonda: quella delle donne che combattono contro gli stereotipi di genere nell'edonistica società statunitense di quel decennio. La protagonista Ruth, per esempio, è stanca di fare casting per parti da segretaria che comunque non otterrà perché non rispetta i canoni di bellezza; più in generale tutte le co-protagoniste vivono storie di soprusi e svilimento della loro persona. GLOW offre loro una opportunità e il momento di rivalsa tanto agognato, in cui possono riappropriarsi del proprio corpo e della propria vita.
L'unico personaggio maschile a spiccare è il regista. Il personaggio interpretato dal comico Marc Maron si presenta come il classico autore squattrinato e misogino ben rappresentativo di quel periodo, pronto ad affibbiare gli epiteti più sessisti alle sue attrici. Col passare delle puntate si comprende che il suo comportamento è una maschera abilmente costruita per nascondere le sue incertezze e i mille errori che si porta sulle spalle. Lega in particolar modo con Ruth perché ne apprezza la testardaggine e tenacia, al punto da esserle vicino durante la sua decisione più difficile. Quest'ultima scena, senza fare spoiler, risulta la più intensa della stagione e quella in cui possiamo apprezzare la bravura recitativa della sottovalutata Alison Brie nel gestire il pathos e il dramma di una donna che si vergogna delle sue scelte di vita.
Ovviamente la serie è condita visivamente dai tanti stereotipi degli anni '80: capelli cotonati, vestiti assurdi dai colori improponibili e tanti, ma davvero tanti glitter. La fotografia "schizzata" esalta pienamente l'aspetto di questo affascinante periodo dalle mille esagerazioni visive. La componente puramente fisica del wrestling è ben mostrata e spiega in maniera convincente e verosimile la costruzione dello show dietro lo sport, molto più complicata di quanto si pensi.
Grazie anche alla sua brevità e scorrevolezza - dieci puntate da mezz'ora ciascuna - la visione di GLOW non pesa affatto, anzi si rivela molto piacevole da seguire nel suo equilibrato mix di comedy e drama. In attesa del ritorno di serie più attese (Game of Thrones in primis) consigliamo di dare un'occhiata a questo particolarissimo esperimento di casa Netflix. Potreste rimanere piacevolmente sorpresi.