Gli Uomini della Settimana Vol. 1, recensione: la decostruzione ai tempi dei centri commerciali

Gli Uomini della Settimana Vol. 1 è il volume di apertura della nuova serie di Alessandro Bilotta e Sergio Ponchione edita da Panini Comics.

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a cura di Domenico Bottalico

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È Panini Comics a pubblicare Gli Uomini della Settimana Vol. 1, la nuova attesissima serie di Alessandro Bilotta (Mercurio Loi, Dylan Dog - Il Pianeta dei Morti) coadiuvato da Sergio Ponchione (Mercurio Loi) alle matite e Nicola Righi ai colori. Non è un caso che l'editore modenese e l'autore romano incrocino la loro strada per questa serie che parla di bizzarri supereroi, italiani e surreali, che trovano quindi spazio nel catalogo dell'editore popolato da tutte le icone del genere ma anche da qualche eccezione che condivide con l'incipit della serie più di un tratto in comune sia tematicamente che graficamente.

Gli Uomini della Settimana Vol. 1: supereroi con problemi comuni

Gli Uomini della Settimana Vol. 1 si apre con una sequenza in analessi. Facciamo la conoscenza di Aquila, supereroe italiano che, durante la Seconda Guerra Mondiale interviene per sventare il piano di una spia italiana al soldo dei Nazisti pronta a rivelare i segreti del misterioso Progetto Aquila. La narrazione si sposta nel presente, Mimo e L'Ispirazione sono due membri de Gli Uomini della Settimana ovvero un misterioso gruppo di sedicenti eroi che si divide fra vita pubblica e lotta al crimine. I due stanno comprando il regalo di compleanno per Aquila a cui tutto il gruppo è stato invitato.

Facciamo così la conoscenza di Puah!, eroe capace di affibbiare pois e buchi a qualsiasi cosa, impegnato in una lotta a distanza con la influencer Carolina Rotante; Da da da, eroina dal look gotico il cui potere è quello di cambiare le parole, vittima di uno attacco in un rinomato talk show e Alter, in grado di duplicarsi, che seguiamo mentre inaugura un centro commerciale. Gli Uomini della Settimana sono visti con curiosità e a volte sospetto perché i loro poteri sono bizzarri e soprattutto perché dicono di essere in perenne lotta contro L'invisibile, un nemico che solo loro possono percepire.

La condizione di supereroi ovviamente si ripercuote sulle loro vite private, mai troppo private o "normali", in cui nulla è quello che appare. Quando finalmente giunge il momento di recarsi alla festa per il compleanno di Aquila, dovranno fare fronte comune e affrontare un immane tragedia che potrebbe presto mettere in pericolo le loro stesse vite.

Gli Uomini della Settimana Vol. 1: "quello che non ti uccide ti rende più... strano"

Che Alessandro Bilotta stesse facendo ampi giri, come un uccello predatore, attorno al concetto di decostruzionismo era lapalissiano per tutti i suoi lettori. Ce n'erano state avvisaglie addirittura in Valter Buio (la bella maxi serie di 12 numeri edita da Star Comics ormai parecchi anni fa) traslate per osmosi inevitabilmente in Mercurio Loi, ma forse un po' frenate dall'ambientazione storica della serie, e ne Il Pianeta dei Morti, soprattutto nelle ultime due uscite, ed inequivocabilmente nella storia breve apparsa sulla rivista ufficiale edita dal Napoli Comicon per l'edizione del 2019 in coppia con il geniale Spugna ai disegni.

Gli Uomini della Settimana Vol. 1 è evidentemente l'inizio di un percorso che, come nella tradizione dell'autore, è estremamente complesso e variegato ed abbraccia numerosi aspetti della narrazione a fumetti occidentale con un linguaggio che non vuole essere facilmente accessibile preferendo invece forme rarefatte fra citazioni più o meno rintracciabili e un continuo mettere in discussione l'identità (nel senso più ampio del termine) di protagonisti e situazioni.

È la sequenza in analessi che apre il volume a dettare, tematicamente, il ritmo del volume. Aquila, il primo supereroe italiano, sventa il piano di una spia italiana pronta a vendere i segreti del Progetto Aquila ad un ufficiale tedesco che parla bene l'italiano ma si è mascherato da Hitler. Nulla è come sembra nel mondo de Gli Uomini della Settimana: ciò che è non è quello che sembra. Dai poteri fino ai nomi dei personaggi, anche e soprattutto di quelli secondari, alle crisi (più o meno personali) affrontate prima di giungere al murder mystery che fa da cliffhanger a questo primo volume, la parola d'ordine è dissacrare e demistificare (come d'altronde esordisce l'eroe Puah! ad inizio volume).

È in questo senso che Bilotta metabolizza e fa usa la formula del decostruzionismo britannico. L'inizio de Gli Uomini della Settimana è un tributo nevrotico al Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons ed un omaggio più intimista alla Doom Patrol di Grant Morrison. Così come fatto, in maniera parallelamente diversa, in queste due seminali opere del fumetto americano, Bilotta cerca di svuotare di senso e significato maschere e personaggi.

Nel suo mirino vi è tanto il concetto di supereroismo, così come si è codificato a partire dalla fine degli anni '70 e privato di quella ingenuità primeva, quanto il concetto di immagine e soprattutto di società dell'immagine, così come teorizzata dal sociologo Guy Debord. Supereroi che generano buchi (alla faccia delle tripofobia intesa come mancanza atavica e perpetua di qualcosa) attaccano apertamente e platealmente una influencer (che in realtà non esiste) o che, invitati nei talk show, devono fare i conti contro il loro stesso potere ovvero quello di manipolare le parole, scontro reso fisicamente e magnificamente rompendo la quarta parete e mescolando le lettere nei balloon in una operazione che renderebbe fiero anche Andrea Pazienza.

La tensione è costante e sempre mantenuta sottotraccia. Gli Uomini della Settimana sono davvero supereroi o semplici uomini di spettacolo, ciarlatani, fenomeni da baraccone? D'altronde dicono di combattere contro la loro nemesi, l'Invisibile il cui nome dice già tutto e fra loro ci sono Mimo, capace di camuffarsi, e L'ispirazione, capace di trasferire le sue emozioni a chi la circonda. Di certo gli Uomini della Settimana nascondono paure ed incertezze che si concretizzano in una freudiana componente sessuale ora più trasgressiva e giocosa (ancora Puah! e Maggiordama e il tema della maschera/travestimento come pratica sessuale) ora segnata da insicurezze e inappagamento (Da da da e Alter).

È chiaro quindi che non poteva essere altro che un murder mystery il filo conduttore delle varie sotto trame che, intrecciandosi, si dipanano ora in maniera surreale ora in maniera più tragicamente intimista mentre sullo sfondo tutto è spettacolarizzato ed idealizzato: dalle gesta degli eroi che diventano pièce concettuali di artisti di strada fino a omicidi/funerali che diventano vernissage per una vita che imita l'arte che imita la vita in un circolo vizioso e apparentemente privo di qualsivoglia limitazione.

E se tutto fosse proprio una grande messinscena? e se L'invisibile fosse semplicemente un altro nome del sentir comune? e se l'opera di demistificazione de Gli Uomini della Settimana nascondesse un obbiettivo ancora più radicale? Solo il prossimi volumi della serie potranno svelarci questi ed altri quesiti, sperando in una serializzazione semi-regolare e una lettura altrettanto avvincente come lo è stata quella del primo volume.

In definitiva Alessandro Bilotta costruisce con Gli Uomini della Settimana Vol. 1 l'inizio di una complessa e surreale storia di detection che paga dazio idealmente nel plot a Watchmen mentre, come nella Doom Patrol di Morrison, vuole scavare nella psiche e nell'animo di questi bizzarri personaggi mostrando come i loro vuoti siano in realtà i vuoti di tutti, soprattutto di coloro che hanno un modo di sentire la realtà diverso dalla massa.

Gli Uomini della Settimana Vol. 1: surrealismo e pop art

L'esperto Sergio Ponchione interpreta graficamente alla perfezione la meta-testualità di cui è intrisa la sceneggiatura di Bilotta ispirandosi tanto allo stile spigoloso di Richard Case quanto a quello piatto e volutamente estroso di Mike Allred. Mera ispirazione perché in realtà Ponchione non fa altro che rendere leggermente più pop il suo stile spingendo sulla componente surreale da del design de Gli Uomini della Settimana e grazie ad un complesso gioco di rimandi fra espressività, prossemica ed inquadrature.

Le figure sono modellate su linee lunghe e spezzate, sempre in bilico fra un realismo e una stilizzazione atta ad esaltarne le caratteristiche principali, le chine sono spesse e "grezze" il che dona una certa robustezza complessiva alle tavole in un gioco di neri profondi che scavano per lasciar posto poi all'opera del colorista Nicola Righi che a sua volta spinge con la componente pop giocando su contrasti cromatici spesso esagerati, sovvertendo i canoni (il rosa preponderante prima e durante il vernissage) e "sospendendo" gli sfondi che diventa luoghi immateriali spesso monocromatici. Le campiture sono ampie ed i colori diventano ideali pantoni dove le sfumature sono tutte giocate su un lavoro di luci mai invadente.

Tornando a Ponchione invece, oltre ai rimandi ai già citati Case e Allred, vi è anche un evidente rimando al Magnus più caricaturale del primissimo Alan Ford. Le espressioni dei personaggi infatti sono "esagerate" e sornione sia quando le emozioni sono positive che quando sono negative. Questo permette al disegnatore di costruire le tavole con una chiara impostazione che si rifà ai comic book americani (massimo 5/6 riquadri per tavola contrassegnate da una buona alternanza fra orizzontalità e verticalità) in cui l'alternanza della inquadrature (primi piani, medi, lunghi e anche voli d'uccello) costituiscono il fulcro del lavoro dal punto di vista grafico.

Espressività e prossemica diventano quindi fondamentali per rendere concreti i rimandi fra i protagonisti ma la loro totale "eccezionalità" sullo sfondo di un mondo esterno che li guarda con ammirata diffidenza.

Il volume

Panini Comics confeziona un volume cartonato con la sua caratteristica copertina soft touch dalle dimensioni comic book standard, 17x26 cm. Il volume non presenta extra ne alcun tipo di apparato redazionale. Buona la resa grafica con l'uso di una carta spessa e patinata ma non eccessivamente lucida che esalta sia il tratto di Ponchione che i colori di Righi.

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