Tra le tantissime dicerie che si inerpicano attorno alla figura di Walt Disney, come ad esempio che fosse un filo-nazista o che avesse abbracciato la massoneria fino ad aver inserito numerosi messaggi subliminali nei suoi film volti a esaltare un suo velato razzismo, ne troviamo una che è sicuramente la più facile da smentire: l’odio nei confronti dei gatti. Si è detto, per tantissimi anni, che Walter fosse totalmente intollerante nei confronti dei felini, eppure la presenza di personaggi come Figaro in Pinocchio e Lucifero in Cenerentola tenderebbero a smentire questa diceria, oltre al fatto che nel 1955, Disney avallò l’invasione di un gran numero di gatti nel suo Disneyland, accogliendoli come se fossero dei visitatori. Tale voce per molti sarebbe avallata dal fatto che gli Studios furono costretti ad attendere la morte di Walt Disney per poter mandare in produzione un film interamente dedicato ai gatti, senza tener conto che, in realtà, la supervisione e l’approvazione di quel film arrivò alcuni anni prima di quella malattia fatale per Walter. Oggi facciamo un salto fino a Parigi, passando per Roma e per il mejo der Colosseo: facciamo visita agli Aristogatti.
L'epoca delle produzioni televisive
Il 9 dicembre del 1961, cinque anni prima della sua morte, Walt Disney ebbe un incontro con Harry Tytle e Tom McGowan: il primo, che negli anni sarebbe diventato il rappresentante di Disney per le produzioni europee, nel 1955 era diventato il production manager dei cartoni animati, occupandosi di quei segmenti che ancora producevano cortometraggi pensati per la distribuzione televisiva, il secondo invece, si stava occupando di alcune serie in live-action ambientate a Disneyland, con protagonista Walt Disney.
Non erano, per dirla in maniera molto spicciola, i due cavalli da battaglia degli Studios, ma il loro compito era realizzare delle storie con protagonisti degli animali per il programma televisivo Wonderful World of Color, serie che aveva debuttato a settembre del 1961 e prodotta dalla NBC. Si trattava di una sorta di documentario nel quale si spiegavano le meraviglie della scienza, utilizzando un personaggio completamente nuovo: Pico De Paperis, nato appositamente per la televisione. Altra storia, questa.
All’inizio del 1962, Tom McGowan porta all’attenzione di Walt Disney un libro per bambini, la cui storia racconta la vita di una gatta con i suoi gattini in pieno New York. L’esperienza avuta con La carica dei 101, ambientato a Londra, aveva raccontato agli Studios di Burbank che le location europee avevano un maggiore appeal in America e quindi si pensò che l’ideale sarebbe stato collocare quei gatti a Parigi. La storyline prevedeva la presenza di due domestici, un maggiordomo e una cameriera, pronti ad accettare l’eredità di una eccentrica aristocratica francese, dopo aver però ucciso i gatti domestici: l’intera storia si concentrava, insomma, sui tentativi molto scialbi e spesso ridicoli della coppia di uccidere i felini.
Per dare vita al maggiordomo, si pensò di affidare il personaggio a William Pratt, passato alla storia come Boris, volto all’epoca riconosciuto per aver recitato nei panni del mostro di Frankenstein dal 1930 al 1940. Pochi mesi più tardi, nel maggio del 1962, mentre McGowan era impegnato a Firenze per le riprese di Escapade in Florence, mini-serie in due episodi per la televisione ambientata in Italia, Tom Rowe, uno scrittore americano che da anni si era trasferito a Parigi, finisce di preparare la storia, che nel mese di agosto arriva a Burbank.
Le riscritture ordinate da Disney
La storia visse un periodo di totale incertezza, come accadeva spesso negli studi di Disney, tant’è che inizialmente la proposta di Rowe venne rifiutata completamente. Walter in qualche modo andò a correggere alcuni aspetti, chiedendo dei tagli e ottenendo delle modifiche, che nel febbraio del 1963 finalmente furono ultimate. Tra l’insoddisfazione di Rowe, che si vide cambiata la storia che aveva scritto, e le spinte da parte di Tytle per far sì che la vicenda con i gatti diventasse un film animato, nell’estate del 1963 Disney decise di posticipare il progetto, avendo gran parte dei suoi dipendenti impegnati nella realizzazione de Il libro della giungla.
Allo stesso tempo, le pressioni di Tytle sul rendere il film un Classico portarono il regista a doversi spostare in maniera totale sui progetti live-action, venendo sostituito da Winston Hibler, che aveva già lavorato alla sceneggiatura di Cenerentola, Alice nel Paese delle Meraviglie, Peter Pan e La Bella Addormentata nel Bosco. Erano anni complessi per Walt Disney, d’altronde, e aveva bisogno di concentrare le forze dei suoi uomini nei posti giusti: fu questa la più grande sfida dei suoi ultimi, splendidi, anni di vita, perché mentre era profondamente concentrato su Disneyland e sulla realizzazione anche di quello che sarebbe poi stato Disneyworld, che non riuscì a inaugurare lasciando l’incombenza al fratello Roy cinque anni dopo la sua morte, gli Studios dovevano andare avanti.
Nel 1966, l’anno in cui Walt Disney avrebbe trascorso il suo sessantacinquesimo compleanno in ospedale, quello nel quale dieci giorni più tardi sarebbe poi morto, Walter decise di assegnare il progetto de Gli Aristogatti a Ken Anderson: quest'ultimo veniva da un percorso importante e quello che gli chiedeva Disney in quel momento era decidere quale sarebbe stata la natura finale della storia dei gatti a Parigi. Anderson, affiancato da Wolfgang Reitherman, che si preparava a raccogliere le redini dell’eredità di Walt, decise di realizzare una versione più leggiadra della storia e maggiormente focalizzata sui gatti, che, secondo lui, avrebbero avuto molto più appeal. Disney riuscì ad approvarlo poco prima di morire, confermando l’intuizione di Anderson e specificando che come cartone animato, come d’altronde aveva già suggerito Tytle, avrebbe reso molto di più di un film in live-action.
Il cast degli Aristogatti
Una volta terminato Il Libro della Giungla, tutti gli animatori iniziarono a concentrarsi su Gli Aristogatti: Hibler venne sostituito definitivamente da Reitherman, che divenne il nuovo Walt Disney, almeno dal punto di vista produttivo, e la storia divenne molto più da commedia, sulla falsa riga de La carica dei 101, abbandonano ciò che Disney aveva inizialmente suggerito, ossia di creare molta più emozione attorno al personaggio di Duchessa e la sua ossessione per esaltare i talenti dei propri gattini, che infatti li dimostrano soltanto nelle prime scene, con Matisse che dipinge, Bizet che suona e Minù che canta. Inoltre, venne completamente cancellato il personaggio di Elmira, la cameriera, con Edgar, il maggiordomo, che guadagnò il titolo di unico vero antagonista della vicenda, così da snellire ancora di più la trama.
Poco prima di morire, Walt Disney aveva chiesto a Phil Harris di vestire i panni di Abraham Delacy Giuseppe Casey Thomas O’Malley, il gatto che noi nella versione italiana conosciamo come Romeo, in originale un felino irlandese dall’accento anglosassone molto marcato. Harris aveva già prestato la voce per Baloo, quindi per sembrare diverso Reitherman gli chiese di essere molto più vicino a Clark Gable, il re di Hollywood, così da creare un personaggio molto ammiccante e sicuro di sé, meno arruffone di Ballo. A dare vita a Scat Cat venne chiamato Louis Armstrong, che nel caso in cui ve lo foste domandando, sì, era proprio quell’Armstrong: non a caso Scat Cat era un grande musicista jazz. Il re del jazz, però, dovette rifiutare il progetto per problemi di salute, il che spinse Reitherman ad affidarsi a Scatman Crothers, al quale venne dato l’obbligo di imitare il più possibile Armstrong.
Anderson spese 18 mesi per sviluppare i personaggi, con un colpo di coda finale che gli venne chiesto dai vari animatori, ossia di aggiungere più spazio per Napoleone e Lafayette, creando un nuovo segmento narrativo che spingesse Edgar ad andare a recuperare il suo ombrello e il suo cappello dal due cani.
La fine di un'era
Gli Aristogatti fu l’ultimo film sul quale lavorarono i fratelli Sherman, che dopo la morte di Disney iniziarono a sentirsi frustrati dall’assenza di un mentore al quale, soprattutto Richard, era profondamente affezionato. Sarebbero tornati qualche anno più avanti al lavoro sul film di Tigro, ma lasciarono in sospeso la lavorazione della colonna sonora di Pomi d’ottone e manici di scopa: molte delle loro melodie vennero cancellate, per scelta di Reitherman, che alla fine decise di di affidarsi a Maurice Chevalier, al quale venne chiesto di dimenticarsi per un momento della pensione per poter andare a cantare la canzone principale del cartone, per intenderci quella iniziale in francese.
Per Scat Cat venne scartata la proposta dei fratelli Sherman in favore di quella “Tutti quanti vogliono far jazz” che conosciamo, composta da Floyd Huddleston, che avrebbe poi lavorato su Robin Hood ottenendo anche una nomination all’Oscar insieme con George Bruns. Proprio quest’ultimo si preoccupò di tutti gli altri arrangiamenti, forte del suo background di musicista jazz. Infine Terry Gilkyson, che aveva già lavorato al testo de Lo stretto indispensabile de Il Libro della Giungla, si preoccupò di riscrivere la canzone che i fratelli Sherman avevano preparato per Thomas O’Malley, realizzando lo swing di Romeo che oggi tutti quanti noi conosciamo e che in italiano è cantata da Renzo Montagnani, piemontese di nascita, toscano di adozione, che romanizzò Romeo, anni dopo aver dato vita a Guido Necchi in Amici Miei.
Gli Aristogatti arrivò al cinema nel dicembre del 1970, quattro anni dopo la morte di Walt Disney, debuttando con un incasso di 10 milioni di dollari negli Stati Uniti e in Canada. In Francia, all’epoca, fu il diciottesimo più grande incasso di sempre. Alla fine del suo percorso, all’inizio del 1971, aveva incassato 28 milioni di dollari e ne era costato appena 4. Tra le numerose riedizioni e ripubblicazioni, arrivò a un incasso totale di 191 milioni di dollari.
Fu un successo di critica, soprattutto perché al lavoro di caratterizzazione fatto con Romeo: si notò un impoverimento della colonna sonora, che negli anni aveva saputo conquistare molti più consensi, ma per la capacità di mettere insieme la commedia, la musica e la trama, che non passa mai in secondo piano alle vicende segmentate e comiche, Gli Aristogatti all’epoca non ebbe rivali. A oggi si può dire che non siamo dinanzi a un film memorabile, il pathos vissuto da Duchessa e i suoi gattini non ci appartiene e non ci attanaglia il cuore, ma la personalità di Romeo, i suoi tempi comici, i suoi modi di apostrofare anche i comprimari, rappresentano un plus di innegabile qualità, che ha portato quel gatto romanaccio nell’Olimpo dei personaggi della Walt Disney.
Gli Aristogatti è uno dei pochissimi cartoni animati della storia della Walt Disney a basarsi su una storia originale. Fu il primo cartone ad avere dei gatti come protagonisti e fu, oltre a Bianca e Bernie, l’ultimo progetto al quale Walter Elias Disney diede il suo assenso.
Wolfgang Reitherman, in un’intervista a Bob Thomas del 9 dicembre 1970, dichiarò:
“Durante la produzione, Walt seguiva quello che stavamo facendo. Ci permetteva di andare avanti, senza dirci se eravamo sulla giusta strada o meno. Ci aveva dato un voto di fiducia, quello che ci serviva per andare avanti. Ora dobbiamo solo accontentarci del feedback che arriva dallo schermo. È lui a dirci se siamo sulla giusta strada, non più Walt”.
Walter Elias Disney morì il 15 dicembre 1966, in un ospedale di Burbank: l’ultimo Classico che vide fu La Spada nella Roccia, nel 1963.
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