Glass Onion - Knives Out, recensione: distruggere le fondamenta dall'interno

Rian Johnson torna sugli schermi con Glass Onion - Knives Out, un film che impara dal suo passato per stravolgere il presente, di nuovo.

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a cura di Nicholas Massa

Approda su Netflix Glass Onion - Knives Out che si prefigge l’obiettivo di portare “avanti” quella che potrebbe tranquillamente diventare una nuova serie di film piuttosto longeva, servendosi del successo raggiunto precedentemente da Cena con delitto - Knives Out del 2019. Così a distanza di due anni ci ritroviamo invischiati in un nuovo caso seguendo le orme dell’ormai celebre Benoit Blanc di Daniel Craig. La struttura si trasforma nuovamente rispetto al passato, anche se il genere del murder mistery viene ancora sfruttato per indagare nelle pieghe dell’animo umano, cercando di spogliarlo da tutti gli orpelli del caso.

Il paragone con le storie di Agatha Christie è pressapoco inevitabile, come anche lo stile generale di certi sviluppi e la caratterizzazione dei “modelli umani” in gioco. A questo, però, dobbiamo aggiungere la scrittura brillante del suo regista, Rian Johnson, coadiuvata da un linguaggio formale che sfrutta l’estetica e le immagini per definire, modellare e rigenerare le dinamiche più classiche dei gialli di maniera. Glass Onion - Knives Out è come una scultura di cristallo perfettamente levigata attraverso cui si riflettono una serie di ombre distorte che danzano continuamente parlando di se stesse.

Glass Onion - Knives Out: tutto si apre con un mistero

L’assetto temporale di Glass Onion - Knives Out è più chiaro che mai ed estremamente vicino ai suoi spettatori. Siamo in un periodo delicato per la storia umana: il virus del covid si è diffuso in tutto il mondo, e le conseguenze si riversano direttamente sui protagonisti al centro della pellicola. La monotonia obbligata di una vita distanziata dal prossimo, però, sta per essere totalmente stravolta da un invito per un weekend “di follie e giochi”.

Miles Bron (Edward Norton), un ricco magnate americano che ha sfondato grazie a una compagnia spuntata anni prima dal nulla, ha deciso di invitare le persone a lui più care sulla sua caraibica isola estremamente tecnologica e avanguardista. Ognuno degli ospiti è legato a Miles tramite la propria vita e lavoro. Si conoscono da moltissimi anni e nel tempo hanno avuto tutti un certo successo soprattutto grazie al suo supporto (in termini di potere e denaro). Non sarebbe sbagliato quindi dire che Birdie (Kate Hudson), Claire (Kathryn Hahn), Lionel (Leslie Odom Jr.), Duke (Dave Bautista) e la sua ex socia interpretata da Janelle Monàe, dipendono tutti da lui, in un certo senso.

I soldi di Miles sembrano infiniti come anche le sue idee. Definito dal mondo un “genio complesso e tormentato”, l'idea è quella di ricongiungersi fra amici per un gioco di ruolo in cui devono risolvere il mistero del suo omicidio. Partendo da tutto ciò Glass Onion - Knives Out intesse una narrazione che va ben oltre il genere di appartenenza, giocando moltissimo sia coi suoi personaggi che con tutte le apparenze del caso. Non il classico giallo ma una storia che si connette specificamente all’avidità dell’essere umano, mostrandone i limiti e la stupidità.

Strati su strati

Glass Onion - Knives Out non è affatto un titolo casuale. La parola “glass onion” (cipolla di cristallo) non si rifà solamente all’ambientazione principale, a questa enorme isola piena di confort al cui centro svetta una struttura di vetro che ricorda la forma del vegetale, ma alla storia stessa centrale nella pellicola. Nel passato dei vari protagonisti si ritrovano alcune riflessioni centrali sulla realtà del loro presente, un presente che dev’essere “sbucciato” strato per strato a meno di non soffermarsi alle maschere continuamente indossate da ognuno di loro.

Andando oltre le metafore più palesi e di facile lettura, il film sfrutta le possibilità del suo genere per sovvertire continuamente i canoni più stereotipati e riconoscibili del giallo. C’è un omicidio? Non c’è? Ci sarà? È centrale nella comprensione di una trama ben scritta? Scavalcando tutte le domande di circostanza ci ritroviamo tra le mani una storia dalle tinte inaspettate, delineate da una visione formale che si centralizza non tanto sul contesto intorno, quanto sul passato e il presente delle “marionette” danzanti su questo palcoscenico dorato. Dev’esserci per forza un caso da risolvere e una sua risoluzione positiva?

Crescere e cambiare

Nello scrivere e girare Glass Onion - Knives Out si legge, chiaramente, tutta l’intenzione del suo regista di andare avanti, senza cercare mai di ripetere il passato successo raggiunto con il film precedente. In questo Glass Onion risulta vincente, anche perché proprio dal personaggio di Benoit Blanc si evince una certa maturazione generale proprio in termini di caratterizzazione specifica. Impossibile non pensare all’Hercule Poirot di Agata Christie, dal quale ha sicuramente tratto alcune delle sue caratteristiche, ma anche allo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, nel suo essere imprevedibile e a tratti eccentrico.

È bene, però, precisare che pur partendo da basi letterarie evidenti, sia questo protagonista che le sue storie tendono a giocare con il proprio materiale di appartenenza in una narrazione sempre leggera e piuttosto dissacrante, per certi versi. Vicino a Daniel Craig, inoltre, troviamo un cast di tutto rispetto e perfettamente in parte, con personaggi comprensibili fin dai primissimi istanti… o almeno così sembra.

In questo Johnson è interessante, nel modo in cui delinea gli elementi umani tutti intorno, facendoli combaciare con svolte anche originali. Lo abbiamo visto nel film precedente, e qui quest’abilità torna rafforzata. Il nocciolo della questione, con Glass Onion - Knives Out, non è tanto il mistero e la voglia di risolverlo senza lasciare nessun punto interrogativo, quanto il cercare di aprire gli occhi davanti a qualcosa di evidente, pronto a sgretolare gli elementi più caratteristici del caso. E mentre ci aggrappiamo disperatamente ai modelli che i capolavori del cinema e della letteratura ci hanno trasmesso nei secoli, questo regista li sfrutta per raccontare qualcosa di fuggevole dall’inizio alla fine.

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