Forrest Gump, 28 anni di racconti su una panchina

Il 6 luglio 1994 usciva negli USA il film Forrest Gump. Lo ricordiamo per festeggiare i suoi 28 anni di cult su Cultura Pop!

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a cura di Francesca Sirtori

Il 6 luglio 1994 usciva nelle sale americane Forrest Gump. Oltre due ore e venti di film, nel 1994, pareggiavano quasi i veri e propri kolossal delle prime produzioni della Hollywood nei suoi primi anni ruggenti, una durata che veniva subito dopo film come Via col vento, Ben Hur e poco altro. E ancora non era uscito quella devastante pietra miliare del cinema che Titanic costituisce ancora oggi. Robert Zemeckis invece, famoso per i suoi exploit creativi, non si è tirato indietro nemmeno quella volta, di quando aveva deciso di portare sullo schermo i buoni sentimenti, ma anche una scintilla di rivalsa e di lotta che fanno sempre uscire dalla sala di un cinema sentendosi migliori e arricchiti.

A 26 anni di distanza però, possiamo solo limitarci a spegnere lo schermo dopo la visione su Netflix o Prime Video di questo capolavoro cult che il 3 luglio del 1994 arrivava nelle sale cinematografiche americane , e nella cultura pop sui social tra meme e citazioni, con un protagonista unico e indimenticabile di un solo film, per via di un sequel scampato. Di chi stiamo parlando? Hello. My name's Forrest. Forrest Gump.

Per i fan di Robert Zemeckis, ricordiamo il nostro approfondimento su un altro cult cinematografico, Chi ha incastrato Roger Rabbit.

Se Dio ci avesse voluti tutti uguali

Inizia proprio con quella piuma che volteggia nel cupo cielo cittadino, ricordando l'introduzione e il refrain che permea la trama di Final Fantasy VIII o che ha poteri magici per Dumbo, accompagnata da una delle colonne sonore di sottofondo più riprese da Maria De Filippi quando a C'è posta per te stanno per entrare in studio coreografie realizzate da piccoli figuranti e pacchi di Kleenex.

Qui però, la magia della piuma si compie poggiandosi tra le sneakers sporche di fango di Forrest, unendo in una sola inquadratura due simbologie importanti nel film. Le scarpe, importanti fin dal primo paio che il medico ha preparato per lui e aiutarlo a camminare (non senza fatica). La piuma, che rappresenta quella volatilità e imprevedibilità della vita, un simbolo candido e leggero, inerme e che possiamo legare a una pacifica colomba. Tutte qualità correlate al protagonista.

La storia di Forrest Gump porta sullo schermo un "caso delicato", di quelli che il perbenismo talvolta fittizio induce a rispettare in un silenzio carico di pietà e superiorità a non guardare dritto negli occhi, ma che Zemeckis porta con orgoglio sullo schermo. Lo stesso orgoglio della signora Gump, la mamma di Forrest, interpretata da una dolcissima madre televisiva che nello stesso periodo sarebbe diventata la (quasi ex) moglie di Robin Williams in Mrs Doubtfire: Sally Field.

Il figlio Forrest è affetto da gravi problemi fisici di postura, costringendolo a portare delle protesi ortopediche alle gambe, senza tralasciare un ritardo mentale che lo rende non solo meno "intelligente" rispetto alla media, ma anche e soprattutto diverso. Diverso perché ha una sensibilità maggiore, parla con estranei senza filtri, ma non per questo dicendo scurrilità o volgarità. A dimostrazione che il concetto di "diversità" non deve avere ragione di portarsi sulle spalle uno stigma costante, prevenuto e infondato.

Per tutte queste ragioni, la madre lo cresce ricordandogli che non dovrà mai permettere agli altri di sentirsi superiori e di diventare vittima del bullismo che inevitabilmente incontriamo sulla strada della vita.

Mia mamma diceva sempre che la vita è come una scatola di cioccolatini. Non sai mai cosa ci trovi dentro.

Ma la madre di Forrest diceva molte altre cose, tra cui "si capiscono molte cose di una persona in base alle scarpe che indossa". E quante scarpe che ha indossato Forrest. Mai importanti come le prime. La signora Gump ha un enorme compito da svolgere: difenderlo dalla paure e dalle ipocondrie, per dirla con Battiato, a fronte di una società che non alza un dito per aiutarla quando il ragazzino si impiglia nelle grate di scarico di un marciapiede.

Dev'essere dura, essere un re

Le citazioni culturali e storiche, i contesti, i soprusi. Tutta la vita reale entra nella finzione hollywoodiana senza alcuna censura, o quasi. E' giusto che la madre di Forrest scenda a compromessi vendendo se stessa al preside della migliore scuola per consentire al figlio di entrarvi? O che Elvis "The Pelvis" abbia imitato il ballo goffo e sbilenco di Forrest suscitando la facile ilarità del pubblico ludibrio? No. E non è retorica: mettetevi nei loro panni e prendetevi qualche minuto di riflessione.

A Pride Month concluso, è bene seguire la coda lunga di questa ricorrenza per ricordare che la diversità non è solo un tema legato all'orientamento sessuale, ma coinvolge molte altre sfere della vita quotidiana. Se Dio ci avesse voluti tutti uguali, ci avrebbe fatti tutti con supporti ortopedici. E invece no, è stato squarciato il velo dell'omologazione per ricordarci che a fronte di caratteristiche uniche, siamo tutti banalmente, semplicemente, umani.

Ma stupido è, chi lo stupido fa; da che parte sceglierete di stare, d'ora in poi? Dal canto suo, Forrest ha scelto la strada della guerra e del ping-pong, del tentativo reiterato, uno dopo l'altro, di salvare tutte le persone che gli sono state care, portando avanti la sua battaglia personale con onore e con costanza.

Dietro le quinte

Sappiamo tutto però del "dietro le quinte" di questo film, tratto dall'omonimo romanzo originale del 1986 scritto da Winston Groom? Che storia sarebbe stata senza Tom Hanks? Esatto, perché non è stata la primissima scelta per il ruolo di Forrest: prima Bill Murray, poi John Travolta, entrambi si rifiutarono di abbracciare la regia di Zemeckis, "tradendo" questo set per quello di Pulp Fiction di Quentin Tarantino, nel caso di Travolta. D'altro canto, anche Tom Hanks ha rifiutato un ruolo per accettare quello offerto da Zemeckis, ossia quello del personaggio principale in Le ali della libertà.

All'epoca non ancora famosissimo, Tom Hanks usciva da poco tempo dal set di Philadelphia, un altro film per lui fortunato in quanto a Premi Oscar. Dimostrandosi fin da allora una persona "umile" e forse anche in virtù della sua notorietà ridotta, l'attore non percepì un vero e proprio compenso per Forrest Gump: decise di chiedere soltanto una percentuale sugli incassi, guadagnando comunque una cospicua somma attestatasi intorno ai 40 milioni di dollari.

Dopo la scelta del cast, un'altra curiosità interessante riguarda l'uso in fase di ripresa e post produzione della tecnica CGI (computer-generated imagery) che ci balza all'occhio in particolare in alcune scene, come quella dell'incontro con i diversi presidenti e altri personaggi già scomparsi all'epoca delle riprese (del resto, sarebbe stato abbastanza inusuale in ogni caso vedere un politico entrare in un set). Proprio questa novità ha concesso a Forrest di avere a che fare con queste celebrità e presidenti ormai defunti, oltre a poter stringere loro la mano. Un escamotage che ha fatto guadagnare uno dei Premi Oscar al palmares di Zemeckis per la regia.

Storia americana e di vite straordinarie

Il film dura poco più di due ore, ma il suo fantasma si protrae nella mente e nel cuore degli spettatori per tutta la vita, riesumando le innumerevoli citazioni e insegnamenti preziosi. Forrest è quel ragazzo che, man mano che cresce, viene parzialmente plasmato dagli eventi. Non riesce a non sentire la mancanza della mamma e di Jenny mentre è in guerra, non riesce a dimenticare quella ragazza che è cresciuta con lui fin dal tempo dei banchi di scuola, non riesce a trattenere le emozioni e a dire apertamente che la ama e che sa cos'è l'amore.

Una vicenda intensa e drammatica, dopotutto, che può a ben vedere essere considerata come un excursus alternativo e originale della storia degli anni Sessanta e Settanta di un'America che stava attraversando tanti momenti difficili e particolari, a partire dal seggio presidenziale. Dal Vietnam alle cospirazioni dei Black Panther, fino ai raduni à la Woodstock, il passo è breve. It's easy if you try, come direbbe John Lennon, non a caso inserito anche lui in un momento del film.

Forrest Gump è la finestra aperta e trasparente sulle vicissitudini americane più importanti dell'epoca, vissute come un viaggio nel tempo sensazionale e costellato di riflessioni, citazioni da fare proprie e riscoprire come un breviario nelle nostre diverse fasi della vita. Una finestra che vede scorrere di qua e di là dal vetro eventi, persone, esistenze spesso così diverse, disinibite, dilaniate e lacerate dalla vita e dai vizi. Così diverse da quella purezza cristallina di Forrest.

Per cui recuperate quella scatola di Kleenex e mettetevi di fronte allo schermo. O meglio, sulla panchina di Forrest. C'è qualcosa che vale la pena di riscoprire e rivedere. Mai anacronistico, sempre naif e intelligentemente leggero. Corri, Forrest. Corri.

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