Folklords, recensione: tra D&D e i Fratelli Grimm

Folklords è scritto da Matt Kindt (pluripremiato agli Eisner) richiamando le atmosfere delle fiabe dei Fratelli Grimm... ma non solo!

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Ansel è fuori dal suo mondo. Non lo è in senso letterale, ma quasi metanarrativo. È un personaggio che sente di non essere nella storia giusta e che, a dispetto del villaggio di villici in cui è nato e cresciuto, sembra provenire direttamente dal nostro mondo, da cui ha estrapolato il suo abbigliamento in giacca e cravatta, giudicato strambo e inadatto da chiunque lo guardi. È una anomalia, ed è la pre-premessa di Folklords, uno degli ultimi volumi che Edizioni BD ha portato nel nostro paese attingendo dal ricchissimo (e sempre più interessante) campionario di prodotti a marchio Boom! Studios, il cui “boom” (perdonate il triste gioco di parole) ha inondato gli scaffali degli amanti dei fumetti con tanti ottimi prodotti, molti dei quali quasi inattesi se si pensa a produzioni come quella relativa alla serie dei Power Rangers, che tanti consensi ha ottenuto anche al di fuori del circolo di fan dello show televisivo Saban.

Sceneggiato da Matt Kindt, con i meravigliosi disegni di Matt Smith ed i colori di Chris O'Halloran, Folklords, il cui volume italiano racchiude, in realtà i 5 numeri di una serie che pare destinata a proseguire, parte dalle premesse tipiche di un qualsiasi racconto di formazione per poi divertirsi a variare sul tema, proponendosi talvolta come una sorta di diario di viaggio di una qualsiasi campagna di Dungeons & Dragons, altre volte come un vero e proprio metaracconto, in cui un narratore esterno e onnisciente si diverte tanto alle spese dei personaggi quanto del lettore, il tutto shakerando per bene alcuni canoni tipici del racconto fiabesco e, in particolare, di quello "Grimmiano", dove fantastico e mostruoso si mescolano talvolta con innocente ingenuità.

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Si tratta di un mix che, almeno sulla carta, parrebbe esplosivo e che, in effetti, riesce spesso a galvanizzare il lettore, complice un buon ritmo, ma anche delle tavole dallo stile colorato e godurioso, in cui si mescolano quelli stilemi che Smith ha evidentemente ereditato dal suo lavoro con Mignola, a partire dalle creature magiche, quasi tutte rigorosamente senza pupille, come la tradizione di Hellboy richiede a gran voce.

Il viaggio di Ansel

La storia, come detto, è quella di Ansel, un ragazzo alle soglie di un rito di iniziazione che, come da tradizione per il suo villaggio, dovrà scegliere di imbarcarsi volutamente in una cerca, una vera e propria quest di "Gygaxiana memoria", che il ragazzo, come i suoi coetanei, potranno liberamente scegliere. A vegliare sul villaggio e sull'ordine stabilito, la Gilda dei Bibliotecari, misterioso squadrone armato di cavalieri poco loquaci che, per motivi del tutto ignoti, hanno imposto alle cerche dei giovani un limite, ed uno soltanto: non interessarsi ai Folklords, figure mistiche e misteriose che, per quel che se ne può capire (o ricordare) sono alla base della creazione del mondo.

Peccato che proprio Ansel, smilzo e gracilino, abbia deciso di imbarcarsi per l'impresa proibita, innescando così una serie di eventi che porteranno il giovane (e non solo lui) a partire per un'avventura oltre i confini della propria contea, intenzionato a trovare i Folklords ed a scoprire se, grazie ad essi, si possa venire a capi delle visioni che il ragazzo ha da sempre, ed in cui percepisce, sente e quasi tocca i riflessi di un mondo lontano e incomprensibile, a cui Ansel si sente misteriosamente connesso e da cui, come detto, il ragazzo ha estrapolato oggetti ed immagini, nonché qualche piccola invenzione. E dunque, nonostante il divieto di partire alla ricerca del Folklord, Ansel comincerà comunque il suo viaggio verso l'ignoto, in quello che è un racconto di formazione fatto e finito, a volte mascherato da tinte più scure, altre volte da colori brillanti e intensi, quasi come se Kindt si fosse ricordato di aver letto la Storia Infinita di Michael Ende (che pure era palesemente ispirata alla favolistica nordeuropea) ed avesse deciso di rivoltarla come un calzino.

Da questa premessa, un po' semplice e forse banale, parte il racconto di Folklords che coinvolgerà non solo Ansel, ma anche una piccola serie di comprimari, ognuno animato da un motivo personale per unire le proprie forze a quelle di Ansel, in quella che sembra una cerca non solo impossibile, ma anche disperata e per cui il giovane, come i suoi compagni, sembrano del tutto impreparati. Riuscirà Ansel a portare a termine la propria missione? Cosa comporterà il ritrovamento dei Folklords e cosa c'entra, in tutto ciò, la Gilda dei Bibliotecari?

La somma è migliore delle parti

Queste sono alcune delle domande che il lettore dovrebbe porsi della lettura e, lo ammettiamo, per quanto alcune di queste abbiano una risposta piuttosto banale, per altro facilmente intuibile già da prima della metà del volume, Folklords si lascia comunque leggere con piacere, più che altro grazie alla costruzione della sua trama di fondo, della sua lore, che risulta molto più interessante di quanto non siano, in fin dei conti, i suoi personaggi. Il punto è che Folklords richiedeva, forse, una costruzione un po' più strutturata dei suoi personaggi, un approfondimento di background e motivazioni che non si esaurisse (come invece succede) in poche pagine e qualche baloon. Sembra che tutte le motivazioni, persino quelle nelle conclusioni, siano tutte un po' abbozzate e vaghe, ed il risultato è quello di un disinteresse generale verso la vicenda, come se fosse stata raccontata poco e male.

A conti fatti non solo è molto difficile l'immedesimazione con i personaggi, o anche solo una vaga empatia, ma risulta complicato proprio l'interessarsi alle loro motivazioni, sempre un po' blande e campate in aria. Per quanto i plot twist possano essere piacevoli, ed il tratto di Smith, così piacevolmente “fantasy” sia una manna per il volume, la realtà dei fatti è che Folklords è più interessante nella sua somma, che nelle sue singole parti. Il mondo creato da Kindt e disegnato da Smith è infatti molto più piacevole e stuzzicante, per quanto non particolarmente innovativo, ha comunque in sé quella scintilla che lascia scaturire nel lettore la voglia di guardare oltre, come a volersi staccare dalle pagine per cercare altrove. È quella sensazione tipica delle lore ruolistiche a la Forgotten Realms, per quanto non così ampia e complessa (per ovvi motivi), e tale da stuzzicare la fantasia del lettore, che forse si domanderà quali e altre storie ci siano tra le griglie perfettamente squadrate composte dal duo di autori.

Al di la di questo, Folklords non è, almeno per ora, quella meteora abbagliante che ci si aspetterebbe leggendo i nomi coinvolti in copertina, ma del resto – va detto - non è la prima volta che si sceglie di riscrivere, riadattare o anche rimasticare quello che è il canone delle favole nord-europee, e per quanto la penna di Kindt sia certamente più esperta e tagliente di quella di molti altri sceneggiatori, forse da un pluricandidato Eisner ci si sarebbe aspettati qualcosa in più. Il tutto è poi ancor più avallato dal finale del volume quando, scoperte le carte, ci si rende conto che quello che non si è ancora letto (e dunque l'ipotetico ed inedito sequel) è di per sé potenzialmente più interessante di quanto non si sia letto già. Chissà, magari andrà meglio la prossima volta.

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