Fear Agent 3: l'epilogo della saga di Heat Houston [recensione]
Fear Agent 3: la fine della saga spazio-temporale di Heath Houston nella prestigiosa edizione targata saldaPress.
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a cura di Manuel Enrico
In sintesi
Fear Agent 3: la fine della saga spazio-temporale di Heath Houston
Heath Houston arriva a fine corsa. Il terzo volume di Fear Agent chiude il ciclo narrativo principale del fumetto sci-fi creato da Rick Remender, un concept che, come evidenziato nel presentare i precedenti volumi editi da saldaPress, offriva una lettura che guardava a un gusto classico della narrativa d’anticipazione, unendolo a visioni più moderne del genere. Non si potrebbe chiedere di meglio da un autore che ci ha regalato chicche come Tokyo Ghost, mostrando di avere una visione precisa della sci-fi e delle diverse potenzialità della sua ricchezza di ambientazioni. Un’identità che specialmente nel primo volume ha spinto a presentare il protagonista principale come un tradizionale anti-eroe, riservandoci delle sorprese nell’evolversi della saga.
La riedizione di saldaPress consente, infati, di poter apprezare al meglio questo eclettico personaggio, soprattutto se valutiamo lo starting point roboante, che viene rimesso in ordine dall’evoluzione della storia. Pare evidente che Remender stesso, una volta saziata la sua voglia di lanciarsi in questa funambolica avventura, abbia voluto fissare dei punti fermi nella continuity della sua serie, trovando un equilibrio tra le diverse componenti di Fear Agent. Quello che inizialmente ci viene presentato, usando un linguaggio in sintonia con il fumetto, come un ‘cinico, aitante cazzone’ (tranquilli, al buon Heath hanno detto di peggio nelle sue avventure!), nel corso della sua saga ha modo di mostrare un’evoluzione emotiva che lo spinge a rivedere non solo il suo posto nel mondo, ma anche la sua stessa esistenza.
Fear Agent: la speranza alla fine del tempo
Membro dei Fear Agent, corpo di agenti spaziali dediti alla protezione dell’umanità, Heath Houston è l’unico sopravvissuto della sua divisione. Dopo aver impedito la distruzione della Terra da parte di una letale razza aliena, Heath ha perso la propria famiglia durante un devastante attacco al nostro pianeta, una ferita che lo ha spinto a cercare una nuova vita tra le stelle, dove ha messo la sua esperienza di combattente al servizio del miglior offerente avviando una gloriosa carriera di….disinfestatore. Avete alieni che disturbano il vostro pacifico insediamento? Volete sloggiare blatte spaziali dalla vostra stazione spaziale? Heath è l’uomo che fa per voi.
Quando non è troppo sbronzo per lavorare, quantomeno. Come abbiamo scoperto, nel secondo volume, Heath porta un peso gravoso, l’esser stato l’umano che ha quasi sterminato una razza aliena come ritorsione per la perdita del padre e del figlio. Un gesto dettato da una comprensibile sete di vendetta, ma che ha la conseguenza di allontanarlo dalla donna amata, una separazione accusata da Heath che intraprende un viaggio nel cosmo come mezzo di separazione dalla propria umanità, divenuta memoria asfissiante di una felicità irrimediabilmente perduta.
Solo nel secondo volume, questo suo approccio cinico e sarcastico viene mostrato per la maschera che in realtà protegge Heath dal proprio dolore. Tramite una serie di flashback e di incontri che innescano una serie di meccaniche evolutive focalizzate sempre sulla perdita e il rimpianto, ci viene mostrata la vera natura di Heath. L’antieroe riluttante, un action hero scapestrato da B-Movie anni ’80 conosciuto nel primo volume di Fear Agent, diventa un uomo ferito, maledetto dalla propria incapacità di perdonarsi e costantemente vessato da un accanimento degli eventi che sembra essere un destino già scritto. Questo passaggio consente a Remender di creare una valorizzazione emotiva meravigliosa, in cui le crepe dell’animo di Heath diventano dei prefetti punti di inserimento per una pletora di personaggi che gravitano attorno alla sua figura.
Sotto questo aspetto, Remender compie un buon esercizio di scrittura, arrivando a creare dei presupposti emotivi e narrativi che solo fondamentali per il gran finale. La resa dei conti tra Heath e i suoi acerrimi nemici ha un sapore quasi classic, ma soprattutto riesce a raccogliere gran parte del complesso universo di Heath Houston per condurlo a un finale che possa lasciare la sensazione di un’opera compiuta. Va riconosciuto che specialmente nella seconda parte della saga, Remender tende a sfruttare con eccessiva intensità l’escamotage dei balzi temporali e delle versioni alternative del personaggio, una condizione che in alcuni passaggi sembra più una necessità per evitare di rimanere intrappolati in una trama eccessivamente convoluto e tortuosa.
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Con Fear Agent 3 , la sensazione lasciata a da queste dinamiche è che Remender stesse perfezionando un concept che sarebbe stato in seguito adatto in modo più strutturato in Black Science. Ridotte all’essenza, le due saghe dell’autore mostrano un’enorme quantità di similitudini, che sembrano indicare la presenza di una firma precisa di Remender, quasi un tema ricorrente dell’autore. La conclusione di Fear Agent arriva, dunque, sull’onda di una lettura a tratti sin troppo sbilanciata all’interno di una dinamica in cui azione e costruzione di una plausibilità pseudo-scientifica tentano di coesistere.
Un finale da manuale per una saga irriverente
Se l’irriverente e tormentata personalità di Heath è sempre ben inserita in questa scansione della storia, meno convincenti sono alcuni passaggi, viziati da una inevitabile sequenza di momenti forzati che devono ricondurre al finale che soddisfi le precedenti trame. In quest’ultima parte di Fear Agent, in particolare il capitolo finale di Fear Agent 3, la precedente lettura di Black Science rischia di essere un elemento discriminante, considerato come le due trame, ridotte ai loro minimi termini, siano estremamente simili.
Ciò non toglie che i tre volumi di Fear Agent compongano una saga affascinante, divertente da leggere per alcune incredibili trovate, anche visive, che omaggiano la fantascienza pulp e weird, ponendosi come un’alternativa vincente alla sci-fi main stream del fumetto contemporaneo. Pur con tutte le sue piccole pecche, la trama di Remender trova in Moore e Hawthrone due illustratori ottimi, capaciti di interpretare al meglio la sua visione creando mondi alieni ricchi di fascino e privilegiando una narrazione visiva esplosiva per i momenti più dinamici.
Voto Recensione di Fear Agent 3
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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- Finale in linea con la saga di Heath Houston
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- Remender orchestra un racconto dinamico e intrigante
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- Edizione di saldaPress ben realizzata
Contro
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- Utilizzo dei viaggi nel tempo e universi alternativi troppo ripetitiva
Commento
e i tre volumi di Fear Agent compongano una saga affascinante, divertente da leggere per alcune incredibili trovate, anche visive, che omaggiano la fantascienza pulp e weird, ponendosi come un’alternativa vincente alla sci-fi main stream del fumetto contemporaneo. Pur con tutte le sue piccole pecche, la trama di Remender trova in Moore e Hawthrone due illustratori ottimi, capaciti di interpretare al meglio la sua visione creando mondi alieni ricchi di fascino e privilegiando una narrazione visiva esplosiva per i momenti più dinamici.