E noi come stronzi rimanemmo a guardare, la recensione del nuovo film di Pif

E noi come stronzi rimanemmo a guardare: la recensione del nuovo film distopico italiano presentato alla festa del cinema di Roma, prodotto e distribuito da Sky Cinema.

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a cura di Valentina Savalli

Viviamo in una società nella quale per avere quel briciolo di felicità e di serenità bisogna pagare un abbonamento. Non si hanno i fondi? Niente felicità, semplice! Ora, ovviamente stiamo estremizzando, ma come vi sentireste a dover davvero pagare un abbonamento per l’unica cosa che vi rende felici? E questa, cari amici di CulturaPOP è una, se non la più importante domanda, che viene da porsi dopo la visione di E noi come stronzi rimanemmo a guardare e di cui vi proponiamo la recensione.

Prodotto da Sky Italia e distribuito su Sky Cinema e in streaming su Now Tv dal 29 novembre 2021, E noi come stronzi rimanemmo a guardare è una commedia drammatica dalle forti riflessioni. Partorito dalla mente intelligente e eclettica di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif e presentato alla Festa del cinema di Roma 2021, questo film presenta spunti non troppo distaccati dalla realtà in cui viviamo, alternando momenti di comicità a momenti drammatici, non tanto per le sequenze ma per la rappresentazione di quella realtà distopica che però, in parte, ci rappresenta.

Con un insolito Fabio De Luigi nel ruolo del protagonista un po’ sfortunato, una Ilenia Pastorelli che sembra riecheggiare gli anni sessanta e un Pif alla regia, ma anche nel ruolo di un personaggio secondario importante, E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un prodotto insolito per essere italiano che segue, molto più rispetto che alle precedenti opere di Pif, la falsa riga delle opere anglosassoni di questo tipo.

E noi come stronzi rimanemmo a guardare: da manager a rider è un attimo

E noi come stronzi rimanemmo a guardare racconta la storia di Arturo Giammarrasi (Fabio de Luigi), un manager che grazie alle sue capacità e la sua esperienza ventennale in azienda, inventa un algoritmo in grado di determinare quali spese e quali dipendenti sono superflui per l’azienda, andando in contro all’amara verità di essere egli stesso superfluo, tanto da essere licenziato. Scontrandosi con la dura realtà dell’attuale mondo del lavoro, viene rifiutato dalle varie app di ricerca di un’occupazione a causa della “colpa” di essere over 40 e quindi, in preda alla disperazione, accetta il primo lavoro che gli viene offerto, quello del rider. Così, in sella alla sua bicicletta, consegna cibo a domicilio per la Fuuber, una multinazionale sulla falsa riga di quelle che potrebbero essere i veri colossi del delivery.

Succede, però, che questa multinazionale, oltre che consegnare cibo da asporto, si occupa anche di altri rami tecnologici, come ad esempio, quello di sostenere e aiutare persone sole, che utilizzano già l'app e di cui conoscono già gusti e preferenze, grazie a degli ologrammi: una sorta di assistenti virtuali ideali con tutte le caratteristiche che di solito si cercano nella “metà della propria mela”.

Quello che però Arturo non poteva prevedere era il fatto di potersi innamorare di Stella (Ilenia Pastorelli), l’ologramma della Fuuber che ha attivato quasi per gioco, dopo essere stato scaricato dalla sua fidanzata, reale. Tuttavia, Arturo dovrà scontrarsi con la triste realtà di dover pagare un abbonamento settimanale per poter rivedere Stella una volta concluso il periodo di provaIl nostro protagonista, quindi, si ritroverà ad affrontare problemi economici, dubbi di carattere morale e problematiche dal sapore attuale anche se estremamente esagerate e stereotipate.

E noi come stronzi rimanemmo a guardare: un film con coraggio da vendere

Dal lato tecnico, E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film con caratteristiche ben fatte: molto buona la fotografia, montaggio con sequenze chiare, crescenti e suddivise in modo da rendere il ritmo dinamico e interessante ed effetti speciali davvero ben fatti e particolari, specialmente se consideriamo che si tratta di una produzione nostrana, soprattutto per quanto riguarda le conversazioni via messaggio che, quasi, ricordano quelle che si possono vedere all’interno della serie tv del 2010 Sherlock.

Quello che però rende ancor più dinamico l’insieme del prodotto sono le tematiche: una commedia drammatica dai tratti distopici come finora, almeno in Italia, non si era mai vista, che affronta problematiche che dall’esterno possono sembrare surreali ma che, se si analizzano con occhio e spirito critico, si possono ben ricondurre a tematiche molto attuali e delle quali siamo vittime inconsapevoli. O forse no.

Insomma, E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film davvero coraggioso sia per il modo in cui è stato affrontato da Pif, che da regista fa sempre un ottimo lavoro, sia per la narrazione delle vicende, che prendono lo spettatore e lo trascinano in profonde riflessioni sulla quotidianità della società in cui vive. Molto suggestivo anche l’abbattimento della quarta parete verso il finale del film con annessa riflessione che tende ad annullare tutta la comicità apportata fino a qualche istante precedente.

Una realtà non troppo lontana

Ma ora è arrivato il momento del succo del discorso, ovvero le tematiche profonde e reali, il fulcro su cui si regge tutto il film, e tutte le riflessioni che E noi come stronzi rimanemmo a guardare provocano sullo spettatore, che inconsciamente si rivede nelle problematiche trattate.

La prima problematica affrontata è quella del “troppo vecchio per poter lavorare”: quante volte è capitato  a chiunque di sentirsi dire una frase come questa da quello che sarebbe potuto essere il suo nuovo datore di lavoro? Quando il protagonista si rende conto che non basta la sua esperienza pluriventennale nel campo cade in un profondo sconforto che allo stesso tempo lo fa sentire inadeguato per la nuova e moderna società, sollevando anche la questione della difficoltà ad approcciarsi al nuovo mondo del lavoro, fatto di app, chat, videocall e svariati altri strumenti che persone di una certa età o di una certa mentalità fanno davvero fatica a comprendere.

Un’altra tematica importante affrontata nel film è la tristezza del sentirsi soli: grazie a Fuuber Friends e ai suoi ologrammi, viene data la possibilità a chi è rimasto solo di non esserlo più. Un po’ come succede utilizzando app e siti di incontri, ma in questo caso il prezzo da pagare è molto più alto perché, come nel caso del protagonista, viene dato un prezzo all’amore, un prezzo che se non si hanno i fondi è troppo alto da pagare, o peggio, come se l’amore possa avere un periodo di prova rinnovabile a pagamento. Tutto ciò è davvero molto triste ma allo stesso tempo fa riflettere su quanto possa essere reale una tale sensazione di disagio e inadeguatezza.

Parlando, poi, del mondo del lavoro rappresentato in E noi come stronzi rimanemmo a guardare, vengono toccate realmente troppe tematiche, come ad esempio “lavorare per vivere”, ossia offrire la propria vita al lavoro (specialmente per le multinazionali), quando si lavora così tanto che non si ha più tempo da investire per sé stessi e le proprie passioni, quelle piccole cose che rendono felici gli esseri umani. Come se la vera risorsa, in questo caso, fosse il tempo e non i soldi o le competenze, un po’ come succede in In time, film molto datato ma sempre attuale.

L’ultima, ma non meno importante, tematica degna di nota che porta a una profonda riflessione è quella del lavoro dato in mano alla tecnologia, surclassando le competenze umane. Questo fa molto riflettere sul fatto che più si andrà avanti e più caratteristiche come umanità e competenze tecniche non avranno più validità: il mondo del lavoro si trasformerà in un ambiente sempre più automatizzato e grigio, inanimato, dove le competenze tecniche guadagnate con anni di esperienza saranno solo belle parole scritte su un curriculum vitae, rigorosamente digitale, e gli algoritmi saranno capaci di determinare la validità e l’utilità dell’apporto umano di una persona. E’ davvero questa la società che vogliamo?

E noi come stronzi rimanemmo a guardare

Già, "E noi come stronzi rimanemmo a guardare", titolo più giusto non poteva esserci. Il titolo è la giusta parafrasi della nostra società: una società che è sempre pronta a lamentarsi di tutto e di tutti, delle scelte che vengono fatte, delle decisioni che vengono prese da chi sta più in alto nella piramide gerarchica della vita, ma noi come str**zi rimaniamo a guardare, impassibili, lasciandoci trasportare dalla vita come se fossimo in un fiume dalla forte corrente. E guardiamo, senza fare nulla e senza lottare per le cose che ci stanno realmente a cuore o per le quali sarebbe giusto combattere.

In un mondo dove ormai la tecnologia prevale su tutto, dovremmo essere noi, con il nostro intelletto a prevalere, con le nostre scelte e, perché no, i nostri sbagli, assumendoci le giuste responsabilità. E invece ci facciamo comandare dagli algoritmi, quei software che controllano l’uomo moderno, quei software che sanno già tutto di noi, chi siamo, cosa e chi sceglieremo e chi chiameremmo in caso di bisogno. Perché “gli algoritmi conoscono già le nostre paure e, se non le abbiamo, sanno anche come provocarle” ed è solo colpa nostra se il mondo gira così, perché con il passare del tempo e l’evoluzione della tecnologia, abbiamo affidato le nostre intere vite a questi algoritmi e sacrificato un po’ troppo i rapporti umani, quelli veri.

Conclusioni

In conclusione, se cercate un film italiano che faccia riflettere su tematiche davvero importanti e profonde vi consigliamo la visione di E noi come stronzi rimanemmo a guardare, rimarrete davvero sorpresi dall’attualità e la precisione delle situazioni raccontate in questo scenario alquanto distopico.

Vi ricordiamo che potete abbonarvi a Now Tv seguendo questo link, se non lo avete ancora fatto, per recuperare la visione di questo film davvero particolare, uscito su Sky Cinema il 29 novembre.

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