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Dylan Dog 407, L’entità, la recensione

Dylan Dog torna protagonista di una storia classica, ma stavolta gli sarà difficile esercitare il suo fascino sulla bella Berenice posseduta dall’Entità.

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

In sintesi

Dylan Dog torna protagonista di una storia classica, ma stavolta gli sarà difficile esercitare il suo fascino sulla bella Berenice posseduta dall’Entità.

L’indagatore dell’incubo è reduce dal ciclo 666, concluso lo scorso mese con “L’ultima risata”, e tutto sembra essere tornato alla normalità. Infatti, questo L’entità sembra essere una di quelle storie che siamo stati abituati a leggere in tutti questi anni, addirittura ben lontana dai canoni rivoluzionari del curatore Roberto Recchioni. Quindi se bramavate di leggere un Dylan Dog “alla vecchia maniera”, questo nuovo numero potrebbe soddisfare quest’aspettativa.

Dylan Dog contro l’entità

Londra, 7 Craven Road. Siamo nello studio di Dylan Dog e una bella cliente di nome Berenice ha finito di raccontare l’incubo che ha vissuto, la morte del suo uomo ad opera di una misteriosa forza. Un’entità che sembra tormentarla ed uccidere tutti coloro che vogliono avvicinarsi a lei intimamente… la richiesta di Berenice, allo scopo di vedere in azione l’Entità, risulta sopra le righe perfino per uno sciupafemmine come Dylan: essere la sua “prima volta.

Inizialmente Dylan non le crede e incassa una porta in faccia dalla bella Berenice Moon, ma presto dovrà ricredersi. Infatti, la strana entità demoniaca che tormenta la ragazza si fa sempre più insistente, rendendola protagonista di brutali incidenti, fino a quando lo stesso indagatore dell’incubo assiste a una sanguinosa scena (dove segnaliamo agli autori un errore nei disegni proprio a pag. 43), che pur avendola preservata dalla violenza sessuale di due bruti, lascia i loro due cadaveri a terra.  È l’Angelok.

Cercando di fare i compiti a casa, il nostro Dylan si lancia alla ricerca di ciò che potrebbe aver preso di mira la povera Berenice e scopre qualcosa di più sull'entità, ovvero la divinità amazzonica Angelok che si nutre del potere femmineo. La storia messa in scena dalla brava Barbara Baraldi ricorda un po’ la pellicola The Green Inferno, ma anche qualche altro albo di Dylan come il #103 Ananga! (Sclavi – Freghieri, Sergio Bonelli Editore, 1997), che guarda caso riprende sempre un demone dell’Amazzonia. Ci saremmo aspettati quasi quasi un'apparizione di Martin Mystère o Mister No… Va bene. Abbiamo esagerato.

La storia della Baraldi è orchestrata come quella che oseremmo dire “una storia da manuale”. Si sviluppa come i grandi classici dell’inquilino di Craven Road, inserendo tutti i tipici elementi che hanno reso celebre la creatura di Sclavi, offrendo al lettore un albo che non faremmo fatica a collocare tra le storie di 20 anni fa. Senza dubbio un pregio. La minaccia dell’Angelok travolge la realtà dei protagonisti imponendosi con un passato storico credibile e ben costruito, permettendo a Berenice una posizione molto forte in quanto donna, grazie anche alla sua caratterizzazione. Unica pecca lo scontro finale con l’Entità davvero poco convincente.

Dunque, siamo ben lontani dai tocchi imprevedibili visti nel “ciclo della meteora”, o nel sorprendente ciclo 666, che ha recentemente riscritto le origini dell’indagatore dell’incubo. Perfino Bloch e Groucho faticano a dimostrare di far parte del nuovo universo immaginato da Roberto Recchioni, se non per qualche nuvola di richiamo. Mentre non c’è traccia di Carpenter e Rania.

Le tavole sono rese ancora una volta dall'immenso Corrado Roi (instancabile e che non stanca mai sia chiaro!), con un tocco appena più leggero e meno scuro rispetto alle ultime storie, mentre la cover ad opera di Gigi Cavenago ci regala Dylan e Groucho protagonisti in un modo quasi eccezionale (se escludiamo i recenti #406  L’ultima risata dove c’è il Groucho “cattivo” e il #399  Oggi Sposi che è quasi un numero celebrativo, l’ultima cover che li raffigura nei loro rispettivi ruoli è del #363  Cose Perdute ).

Come anticipato nella nostra intervista a Roberto Recchioni, questo numero (e anche il prossimo) si chiude con un “Fine dell’episodio”, riprendendo la chiave narrativa auto conclusiva, che poi sarà nuovamente interrotta da un nuovo ciclo scritto da Claudio Chiaverotti che arriverà a settembre insieme a una vecchia conoscenza celata nel buio.

L’entità è una storia che, siamo certi, piacerà a tutti i lettori di Dylan Dog, senza fare alcun discrimine, ricalcando più un “Old Boy” rispetto che un “nuovo Dylan”, al punto che non ci saremmo sorpresi di trovarlo nella nuova testata Dylan Dog Old Boy. Barbara Baraldi si conferma come una delle penne più gradite della testata, e sperando ancora in storie come questa, vi suggeriamo di accompagnare la lettura con Behind Blue Eyes degli Who, ma nella cover dei Limp Bizkit.

Se volete leggere la mitica storia di Ananga! di Dylan Dog insieme a Mister No, la trovate nel volume speciale cartonato su Amazon.

Voto Recensione di Dylan Dog #407 - L’entità



Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Una storia di Dylan Dog di vecchio stampo;

  • - Berenice è un personaggio ben caratterizzato;

  • - Le tavole di Roi

Contro

  • - Finale poco convincente.

Commento

Dylan Dog – L’Entità è un albo di “vecchio stampo”, da riconoscere quasi a fatica come una produzione del 2020. Questo perché la bravissima Barbara Baraldi ha saputo costruire una storia contenente tutti gli elementi che rendono davvero apprezzabile una tipica storia di Dylan Dog. Una donna perseguitata da un demone venuto da lontano, un Dylan “indagatore” che riesce a salvare in estremis la sua cliente, nelle scene cruente arricchite dai chiaroscuri del maestro Corrado Roi. Un ottimo intermezzo in attesa del nuovo ciclo di storie che arriveranno in autunno e per ricordarvi che… Dylan Dog non è mai cambiato.

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Dylan Dog #407 - L’entità

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