Nell'agosto del 1965 veniva pubblicato negli Stati Uniti la prima parte del primo romanzo di Dune. Senza Dune, probabilmente, non esisterebbe gran parte dell'immaginario sci-fi moderno. Quella che potrebbe sembrare una frase perentoria, a ben vedere, trae la sua essenza dalla storia della space opera creata da Frank Herbert, una saga che poche altre ha saputo influenzare in modo inequivocabile l’immaginario collettivo, specialmente quando parliamo di fantascienza. La maggior parte delle saghe fantascientifiche divenute cult sono nate nella prima metà del secolo scorso, concretizzandosi in un arco temporale che va dai primi anni ’50 sino alla metà degli anni ’80. Tra queste opere emerge in modo imperioso proprio Dune, saga che ha goduto anche di una fama multimediale, grazie alla sua presenza in anni recenti al cinema (in cui appresta a tornare), ma anche nel mondo dei videogiochi, dei boardgame e dei fumetti.
Apprezzare al meglio il profondo impatto di Dune sull’immaginario fantascientifico moderno è probabilmente impossibile. Andando oltre la pura ammirazione per una storia che si dipana su un arco temporale di millenni, bisogna riconoscere a questo complesso ritratto dell’umanità futura il merito di avere cercato di introdurre nella fantascienza tematiche sino a quel momento mai trattate, oppure solo vagamente sfiorate.
Frank Herbert, la ricerca di una fantascienza diversa
La fantascienza, tanto letteraria quanto cinematografica, degli anni ’50 era fortemente condizionata da due elementi della vita reale: il nemico russo e la paura dell’atomica. Ecco quindi comparire alieni invasori e mostri frutto di esperimenti falliti, che divennero la metafora fantascientifica delle paure dell’americano medio.
All’interno di questo flusso narrativo, però si collocarono scrittori che avevano una diversa concezione della fantascienza. Nomi come Asimov, Heinlein e Dick iniziarono a mostrare alla società americana un diverso futuro, raccontando un domani diverso in cui le ansie e le pecche della contemporaneità dovevano essere risolte o, altrimenti, ne avremmo pagate le estreme conseguenze. Tra questi scrittori, si inserisce anche Herbert, che però si dedica ad altri aspetti.
Prima di arrivare alla composizione della complessa società futura di Dune, Herbert aveva già manifestato un certo interesse per due delle tematiche centrali della sua saga: la religione, specialmente la psicologia della leadership adatta alla figura del messia, e l’ecologia.
Un interesse che lo portò a scrivere racconti e romanzi, ma che ebbe il suo primo culmine con Under Pressure, pubblicato nel 1955. Per scrivere questo romanzo, Herbert dedicò molto tempo al documentarsi sul ruolo della religione nella mentalità della massa, con particolare attenzione alle dinamiche di venerazione per figure carismatiche come messia e santoni. Non bisogna stupirsi, considerato come nel tessuto americano del periodo l’elemento religioso fosse particolarmente sentito, specie in alcuni stati del Sud, e che negli anni a seguire la figura dei predicatori avrebbe assunto un ruolo ancor più evidente grazie alla diffusione domestica di televisioni e radio.
Per studiare al meglio questo fenomeno, Herbert divenne un vero esperto. Lesse più di duecento libri, studiò reportistiche e studi universitari, raccogliendo il tutto in un archivio che in seguito sarebbe tornato utile per la creazione della base dogmatica di Dune.
Mancava ancora l’altro elemento essenziale di Dune: l’ecologia.
Fu sufficiente un viaggio in Oregon nel 1957, durante il quale Herbert assistette ad uno spettacolo unico: mucchi di sabbia che venivano spinti dal vento e che contribuivano a rimodellare costantemente il panorama. Questa visione ispirò a Herbert l’idea di un mondo desertico, su cui viveva un ecologo planetario ossessionato dal riportare su questo pianeta la vita. Da questo spunto, Herbert iniziò a sviluppare la sua opera, iniziando a inserire ulteriori dettagli, ma in breve iniziò ad intrecciare alla tematica ecologista anche le competenze apprese durante la stesura di Under Pressure: la complessità della religione, applicata alla figura del messia e dei suoi seguaci.
Nell’idea originale di Herbert, il protagonista della storia inizialmente era il planetologo Liet Kynes. Durante lo sviluppo della storia, Herbert iniziò ad ampliare la sua concezione della storia, Kynes passò in secondo piano, lasciando emergere le figure di Paul Atreides e degli altri personaggi. Tuttavia, le mire del Liet Kynes ‘seminale’ non andarono perdute, ma vennero inserite all’interno della saga, andando a costituire il fulcro della vena ecologista della complessa trama della saga di Dune.
La nascita di Dune
A caratterizzare Dune fu soprattutto il tono narrativo impresso da Herbert al primo capitolo della sua saga. La letteratura fantascientifica del periodo, infatti, era essenzialmente action, con alieni, battaglie, e laser. Anche all’interno di space opera come quelle firmate da Asimov (Ciclo dei Robot in primis) era presente una componente avventurosa e action piuttosto marcata.
In Dune invece la narrazione è lenta, quasi senza azione. Per tre quarti del romanzo, infatti, Herbert sembra volersi prendere tutto il tempo necessario per dare solidità alla sua società futura: descrizioni lunghe, flussi di coscienza e una definizione del futuro barocco di Dune. Solo nell’ultima parte del romanzo Herbert porta alla conclusione le dinamiche ordite, con un finale che tradisce la natura cervellotica della storia per offrire una conclusione dinamica, che apre agli eventi che si svilupperanno nei capitoli successivi della saga.
Questo finale adrenalinico fu una scelta intenzionale di Herbert. La volontà dell’autore era di lasciare i lettori di Dune con la sensazione che si fosse compiuto solo un primo, timido passo all’interno di un universo molto più ampio. Non a caso, Herbert in Dune pone il lettore al centro di una storia ambientata in una società in cui tranelli e complotti sono all’ordine del giorno, introducendo un gran numero di personaggi che apparentemente sembrano seguire scopi personali slegati dalla trama principale. In realtà, Herbert voleva che il suo romanzo incuriosisse i lettori, fornendo loro più domande che risposte, preparandoli per il lungo viaggio di quella che ancora oggi è considerata una delle più complete saghe fantascientifiche.
D'altronde, l'idea di dare vita ad una serie di romanzi era presente nei piani di Herbert sin dalla stesura di Dune. Durante il lavoro del primo capitolo della saga, infatti, lo scrittore si rendeva conto che alcuni dettagli avrebbero meritato maggior approfondimento, mentre eventi particolari dovevano condurre a rivelazioni e capovolgimenti della società futura. Motivo per cui lo scrittore realizzò una sorta di mappa della storia, evidenziando ciò che sarebbe stato inserito nel primo capitolo e identificando i pezzi della storia che sarebbero andati a comporre i due immediati seguiti: Il Messia di Dune e I Figli di Dune.
La complessità di quello che sarebbe divenuto l’universo futuro di Dune, all’epoca, si rivelò però un cruccio per Herbert. L’universo futuro creato dallo scrittore, infatti, era troppo barocco e permeato da tematiche complicate e poco interessanti, a detta degli editori.
La prima vita editoriale di Dune si consumò sulla rivista Analog, dove venne pubblicato in due parti, Dune World e Prophet of Dune. Herbert voleva però che la sua fantasia prendesse la forma di un romanzo e iniziò a contattare diversi editori perché pubblicassero Dune, ma, come detto, nessuno era pronto a dare fiducia a questa storia di fantascienza così particolare. Ad onor del vero, Tom Doherty, il futuro fondatore della Tor Books, cercò di convincere i suoi capi della Simon & Schuster a dare una chance a Dune, ma non riuscì nel suo intento.
La ricerca di Herbert per una casa editrice si concluse quando venne contattato da Sterling Lanier, editor della Chilton Books, casa editrice nota soprattutto per la pubblicazione di manualistica e istruzioni per auto. Lanier vedeva in Dune la possibilità di poter proiettare la sua azienda in una dimensione più ampia. Herbert non ebbe problemi ad accettare questa proposta, anzi ironizzò con l’editor dicendo che avrebbero potuto ribattezzare il libro How to repair your Ornithopter.
Le aspirazioni di Lanier non si concretizzarono. Complice l’alto prezzo con cui venne venduto Dune e il non proprio confortante numero delle pagine, la prima edizione del romanzo di Herbert non ebbe inizialmente successo. Un fallimento che si tradusse nel licenziamento di Lanier, e nella decisione della casa editrice di vedere in Dune un colossale fallimento.
Peccato che Dune si rivelò in seguito un vero successo. Nonostante la critica, che si dimostrò piuttosto severa con il romanzo di Herbert, definendolo un libro troppo impegnativo e privo di quella che all’epoca era identificata come la vera fantascienza: alieni e scontri a suon di laser. A poco servì invece il plauso dei lettori, che invece videro in questa declinazione atipica della sci-fi una novità appassionante, tanto che lentamente Dune divenne un cult della fantascienza.
Ma questo apprezzamento fu lento, al punto che il secondo capitolo della saga, Il Messia di Dune, incontrò le stesse difficoltà del primo romanzo. Analog, che aveva inizialmente pubblicato Dune in due parti, non si dimostrò propenso a dare nuovamente fiducia a Herbert. Fu quindi necessario trovare un nuovo editore, ma lo scoglio da superare era il far comprendere come, pur essendo una fantascienza diversa da quella tipica del periodo, Dune fosse un racconto dal ricco potenziale.
Eppure, in quel periodo la concezione di fantascienza, come era solito dire John W. Campbell, prevedeva un eroe avventuroso e invincibile. Anche Asimov si allineò a questa concezione, quando sotto lo pseudonimo di Paul French creò il suo Lucky Starr, ma Herbert era intenzionato a mantenere inalterato la sua creazione. In Dune i protagonisti, pur inseriti in un contesto fantastico, sono profondamente umani, soprattutto nelle loro debolezze e nella loro fallibilità.
Quando si trattò di trovare un editore per Il Messia di Dune, Herbert si vide contestare in più occasioni la scelta di aver reso il suo protagonista, Paul Atreides, in un uomo fragile e spezzato, rinnegato anche dai suoi stessi seguaci. Questa scelta era perfettamente in linea con le idee di Herbert e le suggestioni narrative che lo aveva condotto alla creazione di Dune, ma non furono recepite né comprese dagli editori. A salvare il secondo romanzo della saga fu il magazine Galaxy, che nel 1969 decise di pubblicare Il Messia di Dune.
Dune, una saga innovativa
La saga di Dune, nel concept originale di Herbert, era decisamente complessa per l’epoca. Pur avendo un’anima fantascientifica, non mancano elementi che sfiorano il fantasy. La presenza di poteri sovrumani, che siano quelli delle streghe Bene Gesserit o quelli di Paul, è una sorta di anomalia in un racconto fantascientifico, nonostante vengano spiegati in modo simil-scientifico.
Se da un lato la mutazione dei Navigatori della Gilda è motivata dall’assuefazione alla Spezia, necessaria per compiere il loro ruolo, le capacità delle Bene Gesserit sembrano avere una radice più mistica, specialmente prima della comparsa del ciclo di romanzi scritti dal figlio di Herbert, Brian, in cui vengono svelati importanti dettagli del passato di questo complesso universo.
Basandosi solo sui sei libri scritti da Herbert, infatti, si percepisce una sinergia tra scienza e spiritualità, tra tecnologia e misticismo. L’assenza di quello che è un tratto essenziale della fantascienza del periodo, ossia una tecnologia avveneristica fatta di robot e supercomputer, diventa un tratto imprescindibile della saga, che trova in questa sua unicità un punto di forza vincente. Una peculiarità che viene acuita dalla presenza di una società di stampo feudale, intrecciata a sua volta a rituali e culti particolari che differenziano i diversi componenti di questa umanità futura.
Herbert non tratta i temi cari della fantascienza periodo, arriva al punto di inserire all’interno del proprio romanzo una profonda trama di complotti e sotterfugi, prediligendo, specie nel primo capitolo, una lenta costruzione emotiva del contesto narrativo. Difficile leggere Dune e non rimanere coinvolti dal flusso di coscienza dei personaggi che sembra fluire libero sulle pagine, una scelta stilistica affascinante ma che inevitabilmente rallenta il ritmo narrativo.
Questa scelta stilistica, però, si rivela vincente nel voler dare a Dune una solidità narrativa senza eguali. Se le case editrici trovarono poco appagante la narrativa dilatata e profondamente mentale di Herbert, schiave di una concezione di fantascienza in cui la sci-fi era solo azione e alieni cattivi, i lettori furono invece colpiti da questa novità, che, specialmente nel primo romanzo del ciclo, si traduceva in un universo ricco di aspettative e di personaggi indimenticabili. Ma un universo simile non poteva rimanere vincolato solo alla letteratura, e ben presto anche il cinema si accorse di come Paul Atreides e la sua epopea potessero diventare una delle più grandi avventure cinematografiche.
Dune al cinema
Portare la saga di Herbert al cinema, però, non era una sfida semplice: una simile complessità, seppur racchiusa in un primo capitolo come Dune, difficilmente poteva esser racchiusa all’interno di un film. Idea condivisa dal primo artista deciso a portare Arrakis nelle sale cinematografiche: Alejandro ‘Jodo’ Jodorowsky. Artista eclettico e sregolato, Jodo era intenzionato a realizzare un vero e proprio kolossal, al punto che per il suo Dune non si pose alcun limite.
Vennero assunti artisti del calibro di Moebius e Dan O’Bannon, si pensarono ruoli per Salvador Dalì, Orson Welles e Mick Jagger. Jodorowky era un fiume in piena, nella sua mente Dune sarebbe dovuto durare quasi dieci ore, dando vita a un universo barocco e dai costumi assurdi; la sua esplosiva creatività, però, si scontrò con quelli che erano i limiti tecnici (ed economici) dell’epoca, che imposero a un certo punto un brusco arrestarsi del progetto, che non vide mai la luce.
Eppure, da questa esperienza nacquero opere del fumetto come L’Incal e The Long Tomorrow, considerati parte integrante dell’immaginario fantascientifico moderno. Lo stesso Jodorowsky recuperò parte delle idee elaborate per Dune e le introdusse in altre sue opere, come fece per La Casta dei Meta-baroni. Di questo sontuoso fallimento venne anche realizzato un documentario, Jodorowsky’s Dune, che ancora oggi lascia intendere come il Dune di Jodo avrebbe potuto essere un incredibile, esagerato kolossal.
Ma Dune era destinato ad arrivare al cinema. Considerato per anni un ‘libro impossibile’ da trasporre in film, l’opera di Herbert faceva comunque gola a Hollywood, soprattutto dopo che il successo di Star Wars (1977) aveva riacceso la passione degli spettatori per la fantascienza. A rendere complessa la trasposizione, erano principalmente due fattori: effetti speciali e trama.
Ricreare il mondo di Dune non era certo semplice, specialmente con gli effetti speciali dei primi anni ’80. Il digitale all’epoca muoveva i primi passi, e queste richiese di dare vita a mondi e creature affidandosi a modellini in scala. Per dare vita a vermi delle sabbie e Navigatori della Gilda, ci si affidò ad un maestro del cinema, Carlo Rambaldi, già creatore di E.T.
Altro aspetto difficile da gestire era la trama. La struttura narrativa del romanzo di Herbert, infatti, non era propriamente ideale per esser trasposta in un film, data la presenza di flussi di coscienza e la presenza di un intreccio di situazioni e personaggi tutt’altro che semplice.
Dopo il fallimento di Jodorowsky, il produttore Dino de Laurentiis decise di affrontare questa sfida, affidando il progetto ad un giovane regista che si era distinto con il suo The Elephant Man: David Lynch. All’epoca, Lynch non aveva alcuna familiarità con la fantascienza, ma aveva già un’idea chiara su come intendeva lavorare, motivo per cui aveva rifiutato di dirigere Il ritorno dello Jedi, perché lo riteneva troppo legato alle idee di Lucas e privo di spazio creativo. La possibilità di potersi dedicare a un’opera simile, con una libertà creativa limitata solamente dal canovaccio offerto dal romanzo originale, fu per Lynch una tentazione irresistibile.
Il film, nonostante l’esorbitante costo della produzione, venne stroncato dalla critica. La critica principale fu quella di aver dato vita a una trama complessa e poco chiara, che confondeva lo spettatore, costretto a seguire troppi eventi apparentemente slegati tra loro. La scelta di introdurre i dialoghi interiori presenti nel romanzo tramite una voce fuori campo non venne considerata come un omaggio all’opera originale, ma fu vista come un utilizzo errato di uno strumento narrativo che poteva esser sostituito dai dialoghi.
Per Lynch, Dune divenne uno dei capitoli più tormentati della sua carriera, al punto da avere preso radicalmente le distanze non solo dal suo film ma da qualunque altro progetto successivo. In occasione dell’annuncio della nuova versione cinematografica affidata a Denis Villeneuve, Lynch non esitò a dichiararsi totalmente disinteressato, ribadendo il suo pessimo rapporto con questa ambientazione.
Villeneuve, d’altro canto, si trova a dovere gestire una grande aspettativa. Il suo Dune, da quanto mostrato nel recente teaser, si presenta come un film totalmente differente dallo sfarzo visivo di Lynch, e dopo il buon lavoro con film come Arrival e Blade Runner 2049 ci si attende una grande prova autoriale.
Il passato di Dune
Anni dopo la fine dell’esalogia di Dune scritta da Frank Herbert, ai lettori mancavano ancora alcuni tasselli di questo complesso universo. Herbert aveva inserito nella sua saga dei riferimenti a eventi passati che avevano caratterizzato in modo inequivocabile l’assetto sociale della sua galassia, dandoli come scontati ma facendo crescere nei lettori la curiosità di saperne di più.
Queste domande hanno trovato risposta quando Brian Herbert, figlio dell’autore, e Kevin J. Anderson continuarono a raccontare l’universo di Dune, affrontandone le origini. Partendo da appunti di Herbert padre, i due autori svilupparono il passato della galassia, svelando la nascita di congreghe come le Bene Gesserit o i Navigatori della Gilda. Parte integrante di questo ciclo narrativo è il mostrare la nascita di questa società barocca e lontana dall’immaginario fantascientifico, narrando la tanto citata Jihad Butleriana, causa della sfiducia verso i computer e le macchine, e la nascita della rivalità tra le Grandi Case o l’origine dei Fremen.
Dal taglio narrativo differente rispetto ai volumi di Frank Herbert, questo ciclo è più avventuroso, maggiormente influenzata da una sci-fi moderna e dinamica, dove la parte intimista e riflessiva tipica dei primi liberi della saga lascia spazio ad una dilalettica leggera, che solo in alcuni dialoghi ritrova l’ampollosità della scrittura di Herbert padre.
L’influenza di Dune
Parlare di Dune significa andare a toccare uno dei punti saldi della fantascienza. Questa gigantesca space opera, a oggi non ancora terminata, ha segnato profondamente l’immaginario fantascientifico, già nella sua versione cartacea. Le idee di Herbert, sin dalle sue prime produzioni come Dragon in The Sea, sembravano essere destinate ad influenzare la realtà e quanto partorito dalla sua mente geniale per Dune non fa eccezione.
Le tute distillanti dei Fremen e le loro trappole del vento sono intuizioni che hanno stimolato nientemeno che la NASA, che sta studiando soluzioni simili per le proprie missioni di colonizzazione future. Ma l’influenza di Dune, inevitabilmente, si sposta anche nel mondo del fantastico, dove l’universo futuro di Herbert è diventato l’ispirazione per altri grandi narratori, uno su tutti George Lucas.
Come ha detto più volte Lucas,
“Senza Dune, Guerre Stellari non sarebbe mai esistito”
Non è un caso, infatti, che in una delle prime stesure de Una nuova speranza il carico che Leia trasportava non fossero i due droidi, ma un ingente quantità di Aura Spezia, rubata all’imperatore. Se questo dettaglio non arriva alla versione finale del film, non si può certo dimenticare come Tatooine paghi un grosso tributo ad Arrakis, considerato il suo clima desertico o come i Tusken abbiano una radice comune con i Fremen.
Altrettanto difficile è ignorare come Jabba The Hutt abbia una somiglianza marcata con la versione divina di Leto II, apparso in L’Imperatore Dio di Dune, pubblicato nel 1981, proprio mentre Lucas stava lavorando al seguito di Star War, L’impero colpisce ancora, pellicola in cui appare per la prima volta il vermiforme gangster.
In campo letterario, leggendo la saga de La ruota del tempo di Robert Jordan si può notare come la popolazione degli Aiel sia stata delineata dalla figura dei Fremen. Popolo del deserto, guerriero e animato da una cultura tribale basata su un rapporto peculiare con la rara acqua, gli Aiel sono gli eredi letterari dei Fremen di Arrakis.
Questi due esempi possono facilmente far comprendere come la galassia futura creata da Frank Herbert sia un universo letterario in cui siano presenti elementi narrativi di grande valore, che hanno radicalmente cambiato la fantascienza letteraria, stimolando anche coloro che avrebbero rivoluzionato il modo di raccontare la sci-fi al cinema.
Potete entrare nell'universo creato da Frank Herbert leggendo il primo volume della sua saga, Dune