La fine del mondo è vicina. In diverse opere è presente questo inquietante monito, un segnale che dovrebbe spingere l’umanità a cambiare rotta prima che sia troppo tardi. Ma quanto tempo resta effettivamente alla razza umana prima del punto di non ritorno? O per dirla alla Ligabue, "a che ora è alla fine del mondo?" Per rispondere a questa domanda non può esserci nulla di meglio di un orologio, ma non uno qualunque, un assunto che ha portato, il 1° giugno del 1947, alla nascita del Doomsday Clock, che in italiano è stato ribattezzato come Orologio dell'Apocalisse.
Dietro la nascita di questo inquietante monito, si nasconde una delle più grandi paure della storia recente dell’umanità: l’olocausto nucleare. Il Doomsday Clock, infatti, è figlio diretto della minaccia atomica nata sul finire della Seconda Guerra Mondiale, una presenza che ha pesantemente influenzato la società post-bellica, in modi imprevedibili. Questa spada di Damocle posta sul capo dell’umanità, però, era stata già anticipata da un gruppo di scienziati, che consci di quello che rappresentava l’era atomica, arrivò a concepire il Doomsday Clock come strumento di sensibilizzazione per i potenti del mondo.
Dalla bomba atomica al Doomsday Clock
Ma chi erano questi scienziati? In un certo senso, erano coloro che resero necessario il Doomsday Clock, visto che gran parte di questi uomini di scienza erano stati parte del Progetto Manhattan, il gruppo di ricerca scientifica segreto del governo americano che, durante la Seconda Guerra Mondiale, portò alla creazione della prima bomba atomica. Per amore di verità, non tutti coloro che contribuirono a questa ricerca erano consci di ciò che stavano contribuendo a realizzare, ma tra i pochi informati delle vere velleità del Progetto Manhattan non mancarono voci di dissenso.
Nomi illustri come Leo Szilard e Albert Einstein avevano contribuito a creare una certa apprensione nelle alte sfere del governo americano, avvisando nel 1939 che in breve tempo il regime nazista avrebbe potuto avere a disposizione una bomba nucleare. Da questo timore ebbe vita il progetto atomico americano, che una manciata di anni dopo era giunto al punto di teorizzare la costruzione di un ordigno atomico, un obiettivo scientifico ragguardevole ma eticamente sconvolgente. L’idea stessa di potere impiegare una simile arma, considerata dai suoi stessi creatori come un insulto alla vita, spinse gli scienziati a redigere nel 1945 il Rapporto Franck, con cui invitavano il governo a fare una dimostrazione di forza all’interno di una zona disabitata, usandola più come arma psicologica per spingere il Giappone alla resa. La richiesta non venne accolta, spingendo quasi tutti i membri del Progetto Manhattan a firmare una nuova richiesta di non utilizzare l’arma atomica, ma come la storia ci insegna anche questa supplica cadde nel vuoto.
L’utilizzo di ordigni atomici sul suolo giapponese nell’agosto del 1945 fu un duro colpo per gli scienziati appartenenti al Progetto Manhattan. Universalmente nota la reazione di Oppheneimer, che riconobbe il ruolo avuto commentando il primo lancio con un laconico “I fisici hanno conosciuto il peccato”, ma non meno importante fu reazione di un gruppo di studiosi appartenenti al Progetto Manhattan, i cosiddetti Chicago Atomic Scientist.
Sconvolti dalle conseguenze dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, questi studiosi sentirono come un compito morale il creare una consapevolezza sociale attorno a quanto accaduto, non sottraendosi alle proprie responsabilità, ma scegliendo di affrontarne le conseguenze. Animati da questa intenzione, questi scienziati diedero vita a una pubblicazione, il Bulletin of the Atomics Scientist, sulla cui prima copertina campeggiava un orologio stilizzata, fisso a sette minuti prima della mezzanotte. Era la prima apparizione del Doomsday Clock.
L’importanza del Bulletin of the Atomic Scientist venne chiarita da John Simpson, che dopo avere partecipato al progetto Manhattan fu nominato primo presidente del Bulletin:
“Per la prima volta, nella storia moderna, gli scienziati stanno avvisando che è necessario aver giudizio su come vengono impiegare le loro invenzioni”
Doomsday Clock, la mezzanotte incombe
A creare il Doomsday Clock, dal punto di vista grafico, fu Martyl Langsdorf, artista moglie di uno dei membri del Bulletin, su richiesta del fondatore di questa organizzazione Hyman Goldsmith. Dopo una prima serie di goffi ciclostilati privi di un qualsivoglia apporto grafico, ragione per cui Goldsmith, nella speranza di diffondere maggiormente il Bulletin, volle introdurre un elemento visivamente identificativo per la pubblicazione.
La scelta di un orologio fu dovuta al concetto di mostrare una sorta di conto alla rovescia verso il punto di non ritorno, ma soprattutto trasmetteva un senso di concreta possibilità, a meno che non si intervenga in modo concreto per "fermare" il tempo. Come spiegò uno dei co-fondatori del Bulletin, Eugene Rabinowitch:
“L’Orologio del Bulletin non è una valvola con cui indicare alti e bassi della lotta di potere internazionale. È stato concepito per riflettere i cambiamenti, anche minimi, del livello di pericolosità in cui vive l’umanità durante l’era atomica”
È comprensibile come nel 1947, quindi, l’era atomica fosse considerata come la potenziale fine dell’umanità, portando gli scienziati a fissare le lancette molto vicine alla mezzanotte. La scelte precisa dell’orario, ossia le 23:53, fu dovuta a un caso, in quanto la Langsdorf riteneva che questa posizione fosse esteticamente gradevole.
Ma perché si è scelta la mezzanotte? A determinare questa decisione fu il concetto che la mezzanotte coincidesse con la fine del tempo, del lungo giorno in cui si era evoluta la razza umana. Non era solamente la minaccia di una guerra a coincidere con la mezzanotte, ma veniva incluse altre cause che potevano indurre le nazioni a dare vita a situazioni di pericolo: politica, crisi energetiche, inquinamento e diplomazia vennero presto inserite nei fattori considerati.
Tutti questi elementi concorrono ad avvicinare o allontanare le lancette dalla fatidica mezzanotte della razza umana. Sul Doomsday Clock, infatti, il tempo non scorre come su un orologio qualunque, ma in relazione all’ultimo scatto delle lancette, spingendo gli scienziati che lo curano a ragionare come se fosse un gigantesco countdown, stabilendo quanto tempo resta prima della fine.
Con il passare degli anni, le cause che potevano spingere il comitato del Bulletin a muovere le lancette sono ovviamente aumentate. La scelta di avvicinarsi o allontanarsi dalla mezzanotte viene presa durante due sessioni annuali in cui il comitato, analizzando tutte le potenziali minacce, decide come aggiornare il Doomsday Clock. Questo comporta un non sempre tempestivo aggiornamento, come accaduto durante la Crisi di Cuba del 1962, avvenuta durante le due sessioni di confronto del comitato.
L'ultimo minuto del Doomsday Clock
Fino al 1973 scegliere se spostare o meno la lancetta sul Doomsday Clock spettava a Eugene Rabinowitch, editor del Bulletin. Rabinowitch sfruttava anche il suo ruolo come membro di spicco di movimenti per il disarmo nucleare, condizione che gli consentiva di confrontarsi con capi di stato, avendo quindi un’idea chiara delle potenziali minacce.
Alla morte di Rabinowitch, questo compito è passato al Comitato per la Scienza e Sicurezza del Bulletin, organo collegiale composto da 18 studiosi, ognuno con un diverso background che consente di avere una visione globale della situazione della società umana. Ecologisti, politologi, scienziati nucleari e analisti militari fanno parte di questo think tank, le cui valutazioni portano a scegliere come muovere le lancette del Doomsday Clock.
Non più quindi solo il pericolo atomico, ma ogni possibile pecca dell’umanità viene presa in considerazione. Ogni potenziale creazione dell’uomo che possa condurre all’Apocalisse, come intelligenze artificiali o nuove tecnologie, viene presa in considerazione. Il che porta a domandarsi: cosa succederà quando il Doomsday Clock batterà la mezzanotte? In una parola semplice: Armageddon. Ma come Daniel Holtz, astrofisico e membro del Comitato per la Scienza e Sicurezza, le nuove tecnologie e i nuovi pericoli rendono, in un certo senso, più complesso posizionare le lancette rispetto agli albori del Doomsday Clock.
“Il numero di modi in cui possiamo avviarci verso l’Armageddon è davvero alto. Ma questo è un qualcosa con cui tutti noi possiamo aiutare a impedire. Se agiamo ora, possiamo evitare alcune delle peggiori, inquietanti minacce alla nostra civiltà. Muovetevi per un cambiamento, non è troppo tardi”
Una concezione condivisa anche dal suo collega Robert Rosner, che vede il Doomsday Clock alla stregua del canarino usato dagli operai nelle miniere: un segnale di allarme a cui dare una risposta immediata.
“Le esperienze passate ci hanno insegnato, durante i momenti peggiori della Guerra Fredda, che possiamo unire gli sforzi per affrontare certe sfide.”
Un augurio che si spera sia ancora valido, considerato che al momento il Doomsday Clock è fisso a 100 secondi dalla mezzanotte. Una posizione che l’attuale direttrice del Bulletin, Rachel Bronson ha spiegato molto chiaramente:
“Le lancette del Doomsday Clock sono rimaste troppo vicine alla mezzanotte. La terribile epidemia del COVID-19 ha la funzione di campanello d’allarme: un ritratto preciso di come governi e organizzazioni internazionali siano attualmente incapaci di gestire serie minacce capaci di cancellare la nostra civiltà”
A oggi, per il Comitato per la Scienza e Sicurezza uno dei pericoli più concreti che potrebbe spingere a muovere le lancette del Doomsday Clock verso la mezzanotte è il cambiamento climatico, che, nonostante un abbassamento dei livelli di CO2 come conseguenza dei lockdown degli ultimi due anni, rappresenta ancora il vero pericolo del futuro, come spiegato dalla dottoressa Susan Solomon, chimica e membro del Comitato per la Scienza e Sicurezza:
“Nel prossimo decennio dobbiamo diminuire drasticamente l’uso di combustibili fossili, se vogliano evitare le peggiori conseguenze sul piano del clima. Al contrario, si prevede il loro aumento, con concentrazioni di gas serra nell’atmosfera record per il 2020, che rimane uno dei due anni più caldi mai registrati. I cicloni e gli incendi dello scorso anno son una riprova dei danni della devastazione futura, destinata ad aumentare se i governi mondiali non accresceranno gli sforzi per azzerare l’emissione di gas serra”
Oltre al problema climatico, per i componenti del Comitato per la Scienza e Sicurezza altre due sono le potenziali cause dell'ultimo scatto verso la mezzanotte: la proliferazione nucleare e le tecnologie distruttive, comprese la cyber-sicurezza e la manipolazione genetica.
Il Doomsday Clock nella pop culture
La presenza all'interno della pop culture del Doomsday Clock è più sul piano concettuale che non citazionista. La fantascienza, specialmente letteraria, ha fatto proprio il senso di ineluttabilità teorizzato da questo orologio, che ha raggiunto la narrativa di autori che hanno sempre avuto una particolare affinità con una visione negativa dell'evoluzione sociale, come Dick. Ma non sono mancate manifestazioni più evidenti del Doomsday Clock all'interno della pop culture.
The end is night. Questa scritta campeggiava sul cartello con cui Rorscharch, in abiti civili, vagava per le strade di New York in Watchmen, un monito con cui l’uomo tentava di avvisare che il mondo fosse prossimo alla fine. Non è un caso che questo messaggio compaia in un fumetto in cui è centrale per gli eventi narrati la distruzione del mondo come lo conosciamo, dove la minaccia principale è l’olocausto nucleare minacciato da una guerra atomica tra le due superpotenze, un’incombente distruzione che, nel fumetto di Moore e Gibbons, viene identificata anche grazie alla presenza del Doomdsday Clock, che ritorna nella versione cinematografica di Zack Snyder e nella serie sequel.
Anche il Dottor Who ha avuto a che fare con il Doomsday Clock, che viene espressamente citato nell’episodio Four to Doomsday (1982), mentre in La Piramide alla fine del mondo (2017), ogni orologio della Terra mostra il quadrante del Doomsday Clock, come avviso della fine imminente del nostro mondo.
Nella musica, il Doomsday Clock ispira il titolo dell’album Minutes to Midnight dei Linkin Park, compare all’inizio del video di Russians di Sting ed è l’ispirazione del brano 2 Minutes to Midnight degli Iron Maiden, che in Powerslave (1984) utilizzano quello che allora il minor distacco dalla mezzanotte, ossia i due minuti registrati dal 1953 al 1960.
Il Doomsday Clock è forse oggi poco noto, considerato quasi un divertissement intellettuale con cui gli scienziati si cimentano per comprendere quanto la nostra civiltà possa essere prossima alla fine. Non mancano ovviamente detrattori che vedono negli strumenti di analisi impiegati delle falle, ma è innegabile che il Doomsday Clock sia un monito che non andrebbe ignorato tanto facilmente.