In Dominion i giocatori vestono i panni del re di un piccolo e ameno regno; l’ambizione è trasformare questa monarchia in un ampio impero, annettendo feudi, possedimenti e tenute, fino ad arrivare a possedere il Dominio più esteso.
La prima edizione di questo titolo risale al 2008 e fu considerato a tutti gli effetti il gioco che contribuì più di ogni altro alla diffusione del genere deck building. Nel 2016 è uscita la seconda edizione, che finalmente arriva in Italia grazie a Giochi Uniti.
Costruire il Dominio
Il gioco è il prototipo di deck building e tutta la meccanica è completamente centrata su questo aspetto (al contrario per esempio di El Dorado, titolo che affianca alle meccaniche di costruzione del mazzo, anche una plancia e movimenti di pedine).
Il turno si compone di tre fasi: giocare carte azione, effettuare acquisti e “ripulire” la propria area di gioco.
Durante la fase delle azioni è possibile effettuare una sola azione, a meno che l’azione stessa non permetta di effettuarne di nuove. Questo è il primo elemento caratterizzante del gioco, in quanto è necessario costruire piccoli motori a incastro che permettano, mano a mano che il mazzo prende forma, di andare oltre questo limite e innescare reazioni a catena che porteranno a fare molte più azioni. Ogni carta di questo tipo ha inoltre altri effetti, quali pescare carte, offrire bonus nella fase di acquisti o alterare le posizioni delle carte del mazzo o degli scarti. Ci sono anche (poche) carte che permettono di attaccare gli avversari, ma per lo più il gioco si concentra sul gioco indipendente.
La fase di acquisto consiste nell’arricchire il proprio mazzo con nuove carte, da comprare da un’area comune composta da dieci tipi di carte diverse, a disposizione di tutti i giocatori. A meno di bonus derivanti da azioni effettuate nella fase precedente, è possibile acquistare una sola nuova carta a turno. Queste si dividono in: azioni, denaro e vittoria; solo le ultime forniscono i punti per vincere la partita, ma sono assolutamente inutili durante lo svolgimento della stessa, diventando quindi un elemento che smorza l’efficacia del mazzo costruito.
L’ultima fase è quella della pulizia: alla fine di ogni turno infatti ogni carta (usata o non usata) finisce negli scarti e il giocatore pesca una nuova mano di cinque carte dal proprio mazzo. Questa scelta comporta che ogni turni sia completamente indipendente e non permette quindi tattiche svolte su più turni.
Il gioco termina quando non ci sono più carte Provincia disponibili o quando tre dei dieci tipi di carte della riserva comune sono terminate.
Quante strategie?
Il gioco presenta venticinque tipi di carte differenti ma solo dieci di esse saranno usate in ogni partita. E’ possibile scegliere la combinazione di carte a tavolino, utilizzare diverse composizioni presenti sul regolamento, ognuna con un’ambientazione specifica, oppure scegliere a caso attraverso un’estrazione. E’ evidente che ogni set metterà a disposizione usi diversi delle carte e combinazioni ogni volta differenti, influenzando direttamente le strategie attuabili che dovranno essere individuate e messe in atto in maniera opportuna.
Poco dopo l’uscita della prima edizione del gioco scoppiò fra gli appassionati una feroce polemica che metteva in luce come una particolare strategia (chiamata Big Money) permettesse di vincere qualsiasi partita attraverso un algoritmo molto banale, indipendente dalle carte usate. Il tempo e gli appassionati hanno dimostrato che questa strategia non solo non è imbattibile (se non per i neofiti), ma anzi può essere usata per giocare da soli e fornisce un valido punto di riferimento per capire come e quanto si sta migliorando nel gioco.
Oltre confine
Sono due gli elementi che rappresentano un po’ i limiti del gioco: la scarsa interazione e la meccanicità assunta dalla partita all’approssimarsi della conclusione.
L’interazione è un elemento distintivo che può influenzare enormemente il giudizio sul gioco: se si cerca infatti un titolo che permetta strategie atte a bloccare gli avversari, concorrere in maniera decisa su risorse, intervenire sulle tattiche altrui, allora Dominion non è certamente il titolo corretto. Il gioco è fortemente centrato sul proprio mazzo e sulle proprie strategie e le carte che permettono interazione sono estremamente limitate. E’ importante ricordare però che questo non significa che non sia fondamentale seguire anche il gioco degli avversari: capire per tempo le strategie in atto è necessario per capire la direzione che sta prendendo la partita; operare un obiettivo confronto fra le proprie scelte e quelle degli altri giocatori permette di capire se si deve aggiustare il tiro o meno.
Come un po’ tutti i titoli del genere, Dominion pecca anche di meccanicità a fine partita: quando il proprio “motore” di combinazioni è completato, si procede in maniera abbastanza meccanica (nei limiti dell’aleatorietà dettata dalla pesca delle carte) e, soprattutto quando i giocatori hanno un diverso livello di esperienza, si sa già chi ha vinto prima della conclusione della partita.
Seconda edizione
Il confronto con l’edizione precedente mette in luce la solidità del progetto originale. Le meccaniche sono invariate, anche se il regolamento è stato rivisto con il fine di renderlo più chiaro e comprensibile. Alcuni tipi di carte sono state eliminate e sostituite da altre (sei su venticinque), mentre le restanti sono rimaste identiche (alcune sono state semplicemente riformulate per chiarezza). È stata infine inserita una plancia cestino.
Conclusioni
Dominion è un buon titolo, un must per gli appassionati del genere ma in realtà adatto a tutti, esperti e non. La grafica un po’ datata lo rende forse non gradevole ai palati più fini e moderni, ma la componente strategica è sicuramente di alto livello. La scarsa interazione lo rende un gioco adatto a chi cerca un divertimento “a bassa tensione”. Come spesso accade ai titoli adatti a un target molto ampio, si consiglia di giocare in gruppi con un livello simile di esperienza.
Materiali
Dominion è un gioco con pochissimi materiali: oltre al regolamento e una piccola plancia, tutto ruota intorno alle carte. La cura estetica è sicuramente oramai datata: le illustrazioni non sono al passo con i tempi e il manuale presenta un layout e una grafica certamente molto sotto la media di qualsiasi gioco moderno. Sicuramente apprezzabile l’idea (già presente nella prima edizione) di inserire nella scatola un portacarte che aiuta a tenere tutti gli elementi divisi, mantenendo tutto molto ordinato e velocizzando enormemente il setup delle partite.
Gioco indicato per
Dominion è un gioco adatto a tutti, neofiti e esperti. Ha una grande longevità e una profondità strategica eccellente. E’ un must per ogni appassionato del genere deck building, non solo per aspetti meramente storici, visto che ha definito il genere, ma anche perché, a tredici anni dall’uscita, non sfigura affatto in confronto a titoli più recenti. Sicuramente non adatto a chi cerca giochi che si basino su forte interazione con gli altri giocatori.