Dirty Dancing, storia di un cult generazionale prima incompreso e poi amato

Dirty Dancing resta un cult immortale. Abbiamo deciso di raccontarvelo attraverso le sue dinamiche di produzione.

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a cura di Nicholas Massa

È il 1987 e al cinema troviamo film come Over The Top, Gli Intoccabili, Full Metal Jacket, Predator, L’Impero del Sole, Wall Street. Uno fra tutti però attirerà l’attenzione del grande pubblico, non soltanto per via del suo titolo e della campagna pubblicitaria che lo accompagnerà in sala, ma soprattutto per le premesse completamente differenti da qualsiasi altra pellicola in programmazione. Tutti quanti conoscono Dirty Dancing, è inutile negarlo. Si tratta di una di quelle storie che non soltanto resta legata agli annali del mezzo cinematografico per il suo generale successo, ma specialmente per l’impatto culturale che ebbe all’epoca della sua uscita, divenendo ben presto un cult immortale continuamente citato anche a distanza di oltre 30 anni. Un film generazionale quindi, che raccoglie tutto l’amore e l’attenzione dietro alla sua creazione, plasmandolo in un successo che si fa prima monetario e poi, quasi subito, culturale e distintivo nel tempo. 

Il 21 agosto del 1987 vede l’uscita, negli Stati Uniti, di questa pellicola su cui nessuno avrebbe scommesso nulla fino a quel giorno, almeno fino al momento in cui il grande pubblico non ci si relazionò in linea diretta. La ribellione alla base di questo particolare titolo infatti, si rispecchia direttamente con le vicende che hanno visto la nascita e la produzione di Dirty Dancing, stesso, seguendo una strada parecchio complicata e su cui neanche i grandi nomi di Hollywood vollero scommettere un centesimo fino alla fine. Un azzardo incredibile, come poi vedremo, disegna le dinamiche produttive di questa pellicola di cui ancora oggi continuiamo a parlare, ricordandovi che è possibile recuperarlo sia su Netflix che sulle altre piattaforme di streaming.

Dirty Dancing: tutti rifiutano la storia di questa ragazza

Per parlare adeguatamente di Dirty Dancing è bene cominciare dalla sua stessa scrittrice: Eleanor Bergstein. Fu lei infatti l’ideatrice e creatrice dell’intera storia, costruendo ogni singolo sviluppo e personaggio, mettendoci il cuore e l’anima che conosciamo. Un fatto, però, risulta immediatamente curioso nel momento stesso in cui si cominciano ad approfondire le dinamiche adolescenziali di questa scrittrice, specialmente quando la sua stessa storia biografica combacia perfettamente con alcune delle dinamiche principali del film. Anche se lei ha sempre negato il tutto nelle varie interviste che le sono state fatte nel corso degli anni, la situazione parrebbe essere abbastanza chiara ancora oggi. Siamo negli anni ’50 e una giovanissima Eleanor Bergstein all’epoca soprannominata Baby  (in quel periodo aveva circa 12 anni), è solita recarsi in vacanza coi suoi, durante il periodo estivo, nei Catskill (stesso posto in cui è ambientato il film) e suo padre di professione faceva il medico. Ovviamente con un primo sguardo tutto si ricollega perfettamente al film, anche perché le vicende ad aprire la trama si ricollegano perfettamente alla vita di Eleanor. Come scritto anche sopra però, lei ha sempre negato che la pellicola parlasse della sua vita, pur se resta innegabile il suo attingere, nella creazione della storia, da alcuni dettagli della sua infanzia. Certamente attingere non significa trattare la stessa identica storia, anche se tutto ciò risulta nell’immediato interessante. Un’altra cosa, gli amici di Eleanor erano amanti dei dirty dancing. 

Risulta importante, nel raccontare la storia dietro a questa pellicola, anche lo spiegare che cosa sono e fossero i cosiddetti dirty dancing, questi balli proibiti che all’epoca non venivano affatto visti di buon occhio dagli adulti benpensanti e dalle classi borghesi americane. Il nome stesso a identificarle è piuttosto esplicativo in merito alle loro caratteristiche, anche perché quando si parla di questo particolare modo di ballare s’intende un vero e proprio ballo proveniente dalla strada, in cui ci si tocca, struscia e muove l’uno contro l’altro così da instaurare un vero e proprio dialogo fra i corpi delle persone coinvolte. All’epoca i dirty dancing erano solitamente organizzati nei seminterrati delle case, lontani dagli sguardi dei genitori. Una sorta di ribellione giovanile quindi, che da un passato vicino ritorna negli anni ’80 a definire un’intera generazione e a definirsi nel linguaggio comune di tutti i giorni come dinamica più comprensibile e vicina.

Partendo proprio da tutto ciò e dall’amore di questa scrittrice verso questi “balli proibiti”, Eleonor deciderà di portarseli dietro anche nella sua successiva carriera di scrittrice per il cinema, tentando d’inserirli nei vari copioni cui prese mano nel tempo. 

Nel 1980 la vediamo lavorare al copione del suo primissimo film Amarti a New York (It’s My Turn in lingua originale) con l’intenzione di scrivere una scena incentrandola proprio su questi dirty dancing. La sua proposta però non venne accettata, cosicché la sua scena incentrata sulla danza dei due protagonisti venne sostituita con una più diretta, semplice ed esplicativa scena di sesso. Questa prima esperienza in ambito creativo-cinematografico fu piuttosto segnante per Eleanor, la quale da quel momento decise che avrebbe, in qualsiasi modo possibile, scritto qualcosa al cui centro vi sarebbero stati questi particolari balli, con l’intenzione di non farsi censurare più da nessuno. Fu proprio in quel periodo della sua vita che le venne l’idea per Dirty Dancing. 

Nel sistema produttivo cinematografico però, non basta avere una buona idea e una buona penna. Per dar lustro e visibilità tangibile alle proprie opere risulta sempre centrale la figura del produttore. In questo caso Eleanor si rivolse così a Linda Gottlieb, avendola conosciuta attraverso alcune dinamiche personali, e sapendo che in quel periodo era alla ricerca di nuove idee da proporre alla MGM. I primissimi germogli del film presero forma nel corso di un pranzo insieme fra queste due, in occasione dell’incontro Eleonor raccontò la sua idea a Linda: “Voglio fare un film su due sorelle ai Catskill negli anni ’60”.

La produttrice, però, di primo acchito non accolse l’idea di buon gusto, non dimostrando quindi l’interesse che la scrittrice si sarebbe aspettata da lei. Quando però cominciò a raccontarle dei dirty dancing con i suoi amici tutto cambiò di botto. Per Linda quello era un titolo da un milione di dollari, così esortò Eleanor costruirci intorno l’intera storia.

Così Dirty Dancing venne scritto e delineato secondo una visione anche nuova. Da quel momento Linda avrebbe dovuto trovare soltanto uno studio per produrre il tutto. All’epoca era in contatto con la MGM, casa celebre per il suo interesse verso i musical e i prodotti legati a musica e danza. Sottoposta l’idea a Frank Yablans (all’epoca presidente della MGM) tutto sembrava fatto. Gli piacque l’idea. Purtroppo il giorno seguente alla lettura Yablans venne licenziato e il progetto tornò nell’ombra.

Linda doveva trovare quindi qualcun altro cui sottoporre il copione, così da mantenerne i diritti, ora nuovamente nelle sue mani. I tentativi furono molteplici ma tutti i più grandi studi di Hollywood si rifiutarono d’investire nel film. Linda ricevette circa 42 lettere di rifiuto. La situazione sembrava disperata. Per cercare di comprendere il perché di tutti questi rifiuti è bene dare uno sguardo a quella che veniva proiettato nelle sale all’epoca. Negli anni ’80 al cinema si prediligevano film al alto tasso di machismo e testosterone come se piovesse. Un film al cui centro troviamo il ballo e un aborto non rispecchiava esattamente gli standard maggiormente richiesti di quel periodo. Quindi Hollywood divenne ben presto una soluzione estranea alla visione definitiva verso la pellicola.

In soccorso di Eleanor e Linda venne una società all’epoca specializzata nella commercializzazione dei VHS: la Vestron. Siamo nei primi anni ’80 e le grandi major non avevano minimamente considerato quella che poi divenne l’importanza delle VHS, delle cosiddette videocassette. L’home video stava quindi cominciando a germogliare attraverso i primi semi piantati dai pochi che vi credevano. Questi, tra cui la società suddetta, videro in questa specifica fruizione un’opportunità che diede i suoi frutti nell’immediato, dato il totale disinteresse dei grandi investitori. Tutti questi soldi dovevano essere inevitabilmente investiti in qualcosa di redditizio, dato che le major prima o poi avrebbero colto la palla al balzo. Così società come la Vestron cominciarono ad investire su film propri, da loro finanziati. Questo genere di evoluzione condusse quindi alla Vestron Pictures, composta da un gruppo di persone che avrebbero concentrato le proprie energie e risorse nella creazione di pellicole su cui guadagnare anche in futuro. Essendo la Vestron Pictures uno studio indipendente, agli inizi avevano a disposizione, per i loro progetti, soprattutto i copioni scartati da tutti gli altri studi. Nel marasma cartaceo che gli addetti ai lavori si trovavano a leggere di giorno in giorno venne fuori proprio il copione di Dirty Dancing.

Fu Mitchell Cannold a restare completamente ammaliato da quel copione, scegliendo di condurlo alla fase successiva. In fase di produzione venne contattata Linda e venne scelto un regista consono nell’immediato. Emile Ardolino comparve immediatamente come una delle scelte più azzeccate, almeno secondo loro, data la sua esperienza e la vittoria di un oscar per un cortometraggio interamente costruito sulla danza. Così la Vestron accettò di produrre il film con un budget bassissimo però: circa 4 milioni di dollari.

Dirty Dancing e la ricerca di cast e location 

Uno dei primi problemi nella costruzione di Dirty Dancing fu la scelta della location perfetta, che rispecchiasse alla perfezione quanto scritto nel copione e la visione di Eleanor stessa. Alla base di questa visione bisognava trovare il modo di ricostruire, con le varie scenografie, un vero e proprio villaggio turistico costoso, con location che potessero essere collegate alle Catskill in piena estate. Dato che affittare un’intero villaggio estivo, in piena estate e in quella zona, risultò immediatamente troppo costoso, si optò per un’altra zona più a sud nel paese, con uno chalet nei pressi di un lago: il Mountain Lake Lodge. A livello di prezzi qui la situazione era molto più accessibile, con un posto che sembrava già di per sé ancora immobilizzato negli anni ’60, prestandosi quindi alla perfezione con quello che stavano ricercando.

Con il budget che avevano potevano permettersi soltanto 14 giorni di riprese sul posto, così molte altre scene (specialmente quelle di danza) vennero girate in un campeggio posizionato in North Carolina. Nel corso di questa prima fase di Dirty Dancing cominciò a fare capolino un altro problema affrontato più avanti, quello legato ai diritti delle canzoni per la colonna sonora, parecchio dispendiosi.

Non appena trovata  la location perfetta si cominciò a riflettere su quello che sarebbe stato il cast di Dirty Dancing. La prima in lista da selezionare fu Baby. Qui vi fu il primo scontro fra la visione di Eleonor, la quale aveva in testa le caratteristiche perfette per il personaggio che aveva scritto, e quella dei dirigenti della Vestron, i quali avrebbero dovuto approvare ogni singolo attore. Quest’ultimi provarono a suggerire alcune attrici molto sexy dell’epoca, ma Linda ed Eleanor avevano ben chiaro come Baby avrebbe dovuto essere. Dal loro punto di vista si sarebbe dovuto trattare di una ragazza abbastanza acqua e sapone, minuta e dai capelli ricci, con cui il pubblico non avrebbe avuto alcuna fatica ad entrare in contatto impersonandocisi.

Nell’indecisione generale la scelta finale s’indirizzò verso Jennifer Grey, la quale colpì produttrice e scrittrice fin dal suo primissimo provino. La Grey aveva avuto soltanto ruoli secondari fino a quel momento e fu proprio la sua genuina goffaggine a colpire in fase di selezione. Anche la scelta di Johnny Castle non fu facilissima, forse anche più complicata di quella di Baby. In questo caso l’attore selezionato non soltanto avrebbe dovuto stregare sul set, ma la sua tecnica di ballo doveva essere professionale. In fase di selezione Eleanor venne attratta dallo sguardo che Patrick Swayze aveva nella fotografia allegata al curriculum. 

Il problema era che nel testo del curriculum aveva riportato chiaramente che non avrebbe accettato ruoli in cui ci fosse stata la danza. Questo al principio lo escluse, per poi ritornare a rifletterci in seguito ad alcuni accertamenti sulla sua storia biografica e sulla precedente carriera. Era stato un ballerino, anche professionista, e per qualche inspiegabile motivo aveva specificato quella cosa nel suo curriculum. Così venne convocato sul set e dopo qualche prova insieme a Jennifer trovarono il Johnny Castle perfetto per Dirty Dancing.

Con l’avanzare delle prove però Patrick cominciò a tirar fuori problemi specialmente verso il titolo del film e sul suo impatto su quella che sarebbe stata la percezione da parte del suo pubblico. In poche parole non voleva essere percepito come un ballerino, ma come un attore. Tutto ciò si ricollegò a quella frase suddetta presente nel curriculum in relazione al ballo. Il suo non voler ballare era dovuto al fatto che durante il periodo del liceo si era letteralmente distrutto il ginocchio durante una partita di football. Da ciò la rinuncia definitiva alla carriera di ballerino concentrandosi principalmente su quella di attore. Nel suo scendere a comprimessi per il ruolo di Dirty Dancing giocò un ruolo centrale la tenacia di Eleonor, la quale lo volle a tutti i costi come Johnny. 

Se da una parte troviamo l’estrema convinzione di Eleanor nel volerlo nel film, dall’altra troviamo, invece, una visione del tutto opposta da parte di Jennifer Grey, la quale non avrebbe voluto lavorare con lui. Questi dissapori sono da ricollegare al film del 1984 Alba Rossa, in cui troviamo entrambi nel cast. Dopo alcuni chiarimenti in privato fra i due attori comunque tutto partì, con i vecchi sentimenti apparentemente alle spalle di entrambi.

Tutto prende forma 

Le riprese di Dirty Dancing ebbero inizio il 5 settembre del 1986, al Mount Lake Lodge. Data la probabile percezione che i proprietari avrebbero potuto avere nei confronti del film la troupe nascose, almeno parzialmente, la reale identità della pellicola stessa. Resta comunque fondamentale lo specificare che il titolo stesso rappresenta una minuscola parte dell’intero arco tematico alla base della storia. Si ritornò in quei primi momenti a riflettere sulla colonna sonora e su quelle che sarebbero state le sue canzoni centrali. Il cuore stesso di Dirty Dancing restano il ballo e la musica che si fa non soltanto strumento di attrattiva ma vero e proprio specchio concettuale e distintivo fra le due classi sociali in atto di scena in scena.

Data la ristrettezza del budget, in attesa di una colonna sonora ufficiale, le prime scene di danza e coreografie vennero realizzate con altre canzoni (come quelle dei Genesis ad esempio), o addirittura, sotto suggerimento, adottando soltanto un metronomo in scena. Fondamentale, per quanto concerne la faccenda film, fu l’apporto di Patrick Swayze, il quale suggerì di utilizzare una canzone che scrisse anni prima: “She’s Like the Wind”. Detenendone i diritti e risultando perfettamente calzante, ammortizzò di tantissimo i costi per la colonna sonora. Tutte le melodie restanti vennero ottenute da Jimmy Ienner, cercando di restare il più possibile fedele alla visione generale di Eleanor.

A seguito dei 14 giorni suddetti cast e troupe si spostarono in North Carolina per le scene restanti. Le differenze fra questa e l’altra location vennero ammortizzate quasi del tutto dall’abilità degli scenografi, i quali riuscirono a mascherare il tutto facendolo sembrare parte integrante dell’area precedente. 

Parlando delle scene di danza, anche qui gli sviluppi interni a Dirty Dancing furono interessanti. Partiamo dalle abissali differenze in ambito di tecnica fra i due protagonisti principali. Se da una parte troviamo in Patrick un vero e proprio professionista del ballo, dall’altra con Jennifer abbiamo una dilettante. Il fatto di dover imparare tutto quasi da zero contribuì, lato Jennifer, a costruire un vero e proprio percorso pedagogico che si rifletté immediatamente sulla trama stessa del film, con un appeal tangibile. Questo condusse Patrick a una continua frustrazione, frustrazione che lo accompagnò durante tutte le riprese della pellicola.

C’erano quindi palesi dissapori fra i due attori, dissapori che il regista stesso seppe canalizzare nelle performance in scena che tutti conosciamo. Un esempio palese di questo particolare rapporto sul set lo abbiamo con la scena, successivamente montata e inserita nel film, in cui i due protagonisti sono l’una davanti all’altro durante una delle tante prove insieme. Qui Johnny tenta di far scivolare la sua mano sul corpo di lei dal braccio fino al fianco, ricevendo, in risposta al movimento della mano, continue risate da parte di Baby. I ciak per questa scena furono così tanti che Patrick si spazientì e la frustrazione sul suo volto presente anche nel montaggio finale di Dirty Dancing è più vera e reale che non si può.

Il culmine delle riprese venne raggiunto con il finale e la scelta di quella che avrebbe dovuto essere la canzone conclusiva, apice e vertice dell’intera narrazione. Le riprese per la singola scena finale andarono avanti per tre giorni, tirando fuori una delle frasi più iconiche del film (“Nessuno può mettere Baby in un angolo”). Le difficoltà tecniche generali qui furono molteplici. Dalla coreografia alla gestione delle comparse e dei ballerini, fino al problema di Patrick. A quel punto Patrick aveva il ginocchio quasi fuori uso dal dolore. Ciò era dovuto agli innumerevoli ciak cui si era sottoposto nel corso delle riprese, come quelli legati al “salto dal palco”. La scelta per la canzone divenne inequivocabilmente “Time of Your Life”, allineandosi perfettamente con il modo del film fino a quel momento. Fra un dolore e l’altro, quindi, il gran finale prese forma, giungendo al primo montaggio di Dirty Dancing. Ora non restava altro da fare che mostrarlo ai dirigenti della Vestron.

Durante una delle proiezioni di prova vennero invitate 1000 persone in una sala per assistere alla pellicola. Queste furono letteralmente rapite e ammaliate dal film, al punto di esprimere pareri entusiastici sul posto. Così i dirigenti suddetti si convinsero a far partire il tutto, incorniciando l’arrivo del film con una campagna pubblicitaria dedicata.

Nel corso di quest’ultima mirarono principalmente verso un target adolescenziale, per quanto concerne il pubblico, e, una volta oltre qualche ostacolo legato agli sponsor, la strada per i cinema era aperta. Il primo week end di proiezioni mise immediatamente in chiaro il potenziale netto del film, con un gigantesco successo di pubblico e apprezzamento (successo che si proiettò nell’immediato anche verso l’album musicale derivato dal film). Dirty Dancing dominò al botteghino per circa 19 settimane consecutive, risultando il film indipendente con maggiori incassi mai realizzato.

Dirty Dancing: un film sulla lotta di classe

A discapito di tutto quello che il suo stesso titolo potrebbe suggerire, Dirty Dancing resta un cult immortale non soltanto per le sue scene di ballo “proibite”, ma soprattutto per quello che affronta nella sua intera narrazione. La storia è semplicissima: una famiglia dell’alta borghesia americana va in vacanza nelle Catskill, nel corso degli anni ’60. Baby, una ragazza dalle grandi potenzialità, entra in contatto con un mondo che fino a quel momento è stato ben lungi dalla sua esistenza borghese, imparando moltissimo sia sul mondo che la circonda, sia sulla sua famiglia che su se stessa.

Dirty Dancing è un film sulla lotta di classe, sulla pochezza perbenistica di un’America che non vuole vedere oltre la patina superficiale della propria costosa esistenza quotidiana. Parla di circoli elitari e della loro noncuranza verso le classi proletarie e lo fa non soltanto attraverso i suoi personaggi e sviluppi, ma anche attraverso la danza stessa, che qui si fa strumento, mezzo d’identificazione e coscienza di sé.

A comunicare tutto ciò troviamo personaggi come quello di Baby (Jennifer Gray) in cui è facilissimo identificarsi, o Johnny Castle (Patrick Swayze), un figlio della strada che viene letteralmente consumato da quest’America finta e ricca di valori vuoti. A contornare gli eventi abbiamo il Dr. Jake Houseman (Jerry Orbach), padre di Baby e personaggio centrale per la sua maturazione e presa di coscienza personale, Lisa Houseman (Jane Brucker), sorella di Baby, vicina a lei per alcune situazioni e ingenua per moltissime altre, Marjorie Houseman (Kelly Bishop), la madre di famiglia abbastanza distaccata e assente. A seguire i personaggi pronti a controvertite l’appartenne equilibrio della più classica delle vacanze estive: Penny Johnson (Cynthia Rhodes), colei al centro dello scandalo più grande, Robbie Gould (Max Cantor), tipico ragazzo della società bene che se infischia delle conseguenze delle proprie azioni, e Neil Kellerman (Lonny Price), rampollo dell’America borghese priva di qualsivoglia guizzo creativo o artistico, che non sia la priorità conservativa del proprio denaro.

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