Diabolik - Ginko all'attacco, recensione: il ritorno del demonio

Diabolik - Ginko all'attacco segna il ritorno del genio del crimine sul grande schermo a opera dei Manetti Bros.

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a cura di Giulia Serena

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Dopo meno di un anno dalla sua prima apparizione cinematografica a opera dei Manetti Bros., Diabolik è tornato. Dopo un'accoglienza non proprio positiva, il duo di registi italiani prova infatti a riproporre sul grande schermo la storia del genio del crimine creato da Angela e Luciana Giussani, e lo fa cambiandone il volto ma mantenendo lo stile della prima pellicola fortemente ispirata all'estetica del fumetto. Saranno riusciti questa volta a fare centro, o si tratta di un tentativo vano? Diabolik - Ginko all'attacco segue le vicende accadute nel primo film dove abbiamo visto l'inizio della storia d'amore tra Diabolik ed Eva Kant, adattando questa volta il 16° albo della serie a fumetti; la pellicola inizia con il furto di una corona appartenente alla collezione Armen, un oggetto talmente bello da togliere il fiato e dal valore inestimabile. Il genio del crimine però non si accontenta, e desidera rubare tutti gli altri gioielli della famiglia, approfittandosi di un'esibizione artistica in cui tutti i pezzi vengono indossati dalle ballerine.

Il colpo è un successo, ma la gioia di Diabolik ed Eva dura poco: l'ispettore Ginko aveva organizzato tutto, ricoprendo i gioielli con una vernice rintracciabile e riuscendo così a scovare il nascondiglio segreto di Diabolik. Lui ed Eva riescono prontamente a fuggire, ma la polizia prende possesso del covo, perquisendo non solo il bottino ricavato da anni di attività, ma anche i dispositivi e oggetti utilizzati dal ladro durante i suoi colpi. Il protagonista oltre ad aver perso tutto il suo arsenale è anche costretto a separarsi dalla complice, rimanendo così solo, senza un posto in cui stare e col fiato delle forze dell'ordine sul collo.

Diabolik... senza Diabolik

È proprio l'isolamento di Diabolik a rappresentare il primo problema della pellicola dei Manetti Bros.: quello che dovrebbe essere il protagonista ha uno ruolo decisamente non preponderante nella narrazione, la quale è incentrata soprattutto su Ginko ed Eva. Per quanto questo abbia senso, considerando che il film si chiama Diabolik - Ginko all'attacco, alla base si tratta comunque di un'opera dedicata al genio del crimine, vederlo dunque così poco in azione (nella parte centrale della pellicola è praticamente assente) lascia con una sensazione di insoddisfazione che non viene colmata da quelli che sono i personaggi che hanno più spazio.

In Diabolik - Ginko all'attacco c'è infatti la volontà di approfondire il personaggio dell'ispettore interpretato da Valerio Mastandrea, dandogli non solo più tempo sullo schermo rispetto al primo film, ma anche attribuendogli un'improbabile storia d'amore con Altea di Vallemberg, una duchessa sbucata dal nulla e che non ha una vera funzione nella narrazione se non quello di essere perdutamente innamorata dell'uomo. Il problema? A vestire i panni della donna è nientemeno che Monica Bellucci, la quale viene non solo ridotta a un ruolo stereotipato e non degno a un'attrice del suo calibro, ma anche vittima di una scelta di trucco e costumi che la rendono (forse) volutamente grottesca.

L'altro protagonista della pellicola è Eva Kant, interpretata ancora una volta da Miriam Leone, la quale non si discosta di molto dalla performance a cui avevamo assistito nel primo film: passa la maggior parte del suo tempo sullo schermo a fissare o a parlare col vuoto e a camminare in modo molto lento. Complice anche una scrittura tutt'altro che perfetta, è difficile essere convinti dal personaggio. Per farvi un esempio senza contesto, a un certo punto Eva cade a terra facendosi male dicendo "non riesco ad alzarmi"... alzandosi poi e riuscendo a camminare normalmente dopo nemmeno dieci secondi.

Diabolik - Ginko all'attacco: scelte azzeccate e scelte discutibili

Non solo Eva è vittima delle scelte discutibili dei Manetti Bros. perché Diabolik - Ginko all'attacco è purtroppo ricco di decisioni poco sensate o prevedibili. Si salva invece il doppio plot twist finale, che riesce a chiudere la narrazione in modo egregio e a fornire una conclusione che lascia le porte aperte a un terzo film che al momento non è stato annunciato né confermato, ma che, vista la rapidità con cui è stato prodotto questo sequel, non ci sorprenderebbe.

Un altro punto a favore della pellicola è Giacomo Gianniotti che rappresenta un Diabolik molto più convincente rispetto a Luca Marinelli e che, proprio per questo, ci sarebbe piaciuto vedere di più sullo schermo. L'attore riesce infatti a portare un'interpretazione fedele a quella dei fumetti, non solo nel look, ma anche nell'atteggiamento freddo, distaccato e diabolico. 

Diabolik - Ginko all'attacco pecca sulla regia che, per quanto cerchi di ricalcare lo stile fumettistico, risulta a tratti fin troppo forzata; gli effetti sonori ispirati ai cartoon e le transizioni simili a delle vignette funzionano, ma non si può dire lo stesso delle scene ai limiti del caricaturale che vedono protagoniste soprattutto i poliziotti. Per quanto i toni della pellicola siano chiaramente leggeri, avremmo apprezzato di più un equilibrio alla 007, anziché una comicità che a tratti sembra più quella di Mr. Bean.

In conclusione

I Manetti Bros., dopo un primo film non totalmente convincente, ci hanno riprovato, dando vita a un sequel che non si discosta molto dal primo e che per questo non riesce a fare totalmente centro. La sostituzione di Marinelli con Giacomo Gianniotti è stata più che azzeccata, creando un Diabolik molto più convincente e magnetico, ma il genio del crimine non è affatto protagonista del film che viene invece capeggiato dall'ispettore Ginko e da Eva Kant. Per quanto siano apprezzabili elementi come la colonna sonora e i colpi di scena finali, per il resto c'è poco da salvare in Diabolik - Ginko all'attacco: tra scrittura dei personaggi troppo caricaturale, effetti speciali poco realistici e scelte narrative discutibili, il duo di registi forse dovrebbe puntare su un altro tipo di adattamento del fumetto di Angela e Luciana Giussani.

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