L’immagine migliore per descrivere lo stato attuale della partnership Netflix/Marvel è quella di un prototipo di nave all’avanguardia che si rivela fallimentare una volta messa in mare: dopo una partenza dal porto trionfale (la prima stagione di Daredevil e di Jessica Jones) iniziano a venire a galla i difetti di fabbrica e malfunzionamenti (Luke Cage, la seconda di Devil e Defenders) per poi mostrare tutti i limiti strutturali e lentamente affondare (tutto il resto da Iron Fist in poi) nel mare della serialità.
Non c’è neanche tanto da sorprendersi della cancellazione di Luke Cage e Iron Fist: se una serie non stimola l’interesse degli spettatori – che sia per la qualità generale o perché non conosce il personaggio – le sfere alte di Netflix le staccano la spina. L’enfant prodige del progetto era e rimane il Diavolo di Hell’s Kitchen, l’unico con alle spalle una ricca e apprezzata storia editoriale a funzionare come base per una serie televisiva. Dopo la deriva non molto apprezzata dei ninja della Mano, il nuovo showrunner Erik Oleson ha deciso di impostare la terza annata sulla falsariga dell’amata prima stagione, a partire dal ritorno del villain migliore delle serie TV Marvel: Wilson “Kingpin” Fisk.
Risorto come una fenice, o quasi
Ispirandosi al ciclo di storie Rinascita – da cui prende tematiche e contesti - ritroviamo Matt Murdock spezzato nel corpo e nello spirito dopo gli eventi finali di Defenders, in cura presso le suore che lo hanno allevato da bambino. Mentre affronta una crisi d’identità, la sua nemesi storica interpretata da Vincent D’Onofrio mette in atto il suo piano: tramite un accordo di collaborazione, Fisk riesce ad uscire dalla prigione sotto la protezione dell’FBI, in cambio di informazioni su altre organizzazioni criminali. Il nostro giustiziere mascherato (tornato per l’occasione alla tuta nera) dubita che l’ex boss mafioso abbia avuto un’improvvisa redenzione, quindi inizia a indagare e trovare un modo per sbatterlo nuovamente in cella, cercando di non coinvolgere i suoi amici e cari.
Daredevil è da sempre considerato uno dei personaggi Marvel più interessanti e profondi, grazie principalmente al connubio fra morale di stampo cattolico e la sua professione diurna. Un personaggio in continuo conflitto interiore e tormentato da traumi del passato, che in questa stagione tocca il fondo della disperazione. Dopo aver abbandonato amici e colleghi e perso la fiducia nelle istituzioni, il nostro è sul punto di rompere il suo ultimo dogma personale: uccidere la sua nemesi, non fidandosi più del sistema giudiziario.
Un nemico "psichico" e il suo letale lacchè
Lo stesso Fisk è più determinato che mai nel suo obbiettivo di ricongiungersi con la sua amata Vanessa, e durante la stagione vediamo in azione il reale “superpotere” del malavitoso: la corruzione del denaro. Anche da una posizione di netto svantaggio, Wilson tira le redini del gioco in modo preciso e meticoloso, creando una fitta rete invisibile di contatti e associati quasi inespugnabile per i buoni. La sua manipolazione non si ferma alla sola carta stampata, ma lavora specialmente sul piano psicologico e mentale. Capace di scavare nell’animo della sua vittima, il nostro sfoggia un repertorio sconfinato di tecniche per ammaliare e assoggettare chiunque voglia, e ne vediamo una prova pratica sul dotato agente Ben Poindexter, un personaggino il cui nome non dice nulla, ma che i fan riconosceranno immediatamente come il noto assassino e tiratore scelto Bullseye.
Questa versione del personaggio è notevolmente differente dal materiale cartaceo, ma nel contesto televisivo funziona egregiamente: Dex viene infatti caratterizzato come l’esatto opposto morale di Matt. Tramite l’analisi di Fisk – riportata con una egregia scena in bianco e nero – scopriamo la sua incapacità di distinguere il bene dal male e la sua necessità di avere una persona a fargli da faro morale per mantenere la sua sanità mentale. Non ci vorrà molto prima che quel ruolo venga ricoperto proprio da Kingpin.
Un uomo senza paura
Dopo aver sofferto in silenzio (o meno) per le scene d’azione posticce di Iron Fist, possiamo tirare un sospiro di sollievo: le mega risse di Daredevil sono tornate, questa volta toccando nuove vette di tecnica coreografica per il piccolo schermo. La punta di diamante sono indubbiamente quelle degli scontri fra Devil e Dex, dove l’abilità dell’assassino nel rendere ogni oggetto una pericolosa arma contundente metterà a dura prova il nostro eroe. Torna anche il tradizionale piano sequenza nel corridoio, che questa volta raggiunge l’incredibile minutaggio di quindici minuti e mezzo e non si limita alle sole scazzottate, ma anche inserendo un nodo fondamentale della narrazione senza alcun taglio visibile delle riprese.
Grande ritorno nello show sono i momenti più intimi e religiosi, dove vengono evidenziati ed esplorati i limiti e le incertezze dell’eroe. I momenti più mosci e tirati sono sempre presenti per allungare artificialmente la vicenda, ma per la prima volta da molto tempo la storia è degna di essere sviscerata fino in fondo – che non si "guadagna" il taglio in dieci episodi come accaduto nella seconda di Iron Fist - grazie a un cast di comprimari noti e nuovi che hanno molto da raccontare, come nel lungo flashback dedicato al passato di Karen che dona al personaggio una nuova interpretazione da parte dei lettori.
Oltre alla serie da cui prende spunto, questa terza stagione segna una rinascita per il personaggio e il suo show. Abbandonate le tematiche più esoteriche e i ninja immortali, Daredevil torna a proporre una storia crime noir appassionante come non mai, che sfrutta al meglio l’incredibile dualità conflittuale del Diavolo di Hell’s Kitchen. Perché, parliamoci chiaro, a conti fatti è l’unico personaggio a cui tutti importa qualcosa nel gruppo dei Defenders.
Se volete fare un paragone diretto con il fumetto, potete recuperare qui il volume di Rinascita!