Previsto nelle sale il 28 ottobre, Dampyr segna l’inizio di qualcosa, non soltanto una storia dalle origini cartacee che cerca di costruirsi una strada attraverso il mezzo cinematografico, ma l’avvio di un vero e proprio progetto che cerca di ampliare la portata di un editore tutto italiano, Sergio Bonelli Editore, trasformandolo nel cosiddetto “UCB” Universo Cinematografico Bonelli (o Bonelli Cinematic Universe), seguito da una serie di altri lavori costruiti e siglati dalla Bonelli Entertainment. Per la regia di Riccardo Chemello, qui al suo esordio con un lungometraggio, il film si compone di un cast internazionale, e lavora con un team che raccoglie in sé tutte maestranze italiane, chiarendo fin dall’inizio la propria voglia di dimostrare qualcosa.
Dampyr, si basa sul fumetto omonimo pubblicato in Italia nel 2000 creato da Mauro Boselli e da Maurizio Colombo (precisamente sui suoi primi due numeri), traendo pienamente dall’opera cartacea e cercando di trasportare sul grande schermo un’esperienza dark fantasy che riesca a parlare con il grande pubblico, pur conservando un certo grado di fedeltà ai fumetti, rispettando i fan storici della saga del mezzosangue bonelliano.
UCB, un progetto che trova i suoi primi germogli in Dampyr
Nel corso dell’anteprima stampa di Dampyr abbiamo avuto modo di ascoltare, dal produttore Roberto Proia e dalla Bonelli stessa il significato che questo film assume e vuole assumere con la sua uscita, guardando al futuro di un progetto che è sì “tutto italiano”, ma comunque con degli obiettivi internazionali. Il fatto che sia stato girato interamente in inglese, infatti, rinsalda questa volontà, con una prima pellicola che si assume il compito di avviare l’UCB (sull’impronta della Marvel e della DC). Un traguardo di grande importanza, ulteriormente valorizzato dalla notiza che fuori dai confini nazionali il film verrà distribuito da Sony. La portata di questo evento è stata sottolineata più volte in conferenza stampa, dato che si tratta di una pellicola italiana, di genere, e girata da un esordiente
I lavori per Dampyr sono iniziati nel 2019, scegliendo di realizzare gran parte delle riprese in Romania (seguendo la visione stessa del regista) così da ricreare un certo tipo di realismo ambientale che sarebbe stato difficile restituire nei teatri di posa. Questo film, quindi, è solamente il primo di tanti step che vorrebbero trasporre anche tutti gli altri personaggi della Bonelli, assicurando comunque che il coinvolgimento diretto dell’editore gli consentirà di difendere anzitutto la creatività, i personaggi, gli autori e la fedeltà dei loro lettori che li seguono da sempre.
Cos’è un Dampyr?
“Se un Maestro della notte si accoppia con una donna non vampiro, lei darà alla luce un Dampyr”. Sono queste parole ad introdurre il trailer del film, fondamentali per comprendere le dinamiche centrali alla sua base. La nascita di un Dampyr è infatti un evento raro nel mondo, uno di quegli sviluppi che tutti tendono ad insabbiare, a cancellare per sempre, assieme a qualsiasi menzioni a questa figura sciagurata. Ambientato nel 1992, nei Balcani, mentre le cosiddette “guerre Jugoslave” distruggono tutto e tutti generando un paesaggio di morte, due ragazzi sfruttano le credenze popolari dei sopravvissuti per sbarcare il lunario. Harlan (Wade Briggs) è un ragazzo dal passato tormentato e sconosciuto, dipendente dall’alcol e piuttosto taciturno. Un Dampyr, o almeno è quello che finge di essere imbrogliando i popolani ignoranti attraverso sceneggiate senza capo né coda, insieme al suo manager Yuri (Sebastian Croft). Girando di villaggio in villaggio evitando le zone di guerra, i due imbrogliano tutti i creduloni del posto, fingendo di combattere presunte presenza demoniache, sfruttando le menti semplici dei popolani.
In parallelo alla loro storia facciamo la conoscenza di Kurjak (Stuart Martin). Lui e i suoi soldati, una volta giunti nel paesino di Yorvolak, restano implicati in una serie di circostante misteriose e sanguinarie. Alcune strane bestie indefinite e fameliche cominciano ad ucciderli uno ad uno nella notte, dissanguando i loro cadaveri per poi abbandonarli esangui lungo la strada. La paura diventa ben presto rabbia, e mentre l’incredulità e il cinismo cercano di trovare una spiegazione logica alla situazione uno di loro propone di chiamare il Dampyr, un cacciatore di vampiri. Da questo momento in poi comincia la vera e propria narrazione della pellicola.
Una storia delle fattezze narrative molto classiche, segnata da un incedere che s’immerge nel genere dark fantasy, tratteggiando alcuni suoi sviluppi con elementi horror e splatter senza troppo esagerare. Con l’ingresso dei vampiri in scena si presenta anche la terza protagonista della storia, Tesla (Frida Gustavsson). Con lei la situazione del film comincia a delinearsi sempre di più, dato che può identificare e spiegare alcune degli inquietanti eventi visti sinora.
Dampyr non è altro che un viaggio, un percorso intrapreso per pura casualità (o forse no) da Harlan, Jurjak e Tesla. Loro dovranno muoversi all’interno di un contesto di guerra per cercare di fermare qualcosa di immensamente più grande di loro, ponendosi quindi come i classici “eroi” di turno. Fortunatamente la situazione non è così semplice, dato che il viaggio fisico diventa ben presto introspezione pura e crescita. Ognuno di loro, infatti, si trascina addosso un bagaglio di sofferenze e tormenti, alcuni più palesi ed altri nascosti in profondità. Il loro incontro e l’apprendere dell’esistenza dei vampiri nella storia dell’umanità, innescherà una serie di situazioni che andranno ad impattare su ognuno, rivelando pian piano la loro reale natura.
Harlan, ad esempio, è il classico antieroe tormentato, dipendente dall’alcol e dal passato fumoso. Sopravvive in un contesto difficile imbrogliando il prossimo, mostrando una labile crisi di coscienza per questa vita truffaldina. La sua storia parte nel momento in cui decide di far chiarezza sul suo tormentato passato, trasformando il viaggio in una ricerca della propria identità.
Una definizione emotiva che ritroviamo anche negli altri protagonisti, che sono presentati allo spettatori in modo definito, identitario, lasciando emergere le rispettive motivazioni. Tratto essenziale della pellicola, che arricchisce l'altra componente cardine della storia, il viaggio inteso anche come metafora di una scoperta del sé, inserendo il tutto all'interno di un contesto storico e sociale specifico. La guerra pervade ogni singola scena, ogni inquadratura, sporcandola con l’odio, la sofferenza e il sangue. In guerra i criteri morali più classici cadono inesorabilmente, generano un ambiente sregolato da qualsiasi tipologia di civiltà, in cui il male e i mostri prosperano e si generano ogni giorno. Questa tensione narrativa è palesata dalla sofferenza che avvolge i protagonisti e il mondo che li circonda, manipolando continuamente qualsiasi tentativo di ridurre la situazione a “bianco e nero” o a “buoni e cattivi”.
Una cura generale che merita di essere premiata
Dal punto di vista formale Dampyr si delinea seguendo due strade precise: un certo tipo di amore e fedeltà verso il fumetto originale e la sua estetica, e la visione di un regista che, pur esordendo con questo film, riesce a restituire una regia molto attenta e interessante nella sua specificità. Come scritto anche sopra, nel corso della conferenza stampa il regista e il cast hanno sottolineato che le riprese sono state effettuate quasi tutte in Romania, precedute da un lungo periodo di ricerca delle location più adatte. Il fatto di girare sul posto incrementa ancor di più la credibilità alla base della pellicola giocando a favore anche delle stesse interpretazioni degli attori. Recitando in loco, si ha una percezione epidermica non solo dei personaggi ma dell'ambiente in cui Harlan e compagni vivono e soffrono, si percepisce il freddo rigido, potendo lavorare in set costruiti in ambientazioni che si servono sia delle caratteristiche climatiche locali che della loro conformazione, facendoci sentire parte dell'avventura, scena dopo scena.
https://youtu.be/hWg2X9P6rJoIncastonato in una regia molto attenta e piuttosto movimentata abbiamo scoperto un Dampyr appassionato e concreto, che gioca coi suoi personaggi, alternando momenti figurativi intimi a inquadrature che citano o restituiscono perfettamente le stesse sensazioni dell'originale cartaceo. Il tocco del regista si percepisce in ogni istante, che dopo avere fatto proprio il materiale originario lo cesella in una trasposizione affascinante, esaltata da una fotografia dall'animo sperimentale e dinamico.
L’insieme degli elementi estetici di Dampyr, intrecciati all’estrema attenzione al contesto che circonda gli eventi di trama, resta uno dei suoi più grandi valori, trasformando la trasposizione di un fumetto del 2000 in un' opera prima che mostra una personalità spiccata, rivelandosi un primo passo per un'avventura più ampia di cui aspettiamo con ansia i futuri capitoli.