L’arte dell’animazione ha sfornato una mole immensa di prodotti filmici e televisivi, caratterizzati dalle tecniche più svariate. La fantascienza, il fantastico e il comico sono state tra le categorie più gettonate in passato anche se in questi ultimi due decenni abbiamo assistito ad una ulteriore segmentazione della produzione animata grazie alla creazione di prodotti pensati soprattutto per gli adulti, e declinati per essere strumenti di critica e di parodia della nostra società. Non più, quindi, cartoni animati per bambini.
Per la verità è solo l’animazione americana, e in particolare quella televisiva (i Simpson, I Griffin, Bob’s Burgers, Brickleberry solo per citarne alcuni) ad aver subito un cambio di rotta a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta. Nel panorama internazionale, più precisamente in quella Orientale degli anime, si trovavano già produzioni con tematiche più mature che affrontavano argomenti anche parecchio delicati e ostici da trattare (morte e dolore su tutti).
Ed è proprio sull’animazione Orientale, e soprattutto sulle tematiche robotiche, che si concentra il volume di Massimo Nicora dal titolo: C’era una volta...prima di Mazinga e Goldrake. Storia dei robot giapponesi dalle origini agli anni Settanta e in particolare sul tema dei robot, argomento che ha forgiato l’immaginario collettivo di intere generazioni.
Il libro, con una dovizia di particolari esemplare e fatti storici snocciolati attraverso le sue pagine, porta il lettore, come un viaggio all’interno di una macchina del tempo, a scoprire le origini “robotiche” del Giappone disegnato e animato. Con un testo fluido, pieno di note a margine e spiegazioni approfondite anche sui termini giapponesi utilizzati, ci si sposta attraverso i suoi sette capitoli a partire, ed è il caso di dirlo, proprio “dalla notte dei tempi” della Cina millenaria e della sua influenza sul Giappone, fino ad arrivare alle produzioni animate più conosciute degli anni Settanta. Produzioni che creano le basi per i robot più conosciuti poi in Occidente come Goldrake, Mazinga e Jeeg Robot D’Acciaio.
In questo volume, scopriamo come nasce l’interesse dei giapponesi verso i meccanismi a ingranaggi e come questo loro acculturamento li porti, grazie a fatti storici nel libro ben documentati e determinanti poi per i percorsi evolutivi di questa nazione, a sviluppare tecniche di creazione di reali e rudimentali automi (Karakuri) per la realizzazione di spettacoli o per momenti di conviviale meraviglia. Scrive l’autore:
[…] La capacità di stupire gli spettatori rendeva il karakuri perfetto per le rap- presentazioni teatrali tant’è che durante l’epoca Tokugawa molti giapponesi hanno modo di avvicinarsi al fantastico mondo degli automi proprio grazie al teatro. Non a caso è un orologiaio di nome Ōmi Takeda ad organizzare il primo spettacolo con karakuri che si svolge nel quartiere a luci rosse di Ōsa- ka il 25 maggio 1662 […].
Nicora ci racconta pure come germogli pian piano l’idea di quello che poi sarà il fumetto giapponese (il manga) e come questo venga utilizzato poi come un vero e proprio strumento per diffondere idee e concetti. La sua crescita sarà fortemente influenzata dalla presenza Occidentale e diventerà, con un destino comune a tutti i medium cartacei, anche veicolo di satira e di critica.
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Tra approfondimenti vari e curiosità si arriva a parlare anche del primo manga “robotico” che, a differenza di quanto si creda, non è il conosciutissimo Astroboy di Osamu Tezuka (Tetsuwan Atom ) ma “Tanku Tankurō”, un personaggio che vide la luce nel 1934 (quindi venti anni prima di Astroboy), di fatto il primo robot giapponese trasformabile che possiede anche dei poteri magici.
L’autore non soprassiede neppure sul periodo bellicoso del Giappone e analizza i primi prodotti di animazione che vengono modellati negli anni Trenta per essere recepiti dalle masse e veicolare così così simbolismi e concetti quali il coraggio, il sacrificio, l’impegno civile in vista, forse, di ciò che poi sarà il ruolo del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale.
Si continua con la tragedia di Hiroshima e Nagasaki e come questa esperienza segni in maniera indelebile la storia del Giappone influenzando qualsiasi produzione artistica, compresa quella dei manga e degli anime. Da qui alla nascita di Tetsuwan Atom (Astroboy) il passo è davvero breve e l’autore lo analizza in maniera dettagliata e competente analizzando la sua versione cartacea fino al corrispettivo prodotto di animazione.
Il tema robotico è ormai parte della narrazione giapponese e Nicora ne analizza i messaggi e le eventuali criticità ontologiche oltreché le varie inclinazioni narrative di natura genetica e senziente. Doraemon, Cyborg 009, Astroganga, e lo stesso Osamu Tezuka, con un approfondimento ulteriore (un intero capitolo) riservato allo studio di animazione Tatsunoko, sono solo alcuni degli argomenti affrontati che si trovano in questo generoso volume. Ci si chiede per davvero cosa non ci sia in questo libro!
Insomma, un testo pieno di notizie, riferimenti, fatti e foto che, con un linguaggio alla portata di tutti, racconta uno dei temi probabilmente più cari a noi italiani dai tempi dello sbarco di Goldrake nella nostra tivvù nazionale: quello dell’animazione robotica giapponese. Un libro che ci fa comprendere le basi di questo splendido e particolare mondo animato.
Questo è un libro che non può mancare nella biblioteca di ogni appassionato di manga e di anime. Se si ama Goldrake, Mazinga e i più famosi e conosciuti “robottoni” dell’immaginario giapponese, si troveranno in questo libri tante piacevoli sorprese. Insomma un libro assolutamente da avere