Incarnazione vivente del Sogno Americano, indomito leader degli Avengers e specchio di un’America che a volte sembra allontanarsi dallo spirito originario che ne decretò la nascita. Molto, forse troppo per un uomo comune, ma Steve Rogers, meglio noto come Capitan America, è stato molte cose nella sua lunga vita editoriale, ma mai un uomo comune, per quanto la sua origine fosse proprio quella.
Diventato una bandiera di casa Marvel, Capitan America è uno dei personaggi dei comics d’oltreoceano che più di ogni altro si è prestato ad essere una lente tramite cui vedere l’andamento della società statunitense, nel bene e nel male. D’altronde, la sua stessa nascita è legata al sentire popolare di una nazione, diventandone l'incarnazione ideale, arrivando a rappresentare il meglio dell'American Dream anche nei fumetti Marvel, dove Cap è un leader amato da umani e metaumani. Il carisma di Capitan America è tale che attraversa il confine delle pagine dei comics, arrivando anche nel mondo di videogiochi come il recente Marvel's Avengers, in cui Steve Rogers ha un ruolo essenziale, a cui Hasbro ha recentemente tributato l'action figure Captain America - Marvel Legends (Gameverse):
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La nascita di Cap
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si trovarono ad affrontare una difficile situazione interna, con una frattura tra chi era a favore dell’entrata in guerra al fianco degli Alleati e chi invece preferiva non infilarsi in quello che si prospettava come un conflitto lungo e sanguinoso. L’opinione pubblica americana rispecchiava questa divisione interna, dando vita ad un acceso dibattito pubblico.
All’interno di questa discussione finì anche il mondo dei comics, che era ancora nella fase della Golden Age. In questo periodo comparvero numerosi eroi che vennero identificati come ‘patriotically themed’, ovvero nati quasi come esaltazione del senso patriottico, specialmente in relazione all’entrata in guerra. Personaggi come The Shield o il Daredevil della Gleason Publishing (antesignano del Diavolo Custode marveliano) vennero utilizzati come ispirazioni per esaltare il coraggio americano e la voglia di non sottrarsi ad uno scontro ritenuto non solo giusto, ma necessario.
In questa atmosfera, nel 1940 Joe Simon iniziò a sviluppare un nuovo eroe dei fumetti, Super American, realizzandone anche un bozzetto, dove il nome compariva in fondo alla pagina. Un nome che durò poco, perché come raccontò lo stesso Simon nella sua autobiografia:
“Non funzionava. C’erano troppi ‘Super’ in giro all’epoca. Invece Capitan America suonava meglio, non c’erano molti Capitani nei fumetti. Era semplice. E la sua spalla la chiamai semplicemente Buck, in onore del mio amico Bucky Pierson”
Quando Simon presentò il suo Capitan America a Martin Goodman, a capo della Timely Comics, ottenne subito il pieno appoggio, tanto da vedersi assegnare una serie autonoma da realizzare quanto prima. Lo spirito patriottico di Cap non poteva certo rimanere sprecato in un periodo simile! All’epoca, Simon lavorava in coppia con un artista, Jack Kirby (si, quel Kirby), ma era preoccupato che il suo collega non potesse reggere la mole di lavoro necessaria.
Simon mise in piedi un team di artisti composto da Kirby e due giovani artisti, Al Avison e Al Gabriele. Scelta che non piacque molto a Kirby, che si sentiva messo in secondo piano, costringendo Simon a rassicurarlo sul suo ruolo di primo artista per Capitan America
“Kirby era palesemente scocciato. ‘Sei ancora tu il numero uno, Jack’ lo rassicurai ‘Si tratta solamente di una questione di velocità per fare uscire il primo numero’. Al che lui mi rispose ‘Lo farò in tempo, lo disegnerò interamene da solo e nei tempi previsti!’. Non mi aspettavo questa reazione, ma accettai la sua richiesta e, visto come è andata, meno male che lo ho fatto! Potevano anche esserci due Al, ma c’era solamente un Jack Kirby!”
Simon realizzò i bozzetti delle scene e annotò le battute sui bordi delle tavole, lasciando poi che la leggendaria mano di Kirby andasse a creare la sua magia. Il Re rese vivi i personaggi, aggiungendo idee e dettagli man mano che lavorava, facendo comparire volti e personaggi. I tocchi finali li diedero Al Lieberman alle chine e Howard Ferguson al lettering, un collaboratore fisso di Simon e Kirby.
Pur arrivando all’interno di una scena culturale in cui erano già presenti esponenti forti dei comics ‘patriottici’, Capitan America divenne rapidamente il prototipo di questi eroi. D’altronde la sua stessa origine era dovuta ad una forte ostilità di Simon e Kirby per il nazifascismo, e scelsero di sostenere le loro idee nel modo che meglio conoscevano
“Gli oppositori alla guerra erano ben organizzati, ma anche noi volevamo dire la nostra!”
L’arrivo nelle edicole
Il primo numero di Capitan America, pur avendo data Marzo 1941, arrivò nelle edicole americane il 20 dicembre 1940, un anno prima dell’attacco a Pearl Harbor che portò definitivamente gli Stati Uniti in guerra. Sulla copertina, il nuovo eroe della Timely Comics colpiva con un pugno che il Fuhrer in persona, e vendette quasi un milione di copie! L’accoglienza fu strepitosa, anche se Simon raccontava che non mancarono voci fuori dal coro
“Quando uscì il primo numero ricevemmo anche numerose lettere minatorie. Alcune persone erano seriamente contrarie a ciò che rappresentava Cap”
Quelle che sembrarono semplici minacce, presero presto una dimensione più seria, tanto che si arrivò alla presenza di picchetti di contestatori sotto la redazione della Timely, situazione che portò il sindaco di New York, l’italo-americano Fiorello La Guardia, a inviare una presenza fissa di poliziotti, oltre a manifestare il proprio supporto a Simon e Kirby.
Queste proteste furono però silenziate dall’incredibile entusiasmo suscitato dal personaggio. Contrariamente alla tradizione del periodo, Capitan America non era stato lanciato prima all’interno di una serie antologica con altri personaggi pre-esistenti, ma era approdato in edicola direttamente con una propria serie, facendogli ottenere subito una grande visibilità. Un successo che attirò anche le attenzioni della MJL, casa editrice di un altro eroe patriottico, The Shield, che contestò alla Timely di avere copiato il tratto distintivo del proprio personaggio: lo scudo triangolare.
Per evitare problemi, Goodman chiese a Kirby e Simon di cambiare la forma dello scudo di Capitan America, dandogli la forma rotonda che viene oggi automaticamente associata al personaggio, già a partire dal secondo albo del personaggio. Nella terza avventura, invece, un giovane collaboratore della Timely, Stanley Lieber (il nome ricorda qualcuno, vero?) fu incaricato di scrivere un filler, una storia riempitiva, intitolata ‘Captain America Foils the Traitor’s Revenge’, ed è curioso come in un’avventura nata come tappabuchi venga introdotto uno degli elementi essenziali dello scudo di Cap: il fatto che lo scudo, una volta lanciato, torni indietro!
In breve tempo, Capitan America divenne il personaggio più popolare della Timely Comics, al punto che nacque anche un fan club a lui dedicato, le Sentinelle della Libertà!
Come molti eroi della Golden Age, anche Capitan America ebbe difficoltà a superare gli anni ’50, quando l’interesse per gli eroi in calzamaglia sembrò evaporare. La serie di Cap, che sul finire 1941 era stata affidata ad Al Alvison e Syd Shores (Kirby e Simon era passati alla Distinta Concorrenza), continuò a vivere ed il personaggio iniziò a comparire anche in altre testate, sino a quando, alla fine della guerra, Cap guidò la sua prima superquadra, la All-Winner Squad. Inoltre, quando nel 1948 Bucky venne ferito, lasciò il suo posto alla fidanzata di Steve Rogers, Betsy Ross, che assunse il nome di Golden Girl. La serie continuò sino al luglio del 1949, per poi venire chiusa.
Quando la Timely Comics divenne Atlas Comics, fu tentato un recupero del personaggio. Da oppositore dei nazisti, Capitan America divenne ora il fiero oppositore del tipico nemico degli States negli anni ’50, ossia i comunisti, tanto che Cap venne presentato nel 1953 come il ‘Commie Smasher’, ossia lo schiaccia comunisti. Ruolo che non ebbe il successo sperato e la serie chiuse nel settembre del 1954.
Per rivedere in azione Cap si dovette aspettare l’arrivo di Marvel Comics.
Il Capitan America di Marvel Comics
Quando Marvel Comics decise di dare vita al proprio universo, pensò di ripescare alcune delle figure leggendarie delle sue precedenti vite, Timely Comics e Atlas Comcis. Un personaggio come Capitan America non poteva certo restare un ricordo, ed infatti fu richiamato in azione nel novembre 1963, grazie all’accoppiata Stan Lee e Jack Kirby.
In Strange Tales #114, infatti, la Torcia Umana dei Fantastici Quattro, Johnny Storm, viene mostrato mentre si esibisce in una performance assieme al leggendario eroe della Seconda Guerra Mondiale, Capitan America, tornato in azione dopo un lungo periodo di inattività. Alla fine si scopre che sotto la maschera di Cap si nascondeva un villain avversario della Torcia Umana, l’Acrobata. Come spiegò in seguito Lee, questa storia era un test per vedere se era giunto il tempo di far tornare in scena Steve Rogers.
Un ritorno che avvenne ufficialmente nel numero quattro di Avengers, nel marzo 1964. In questa occasione venne raccontata la sua storia sul suo sacrificio durante gli ultimi avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale, compreso l’incidente sull’Atlantico che lo portò a rimanere congelato per tanti anni, sino al ritrovamento da parte dei nuovi supereroi.
In questo momento inizia la seconda vita di Capitan America, ma questo ritorno diventa anche il punto di partenza di una diatriba legale alla proprietà dei diritti del personaggio.
Quando Capitan America divenne uno dei personaggi di punta della Marvel, il suo creatore, Joe Simon, intentò una causa contro la Casa delle Idee, nel 1966. Simon, infatti, riteneva di essere legalmente autorizzato a rinnovare il copyright del personaggio, privando la Marvel di questi diritti. Alla fine, la causa si concluse con un accordo, in cui Simon accettò una dichiarazione secondo la quale Capitan America era stato creato mentre era un impiegato della casa editrice, facendo rientrare la sua produzione nella fattispecie del lavoro su richiesta, i cui diritti sono quindi proprietà del datore di lavoro.
La questione non fu totalmente risolta, tanto che nel 1999 Simon tornò alla carica. Facendo riferimento al Copyright Act del 1976, per il quale veniva consentito ai creatori originali di opere varie precedentemente vendute ad aziende di rientrare in possesso delle proprie creazioni dopo 56 anni, Simon intendeva togliere alla Marvel i diritti del suo Cap. Quando la Marvel oppose alla richiesta l’esito della precedente causa del 1966, ne uscì un dibattito che si concluse nel 2003 con un accordo con cui a Simon venivano pagate le royalties per il merchandising e il licensing di Capitan America.
Il ragazzo che divenne eroe
Steve Rogers è un ragazzino gracile del Lower East Side di Manhattan, figlio di due immigrati irlandesi di umili origini, Sarah e Joseph Rogers. Rimasto presto orfano di madre, Steve diventa un illustratore e autore di fumetti, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Intenzionato ad arruolarsi per combattere la minaccia nazista, viene scartato per via del suo fisico rachitico. La sua determinazione attira però l’attenzione del generale Chester Phillips, che vede in lui la cavia ideale per il suo progetto Rinascita. Sfruttando la formula del siero del super-soldato creato dal dottor Abraham Erskine, Rogers ottiene forza superiore, agilità sovrumana.
Forte di questa sua nuova identità, Steve Rogers diventa il soldato perfetto, inviato oltre le linee nemiche per affrontare il nemico nazista. In questa sua avventura, Rogers affronterà minacce incredibili, come il Teschio Rosso, affiancato a figure eroiche come gli Howling Commandos di Nick Fury o gli Invasori, una formazione composta da supereroi, tra cui Namor il Sub-Mariner e la Torcia Umana originale.
Dopo una serie di imprese eroiche durante la Seconda Guerra Mondiale, Cap incontra apparentemente la morte quando, sul finire del conflitto, per fermare un attacco del Barone Zemo Rogers finisce nelle fredde acque dell’oceano, finendo ibernato per parecchi anni.
Capitan America era sempre accompagnato dalla sua fida spalla, James ‘ Bucky’ Buchanan. Conosciuto mentre era di stanza a Camp Leigh durante l’addestramento, Steve Rogers accetta di farsi accompagnare da Bucky nelle sue avventure dopo che il ragazzo scopre la sua identità segreta. All’interno del Marvel Universe, Bucky è l’unica side-kick, un ruolo che invece è più presente, ad esempio, nel mondo DC Comics.
Anche dopo essere entrato ufficialmente nell’Universo Marvel, Capitan America ebbe per un breve periodo una figura simile a Bucky, il giovane Rick Jones. Inizialmente Rogers non era intenzionato ad avere una nuova spalla, ancora turbato dalla tragica fine di Buclky, limitandosi a vivere un’amicizia fraterna con Jones. Dopo una breve parentesi in cui Rick ricopre il ruolo di side kick di Cap, questa figura scompare.
Cosa lega Cap a Wolverine?
Due degli elementi essenziali di Capitan America divennero particolarmente importanti nei decenni successivi per un altro personaggio Marvel molto amato: Wolverine.
Il progetto Rinascita, infatti, non finì con Capitan America, o meglio assunse nuove forme. Il Siero del Supersoldato, infatti, diede vita ad una serie di esperimenti che continuarono a sperimentare per realizzare il soldato perfetto. Passando per fallimenti come Nuke, queste sperimentazioni portarono alla nascita del Progetto Arma X. E chi è anche noto come Arma X? Esatto, il nostro canadese artigliato preferito!
Anche lo scudo di Capitan America ha una certa attinenza con Wolverine. Costituito di vibranio e creato dal dottor Myron MacLain, quello che divenne un tratto distintivo di Cap gli fu donato dal presidente Roosevelt in persona. Lo scudo venne creato casualmente, durante i tentativi di creare un nuovo, resistente materiale da utilizzare in guerra. Si provò in seguito a ricreare questo materiale, ma i tentativi fatti portarono invece alla nascita di un minerale differente, l’adamantio. Ovvero, la stessa sostanza che ricopre le ossa di Woverine!
L’importanza di Capitan America
Delle origini di Capitan America, oramai, non sarebbe nemmeno necessario parlarne. Grazie al successo dei film del Marvel Cinematic Universe, tutti oramai conoscono la storia del gracile Steve Rogers, riformato dall’esercito nonostante la sua ferrea volontà e spinto a servire il suo paese come cavia per il Progetto Rinascita. Il siero del supersoldato sviluppato dal dottor Erskine ha dato a Steve Rogers i poteri che lo hanno reso il combattente perfetto per una nazione in guerra, ma il vero superpotere di Rogers era un qualcosa che aveva sin dalla nascita: la sua anima.
In un primo tempo, Cap è stato sicuramente interprete della volontà di una nazione pronta a scendere in campo per contrastare la minaccia nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, diventando un simbolo di questa volontà bellica. La stessa ispirazione lo ha riportato in azione durante i primi anni ’50, quando la minaccia comunista e la Guerra di Corea avevano riacceso le tensioni negli U.S.A., ma il vero spirito di Cap è emerso quando è entrato a far parte dell’Universo Marvel, al suo ingresso nei Vendicatori.
La visione del personaggio che diede Lee fu, in un certo senso, un tradimento delle suggestioni originarie che lo avevano generato, ma è diventata la caratteristica principale del personaggio. Steve Rogers è l’incarnazione del Sogno, interprete di una società ideale sana e basata su saldi principi, un principio che è stato il fondamento della sua esistenza, il motivo per cui aveva combattuto in guerra. Il suo ritorno in scena avviene in un periodo cruciale per la società americana, in ripresa dalle ferite di un sanguinoso conflitto, con le prime avvisaglie di una lotta per i diritti civili sul territorio nazionale e un confronto nelle ombre con il nuovo nemico, la Russia comunista, poco prima della comparsa di uno dei conflitti che maggiormente colpì la società americana dello scorso secolo: il Vietnam.
In questa situazione, Steve Rogers è il simbolo di un’America diversa, che spesso sembra essere una pura illusione. Lee decide di rendere Capitan America una figura di rottura, dandogli le sembianze di un reduce che fatica a comprendere, in alcuni momenti, come il mondo sia cambiato. L’idealismo di Cap, a volte quasi al limite dell’ingenuità, è la sua vera forza, la sua ostinata e inaffondabile spinta a fare la cosa giusta, anche andando contro quel governo che dovrebbe, teoricamente, servire.
Non è un caso, ad esempio, che Steve si ritrovi a dover fronteggiare una versione distorta di sé creata dal suo stesso Governo, quando si scontra con Nuke. Nonostante il segreto del siero del supersoldato sia andato perduto, un’arma come Rogers non poteva rimanere inutilizzata dall’esercito che ha proseguito le sue ricerche per riprodurre la sua forza. Nuke e i suoi commilitoni sono il frutto degenerato di questo esperimento, soldati inarrestabili ma privi dell’idealismo e del cuore di Cap, incapaci di essere alla sua altezza. È come vedere il rovescio della medaglia dell’essere Capitan America, una sua versione oscura, il Sogno distorto. E la differenza si vede nel modo in cui Cap affronta Nuke in Armageddon, storia di Daredevil. Il suo idealismo si scontra prima con la consapevolezza che ci sono interessi che vanno oltre il suo modo di intendere il servizio, che tradiscono una promessa basata su onore e lealtà. Affrontare Nuke, per Cap, non è una battaglia contro un nemico qualunque, ma diventi una lotta per salvare un fratello d’armi tradito dai suoi stessi comandanti.
Il sentirsi tradito è un fattore fondamentale per Steve Rogers. Non bisogna credere che Steve Rogers sia indissolubilmente legato al nome di Capitan America, perché Rogers è molto più della divisa e dello scudo, è l’incarnazione di un ideale. Forte di questa sua convinzione, Rogers arriva anche al punto di rinunciare al ruolo di Cap, come al termine della saga di Secret Empire realizzata da Steve Englehart, quando scopre che il proprio governo è pronto ad insabbiare delle questioni losche per tornaconto. E non è un caso che questa storia prenda luogo nel periodo in cui l’America affrontava lo scandalo del Watergate.
Steve Rogers lascia il ruolo di Capitan America, ma i suoi sostituti non si mostrano mai alla sua altezza, perché nessuno ha il giusto cuore per poter indossare quella divisa. Se Steve Rogers non è obbligatoriamente Capitan America, pare che Capitan America debba esser obbligatoriamente Steve Rogers. Altri eroi hanno indossato la sua divisa, come Sam ‘Falcon’ Wilson, ma alla lunga solo Steve Rogers mostra di poter essere l’araldo di ciò che quello scudo rappresenta, perché solo lui ha la forza morale di sopportare le difficoltà di essere un simbolo.
Questo profondo legame con l’anima autentica della sua nazione, anche se quasi su un piano più ideale che realistico, si manifesta quando nei momenti di difficoltà, dopo situazioni che mettono a dura prova le convinzioni stesse del Capitano, questi cerchi la sua rinnovata fiducia nel Sogno andando in mezzo alla gente comune, attraversando l’America in moto per riscoprirne lo spirito autentico. Che mostra pregi e difetti di una società profondamente contraddittoria, di cui Capitan America è sia il prototipo che gli americani vorrebbero trasmettere all’esterno che il più attento ed implacabile giudice delle virtù e dei vizi d’oltreoceano.
Un buon modo per conoscere il mito di Steve Rogers è al lettura del volume Io sono Capitan America