Black Mirror: Bandersnatch, il primo film interattivo di Netflix è un labirinto narrativo sorprendente

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a cura di Yuri Polverino

Black Mirror: Bandersnatch è il primo film live-action interattivo disponibile su Netflix, il colosso mondiale dell’intrattenimento in streaming. Diretto da David Slade e scritto da Charlie Brooker, è un episodio speciale dell’omonima serie che da qualche anno ormai ha raccolto l’entusiasmo di critica e pubblica. Le peculiarità di Black Mirror sono principalmente il suo essere antologica e visionaria; immagina scenari futuribili dove la tecnologia ha preso una deriva distruttiva per l’umanità.

Una compilation di episodi “what if”, alcuni dei quali entrati di diritto nella storia della televisione moderna. L’anima avanguardista dello show, unita all’ambizione della piattaforma, hanno portato alla creazione di quest’ultimo prodotto, che vuole essere una sorta di gigantesca demo di quella che potrebbe essere un’incarnazione televisiva sempre più frequente, almeno per quanto riguarda Netflix stessa.

Un film interattivo, dicevamo, dove lo spettatore è chiamato a scegliere il destino del protagonista e di conseguenza lo svilupparsi della storia, attraverso una serie piuttosto ampia di scelte multiple che compariranno a schermo con una buona frequenza. Della serie “mangia la caramella” o “non mangiare la caramella”, e vien da se che la scelta influenzerà lo scorrere degli eventi.

Bandersnatch propone un flusso narrativo curioso e stimolante, che culmina in cinque possibili “finali principali”, intervallati da più di un trilione di possibilità. Per completare il film (o gioco, chiamatelo come preferite), ci vogliono circa 40 minuti, per esplorare ogni bivio e sviluppo invece due ore e mezza.

La magnificenza di quest’esperimento, però, è rappresentata dal plot narrativo, che agisce su più livelli: il giocare con lo spettatore, con il concetto stesso di scelta multipla e per finire con il citazionismo. Non faremo alcun tipo di spoiler, ma la trama dovrebbe già regalarvi qualche spunto di riflessione.

Siamo in Inghilterra, nel 1984, e il diciannovenne Stefan Butler (interpretato dal bravissimo Fionn Whitehead, già visto nel capolavoro di Nolan, Dunkirk) è un giovane programmatore che ha come ambizione quella di trasformare in videogioco un celebre libro-game, Bandersnatch, scritto dal compianto Jerome F. Davis. Per realizzare il suo sogno, presenterà una demo del gioco alla Tuckersoft, software house in grande spolvero, già autrice di diversi successi commerciali.

L’incipit, come dicevamo, gioca già con il meta-testo e lascia presupporre una spirale di eventi e situazioni che rendono Bandersnatch un piccolo capolavoro – in quanto capostipite di questo nuovo genere di show. Avvicinandosi al finale, lo spettatore sarà chiamato ad uno sforzo che però darà i suoi frutti, questo perché il film terminerà non prima di avervi dato (quasi) tutte le spiegazioni del caso. Se puntare sull’interattività poteva essere rischioso, il tessuto narrativo di questa primo "esperimento interattivo" riesce a creare una sorta di cane che si morde la coda perfettamente equilibrato e inquietante, sempre per merito del modo in cui Black Mirror gioca con la tecnologia e le sue implicazioni future. E se quello che stessimo guardando non fosse solo un episodio di una serie tv? Se fosse qualcosa di più? Cos’è il libero arbitrio? Esiste veramente? Queste sono solo alcune delle domande che Bandersnatch vi metterà davanti agli occhi, dandovi al contempo gli strumenti pratici per arrivare alle soluzioni.

Ispirato ai celebri videogiochi a scelta multipla, come il recente Detroit: Become Human di David Cage, Black Mirror: Bandersnatch seppur lontano dalla perfezione è comunque a suo modo solido, mosso dalla sana curiosità che, una volta scattata nella testa dello spettatore, guiderà all’interno di un labirinto all’apparenza complicato ma in realtà piuttosto comprensibile. Grande nota di merito anche per Fionn Whitehead, che utilizza sempre l’espressività come caratteristica principale del suo essere attore, e anche in questo caso risulta particolarmente efficace. Il disturbo di Stefan diventa molto presto anche il nostro, e come lui inizieremo a farci molte domande.

Arrivati ai (veri) titoli di coda, possiamo dire che Bandersnatch ha superato le nostre aspettative, soprattutto per quanto riguarda le sue ambizioni. Se da una parte infatti la realizzazione potrebbe ricevere qualche nota di demerito, non si può dire la stessa cosa del coraggio degli autori e di Netflix, capaci di realizzare e produrre un episodio che rinuncia a dimostrare in modo semplice e senza rischi le potenzialità dell’interattività, puntando invece sull'audacia e sul meta-testo, in pieno stile Black Mirror.

Se ami particolarmente le avventure narrative a scelta multipla, allora non puoi perderti Detroit: Become Human, la grande esclusiva PlayStation 4 uscita nel corso del 2018!
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