Le Grandi Storie Marvel: Battlin' Jack Murdock

Battlin' Jack Murdock racconta la vita di Jack Murdock, con una storia appassionante e umana che riscrive le origini emotive di Daredevil

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a cura di Manuel Enrico

Difficile parlare di Daredevil imbastendo un discorso che non comprenda Jack Murdock. Se è vero che il Cornetto viene spesso presentato come l’uomo senza paura, se in ogni riferimento alla sua moralità si cerca una radice cattolica per la sua forte religiosità, è altrettanto vero che senza la figura di Jack Murdock non sarebbe nato il cuore del Diavolo Custode. Non un padre perfetto, il vecchio Murdock, ma un uomo costretto a fare buon viso a cattivo gioco, incapace di giocare al meglio le proprie carte in una vita che gli ha riservato più pugni che carezze. E come pugile, lui ha saputo incassare, ma solo fino a un certo punto, prima di andare al tappeto. Una figura drammatica e incredibilmente umana, centrale nella definizione del mito di Daredevil, ritratto con affetto da diversi autori, ma è in una storia precisa che tutta l’umanità di questo padre trova la sua piena definizione: Battlin’ Jack Murdock.

Nel corso della vita editoriale di Daredevil, Jack Murdock è una presenza costante, omaggiata da grandi interpreti del mito del protettore di Hell’s Kitchen. Lo abbiamo visto ritratto da Miller durante la sua indimenticabile gestione delle storie di Daredevil, Loeb e Sale ci hanno offerto un Jack Murdock intrigante e guascone nello splendido Daredevil: Giallo, ma in questi casi sembrava sempre mancare un elemento di tragedia, di umanità autentica nel ritrarre il padre di Matt Murdock. Una sensazione che è stata percepita in Italia da una delle eccellenze del nostro fumetto: Carmine di Giandomenico.

Battlin' Jack Murdock, la figura paterna alle origini di Daredevil

Battlin’ Jack Murdock non è una semplice storia di Daredevil. Pur non avendo come protagonista l’urban hero marveliano, è al contempo uno dei capitoli fondamentali del suo mito, ne va a definire uno degli elementi essenziali. Prima di di Giandomenico, altri celebri nomi si era confrontati con l’elemento paterno in Daredevil, dal citato Miller con L’uomo senza Paura a Quesada, che lo rese centrale nel suo Padre. In tutti questi casi, però, l’attenzione veniva focalizzata sulla percezione di Matt della figura paterna, si andava a cercare l’impatto che il burbero ex pugile aveva avuto sulla crescita del figlio. Ogni autore, quindi, ricreava Jack in base al suo gusto, creando una figura che si collocasse all’interno di elementi consolidati della continuity del personaggio, ma senza arrivare a una canonizzazione del suo spirito, della sua anima.

E nel frattempo, il mondo di Daredevil si andava consolidando, si espandeva. Arrivavano nuove storie, come Il Diavolo Custode, in cui venivano utilizzati con furbizia da Kevin Smith tratti tipici del personaggio, focalizzandosi sull’aspetto emotivo, ma aprendo al contempo a delle piccole crepe nella continuità narrativa che poteva essere colmate solamente in un modo: tornando all’origine del personaggio, o forse un passo ancora più indietro. Esattamente quanto ha fatto Carmine di Giandomenico, autore non solo degli straordinari disegni di Battlin’ Jack Murdock, ma anche della storia, poi trasformata in sceneggiatura con Zeb Wells.

Negli occhi, o meglio nel cuore del nostro Carmine, c’erano due capitoli precisi della storia di Daredevil: L’uomo senza paura e Rinascita. Nuovamente, il Cornetto di Miller, quello probabilmente più umano e autentico, spietato con il lettore e generoso di dramma e vis narrativa. Di Giandomenico li ha letti, riletti, divorati probabilmente, convincendosi che dietro tutto questo c’era un’altra storia da raccontare, quella dell’uomo che con i suoi errori e l’ultimo, incredibile atto d’amore per il figlio ha dato i natali al Daredevil che conosciamo.

Non esisterebbe Daredevil senza Battlin’ Jack Murdock. I suoi sensi ipersviluppati sono frutto del tradizionale incidente pseudo-scientifico della Silver Age Marvel, le sue incredibili doti marziali sono un tributo all’addestramento di Stick, ma il suo fulcro emotivo è nato dalla sua vicinanza con un padre che era tutt’altro che un modello di vita. Possiamo dire, quindi, che il cuore di Daredevil abbia un debito verso Jack Murdock? Carmine di Giandomenico non ha dubbi, memore di una frase con cui Miller appianò la questione del dualismo tra uomo e maschera, tra Matt e Daredevil:

“L’uomo e la maschera sono sempre stati la stessa cosa”

Se è vero questo assioma, allora il Cornetto è da sempre parte dello spirito di Matt, è cresciuto con lui. Ma quando è nato davvero? Come è apparso?

Questo ‘uomo senza paura’, per perdere questa debolezza umana, deve prima averla provata. E quale modo migliore di mostrare l’adolescenza di Matt, ripercorrendola intrecciata alla vita del padre, che tanto peso ha avuto nella sua crescita? In tutte le declinazioni di Daredevil, compresa la serie Netflix, Jack Murdock viene presentato come un ex pugile, padre single che accetta di lavorare per il signore del crimine di Hell’s Kitchen, Fixer, come picchiatore. La storia è quasi sempre la stessa: Matt lo scopre, scappa da questa verità andando incontro all’incidente che lo priva della vista, spingendo il padre a cambiare vita. Jack torna sul ring, vince e sembra un altro uomo, felice e soddisfatto, arrivando a un match decisivo, che la mafia gli impone di perdere. A poco valgono le minacce di morte, la sera del suo ultimo incontro decide di non deludere il figlio, combatte come un leone, incassa, sanguina e si rialza, sino a vincere, per suo figlio. Un ultimo regalo per il suo Matt, un’occasione di renderlo fiero del padre. Un colpo di pistola sarà la mortale conseguenza, un dolore per Matt che diventerà Daredevil, inizialmente proprio per vendicare il padre.

È una storia che, a grandi linee, viene ripresa da gran parte degli autori che si sono confrontati con Daredevil. Ma quando arriva il turno di Carmine, qualcosa cambia, c’è un nuovo elemento, una vena umana che prima non era arrivata a Jack Murdock. Battlin’ Jack Murdock, a suo modo, è una origin story che ha anche il sapore di redenzione, di una tardiva rinascita scaturita da dolore e disperazione. Al centro non c’è Matt, ma il padre, che per la prima volta non viene ritratto in funzione del futuro supereroico del figlio: questa volta il protagonista è lui.

L'umanità e la disperazione di un padre

Di Giandomenico ci offre una visione di Jack Murdock poetica nella sua drammaticità, autentica nella sua umanità. Non assistiamo alla sua caduta, entriamo nella sua vita nel momento in cui Jack è un uomo a pezzi, pugile fallito abbandonato anche dalla sua amata Maggie, scappata chissà dove. Alla deriva, perso nei fumi dell’alcol, Jack si accontenta di vivere alla giornata come picchiatore per Fixer, non pensa ad altro, affranto ma con una rabbia sopita che esplode quando meno se lo aspetta.

Tutto sembra cambiare quando improvvisamente Maggie ricompare alla sua porta. Nessuna riconciliazione, nessuna seconda occasione, ma una rivelazione: Jack è padre, del piccolo Matt. Ci si aspetterebbe di assistere alla nascita di una famiglia, ma arriva un’altra coltellata al cuore di Jack, visto che Maggie è venuta solo ad affidargli il figlio, giacché lei non può occuparsene, avendo scelto di servire Dio, divenendo suora. Ennesimo dolore, che si abbatte su uomo già spezzato, che sembra vivere con una maledizione:

“Non esiste una sensazione simile al mondo. Perdere una cosa che credi sia tua….”

Ha definitivamente perso Maggie, ma ora ha Matt. Di Giandomenico ritrae questo momento centrale con una serie di tavole struggenti e vivide, che mostrano la disperazione e la furia di Jack, contrapposte alla percezione del piccolo Matt di quanta rabbia e dolore ci siano in quell’uomo, spaventandolo al punto di farlo piangere. Basta uno sguardo, una lacrima: Jack si china, abbraccia il piccolo e Matt, nella sua innocenza, con una manina lo cerca, lo stringe a sé tra le lacrime. Volendo, questa è la pietra angolare su cui si forma l’anima di Daredevil, quel rapporto padre figlio che cambierà Jack, portandolo a essere l’uomo che influenzerà la crescita di Matt.

Non un percorso familiare semplice, il loro. Di Giandomenico non è retorico, non cede alla tentazione di mostrare un repentino cambiamento di Jack. Come nella vita reale, servono tappe, come la presa di coscienza attraverso attimi di vergogna, o episodi clou che, pur apparendo violenti, sono in realtà scaturiti dalla paura. Daredevil, lo scavezzacollo, ha conosciuto la paura, come la ha assaporata e ingoiata suo padre: la paura di fallire, di non essere all’altezza. Soprattutto, il timore di vedere il proprio figlio sprofondare nella stessa disperazione da cui si cerca di proteggerlo. Com’è possibile, verrebbe da chiedersi, che un eroe come Daredevil sia stato cresciuto da quest’uomo? La risposta che fornisce di Giandomenico è semplice, data con l’affetto di un lettore prima che di un autore: non avrebbe potuto essere altrimenti.

Daredevil è, probabilmente, il più umano dei personaggi Marvel, di sicuro uno dei più drammatici. Una tradizione di famiglia, viene da pensare. Il Jack Murdock di Di Giandomenico è reale, soffre e si interroga come noi, è diviso tra desideri e doveri, fatica a trovare la propria rotta e disperatamente cerca di esser un buon padre, preoccupato per quel figlio non vedente, debole che necessita protezione. Ogni sua azione, per quanto discutibile, viene fatta per lui, sono poche le concessioni ai propri desideri.

Con una sensibilità commovente, viene anche ritratto il suo amore per Maggie, un fantasma che aleggia su di lui anche in presenza di Josie, barista che ama profondamente Jack e che nella loro unica notte di amore lo accoglie, con tutte le sue fragilità. Battlin’ Jack Murdock è una storia di grande umanità, ci ricorda come dietro le maschere dei supereroi ci siano uomini e donne veri, che affrontano grandi sfide ma che spesso crollano sul piano umano. Di Giandomenico si fa interprete autentico dell’essenza più pura dello spirito marveliano, quel ‘supereroi con superproblemi’, estendendo questa cura emotiva delle storie anche a Jack Murdock.

Lo fa con una storia superlativa, resa ancora più emozionante e drammatica dal tratto inconfondibile di Carmine di Giandomenico. Dettagli serrati sugli sguardi, perfetta gestione dello storytelling visivo con dinamicità, ma soprattutto una sensibilità spiazzante nel ritrarre la fisicità del rapporto tra Jack e il figlio, che si tratti dell’irruenza di uno sfogo d’ira, della disperazione nella tragedia occorsa a Matt o nel fotografare l’ultimo, straziante abbraccio. Una comunione emotiva, che passa non solo dalle pose dei due personaggi, ma anche dalle parole di un padre che infine si apre definitivamente con suo figlio:

“Sono tuo padre, Matt. Ma non sono né un santo né un eroe. Lo capisci? Ora sei un uomo, ed è tempo che tu capisca che sono solo un uomo incasinato in una città incasinata. […] E sono molto orgoglioso di te”

Contrariamente ad altre storie, di Giandomenico mostra affetto per questo padre imperfetto, concedendogli un lusso mai avuto: sapere chi sia diventato realmente Matt. O almeno supporlo. In Battlin’ Jack Murdock, si ha la sensazione che il padre di Matt sia realmente in pace alla fine della sua esistenza, dopo una vita di fatica e dolore, gli viene concesso il dono di lasciare questo mondo senza paura per il futuro del figlio.

Battlin’ Jack Murdock è una lettura essenziale per comprendere l’animo autentico di Daredevil. È quasi poetico che questa consapevolezza sia custodita in una storia in cui Daredevil non esiste, in cui Matt è una figura secondaria ma soprattutto dove lo si vede spaventato, costretto ad affrontare le proprie paure e compiere i primi passi verso quella che sarà la sua identità supereroica futura. Di Giandomenico non racconta una semplice storia di Daredevil, probabilmente è stato l’autore che più di ogni altro ha saputo andare all’essenza del personaggio, raccontandoci l’origin story emotiva di uno dei più affascinanti eroi della Casa delle Idee.

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