L'Uomo d'Acciaio, a differenza dell'Uomo Pipistrello, è protagonista di due fiaschi: a inizio anni '90 un Superman V della fallimentare Cannon, con il classico Christopher Reeve. Quindi, scritto da Kevin Smith (Clerks, Dogma, Generazione X), un Superman Reborn a metà decennio. Entrambi avrebbero dovuto raffigurare la morte e resurrezione del primo supereroe.
Le cose non funzionano e si ripiega sul piccolo schermo. Per primo l'inutile Gerard Christopher: il Superboy gentile della dimenticata serie tra il 1989 e il 1992, ennesimo clone mancato di Reeve. A seguire Dean Cain: il giocatore di football della serie Lois & Clark: The New Adventures of Superman che è l'unico a provare una seria variazione dalla potente matrice del Superman (il film del '78), giustamente ispirandosi ai notevoli fumetti contemporanei.
Lois & Clark è da rimarcare per il grande successo (4 stagioni a 40 euro circa). Dean George Tanaka (poi Cain), classe '66 del Michigan, origini multietniche, è un buon Superman per l'epoca. Lo affianca la magnifica Teri Hatcher come Lois. In onda dal 12 settembre 1993 al 14 giugno 1997, per 87 episodi in quattro stagioni, è ideata da Deborah Joy LeVine. L'autrice segue la versione del personaggio in voga nei comics di quegli anni, creata da John Byrne nella miniserie Superman: The Man of Steel dell'86.
Clark Kent è la vera personalità, decisa e intraprendente; Superman ne è la maschera più ingenua. Si ribaltano alcuni aspetti del canone: per la prima volta i capelli del giornalista cadono liberamente, formando il famoso ricciolo del supereroe; al contrario, l'acconciatura imbrillantinata dell'Uomo d'Acciaio richiama quella tipica del vecchio giornalista timido di Smallville. John Shea interpreta un Luthor yuppie e belloccio, il riccastro corrotto dell'interpretazione byrniana. Phyllis Coates, la miss Lane del serial supermaniano del '51, impersona la madre di Lois/Hatcher.
La serie si concentra sulla relazione romantica tra Clark e la collega reporter Lois, oltre che sulle avventure dell'alter ego Superman. Il pubblico perdona l'ignominiosa fine della serie filmica di Reeve ed è conquistato dall'alchimia tra i protagonisti e da storie ben scritte: elementi che riescono, addirittura, a far dimenticare il ritmo compassato e gli effetti speciali dozzinali. Divertente la sequenza dell'episodio pilota nella quale, come nel fumetto rinnovato da Byrne, il supercostume viene cucito dalla madre adottiva terrestre Martha.
L'hit anni '80 della cantante Bonnie Tyler, Holding Out for a Hero, accompagna la ricerca dell'uniforme adatta, dotata di mascheramento d'ordinanza a causa del fiuto giornalistico della collega Lane. Per fortuna Martha Kent sembra avere una valigia di spandex nel sottoscala della fattoria, a Smallville. A ritmo di rock la donna fa provare al figlio varie combinazioni di mantello e maschera. Quella giusta viene sottolineata dalla battuta: Non ti servirà una maschera, dopo tutto... vestito così nessuno ti guarderà in faccia!
Nel frattempo DC Comics rinnovava il proprio successo cinematografico con l'altra sua icona ...