A 33 anni dalla sua uscita nelle sale riviviamo la batmania esplosa nel 1989. Gli appassionati del Cavaliere Oscuro hanno nel cuore una data precisa: 23 giugno 1989. In quel giorno infatti nei cinema americani veniva proiettato il primo capitolo delle avventure cinematografiche del Crociato di Gotham, quel Batman di Tim Burton che ha segnato un traguardo epocale per la presenza dei supereroi dei fumetti sul grande schermo. Non era certo il primo caso di supereroe al cinema, ma erano passati una manciata di anni dal successo del Superman con il compianto Christopher Reeve e toccava al Pipistrello godersi il suo attimo gloria.
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Una gloria a lungo attesa, che arrivò dopo una lunga gestazione iniziata sul finire degli anni ’70, nel posto che meno si potrebbe immaginare: l’università dell’Indiana. E tutto inizia con un professore appassionato di fumetti, intenzionato a portare Batman alla dimensione più cupa tipica del primo periodo del Pipistrello.
Dalla bat-dance alla Gotham oscura
Gli anni ’60 videro Batman andare oltre il limite delle pagine degli albi a fumetti, approdando alla serialità televisiva grazie ad una serie divenuta un’icona della pop culture, in cui il Crociato di Gotham, interpretato da Adam West, aveva assunto un’aria più divertente e lontana dalle cupe atmosfere che solitamente si associavano al Pipistrello. Una versione poco eroica che non garbò troppo a Michael Uslan, che invece era appassionato del lato più oscuro di Batman.
Quando Uslan diventa docente presso l’Università dell’Indiana, una delle sue prime azioni è dare vita al primo corso di studio sui fumetti nel 1971. Tema preferito? Ovviamente il buon Batman. Un corso di studi, quello di Uslan, che fece la fortuna del docente, che dopo aver insegnato ai suoi alunni cosa fossero i fumetti venne chiamato nientemeno che dalla DC Comics.
In quegli anni, la CBS aveva ancora in mano i diritti di Batman, nonostante la fama cinematografica del personaggio stesse lentamente svanendo, al punto che si stava valutando un film dall’improbabile titolo Batman in Outer Space. Film che fortunatamente non vide mai la luce, mentre i diritti di Batman vennero venduti da DC Comics a Uslan e al produttore Benjamin Melniker. Lo scopo di Uslan era ben preciso
“La mia idea era di realizzare la versione definitiva di Batman, serio e oscuro, nel modo in cui Bob Kane e Bill Finger lo avevano immaginato nel 1939. Una creatura della notte, che dava la caccia ai criminali nelle ombre”
Il progetto iniziò subito con grande entusiasmo, grazie anche alla presenza di Richard Maibaum a redigere lo script e l’interesse di Guy Hamilton come regista. Per quanto Uslan si sforzasse di proporre la sua idea per il film di Batman veniva costantemente respinto, compreso da grandi nomi come Columbia Pictures e United Artist, sempre per lo stesso motivo: l’idea di Uslan e soci era troppo lontana dall’immaginario di Batman propugnato dalla serie con Adam West.
Deciso a non farsi abbattere, Uslan continuò a lavorare sul suo progetto, dando vita ad uno script che potesse dimostrare alle major la validità delle sue idee, intitolato Return of the Batman. Seguendo il tono di Superman (1978), Uslan, Melniner e i nuovi produttori Guber e Peters presentarono il loro nuovo progetto alla Universal, che lo rifiutò. Senza perdersi d’animo, Al Comic Art Convention del 1980 venne annunciato il nuovo film di Batman, sotto Warner Bros.
Fu l’inizio di una sequenza di tentativi incredibili di realizzare il film, che videro Tom Mankiewicz immaginare una storia basata sulle origini di Dick Grayson (1983), in cui Batman sarebbe stato interpretato da un attore sconosciuto, supportato da un cast eccezionale composto da William Holden (Gordon), David Niven (Alfred) e Peter O’Toole (Pinguino). La morte di Holden e Niven tra 1981 e 1983 fu una brusca battuta d’arresto per Batman, nonostante diversi registi venissero approcciati dalla major per realizzare il film, tra cui Ivan Reitman, che avrebbe voluto Bill Murray come Batman e Eddie Murphy nel ruolo di Robin.
A cambiare le carte in tavola fu la scelta di Warner Bros, nel 1985, di assumere come regista un giovane promettente, Tim Burton. Scelta interessante, considerato che all’epoca Burton non era un lettore di fumetti, ma aveva una passione per Batman e Joker
“Non sono mai stato un grande lettore di fumetti, ma ho sempre amato le figure di Batman e Joker. Il motivo per cui non ho sono mai stato un appassionato di fumetti, e credo che sia un motivo che risale all’infanzia, era perché non riuscivo mai a capire da quale vignetta dovessi iniziare a leggere. Non so se si trattasse di dislessia o che altro, ma ecco perché ho amato The Killing Joke, , perché per la prima volta capivo da dove iniziare a leggere. È il mio preferito, il primo fumetto che io abbia amato. E il successo di quel graphic novel rese le nostre idee più accettabili”
Il riferimento è a The Killing Joke, graphic novel di Alan Moore e Brian Bolland a lungo considerato non canonico e in cui il rapporto tra Batman e Joker viene approfondito in un modo mai visto sino ad allora. Fu proprio The Killing Joke, insieme a Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Miller a influenzare la lavorazione del Batman di Tim Burton. Non essendo un esperto lettore di fumetti, Burton chiese aiuto ad un accanito lettore, Sam Hamm, che decise di non dare vita ad un film sulle origini di Batman, ma lasciando che i dettagli del suo passato emergessero tramite dei flashback inseriti al punto giusto, convinto che fosse una questione di credibilità.
Nonostante qualche timore sulla sceneggiatura ideata da Hamm da parte di Warner Bros, l’apprezzamento di Bob Kane fu decisivo per dare al film di Burton la speranza. Il punto di svolta fu il successo di un altro film di Burton, Beetlejuice, che nel 1986 fu un vero successo. Grazie a questo exploit di Burton, la Warner diede via libera alla produzione di Batman, ma Beetlejuice ebbe un altro ruolo importante nella storia di Batman: diede a Burton il suo Cavaliere Oscuro.
Io sono Batman
Trattandosi di un personaggio amato quanto il Cavaliere Oscuro, trovare un interprete adatto era fondamentale. Esperienza che era già stata complessa all’epoca della scelta di un interprete per l’Uomo d’Acciaio, al punto che sin dall’inizio si era creata una lista di potenziali attori: Mel Gibson, Kevin Kostner, Tom Selleck, Harrison Ford e Dennis Quaid.
La volontà di Warner Bros. era quella di puntare su un attore noto per gli action movie, scelta che non convinceva Burton, il quale decise però di trovare un punto d’incontro con la produzione contattando Pierce Brosnan, che rifiutò la parte. L’altra scelta iniziale di Burton era Willelm Dafoe, che nelle prime fasi di sviluppo del film era stato considerato come il Bruce Wayne ideale, ma alla fine non se ne fece nulla, e, ironia della sorte, Dafoe è diventato invece il Joker che tutti avrebbero voluto, specie dopo la sua interpretazione di Norman Osborn in Spider-Man.
Burton voleva invece puntare ad un attore sconosciuto, e la sua scelta ricadde su Michael Keaton, conosciuto principalmente per film minori e dal taglio comico, facendo insorgere i fan di Batman, che già avevano mal tollerato la scelta di Tim Burton come regista, come raccontò Sam Hamm
“Quando la gente sentiva il nome di Tim Burton, pensava a La Grande Avventura di Pee-Wee. Sentivano il nome di Keaton e ricordavano principalmente le sue commedie. Se si pensa alla versione anni ’60 di Batman, il nostro film era tutto l’opposto, Cercammo di dargli un tono oscuro e serio, ma i fan non avevano fiducia in noi”
Le proteste non scalfirono le convinzioni di Burton, che confermò Keaton, dietro consiglio del produttore Jon Peters. Keaton si rivelò non solo un ottimo Batman/Bruce Wayne, ma anche un interprete capace di dare un contributo serio alla caratterizzazione del personaggio. Ad esempio, fu di Keaton l’idea di introdurre la divertente scena della cena in casa Wayne con Vicky Vale.
Soprattutto, a Keaton si deve una delle battute più note del film. Nella scena iniziale in cui il Pipisterllo affronta i malviventi nelle ombre di Gotham, alla domanda ‘Chi sei?’ Keaton avrebbe dovuto rispondere ‘Io sono la notte’, ma l’attore improvvisò la battuta che divenne parte del mito cinematografica del Cavaliere Oscuro ‘Io sono Batman’.
Pare ovvio quindi che alla fine l’idea di Burton di dare a Keaton la maschera di Bats sia stata ottima. Certo, l’attore dovette faticare non poco ad entrare nella bat-tuta, considerato che era estremamente aderente e il povero Keaton soffriva di una fortissima claustrofobia. In accordo col regista, Keaton chiese di non modificare la tuta del Pipistrello in modo da poter dare alla sua recitazione come Bats il giusto carisma.
E parlando di carisma, è a Keaton che si deve la voce cavernosa di Batman. Keaton era un perfezionista e voleva evitare che l’identità segreta di Bats fosse facilmente identificabile, magari dalla voce. Per questo scelse di recitare con una voce più bassa e cavernosa le scene in cui interpretava il Pipistrello.
Una vera sfida fu trovare l’interprete perfetto per Joker. I candidati inziali furono Tim Curry, David Bowie, Rai Liotta e James Woods, ma Tim Burton avrebbe voluto John Glover, scelta che non convinse la Warner, che preferiva un attore più noto. E Glover entrò nel mondo di Batman anni dopo, interpretando il creatore di Bane in Batman & Robin. A proporsi fu anche Robin Williams, che diede vita ad una particolare competizione con un altro attore: Jack Nicholson.
Williams fu dato per vicino al ruolo del Clown del Crimine quando Nicholson prendeva tempo per decidere, escamotage usato dalla produzione per convincere Nicholson, anche se Williams in realtà prese sul serio la cosa. Talmente sul serio che quando non ottenne la parte decise di rifiutare altre parti proposte dalla Warner, compreso interpretare Edward Nygma in Batman Forever, ruolo che venne poi interpretato da Jim Carrey.
In compenso, Nicholson si comportò da vero divo. Strappò concessioni incredibili, come il condensare le proprie presenze sul set o avere l’ultima parola sulla realizzazione di trucco, ed ebbe un’intuizione simile a quella di Alec Guinness per Star Wars: rinunciare ad un compenso fisso ma avanzare una richiesta monetaria calcolata in percentuale sugli incassi del film. Intuizione davvero felice!
All’epoca, Jackson era molto in voga, e dimostrava questa fama passando da una festa all’altra. Nel suo contratto aveva imposto di potere arrivare in tarda mattinata, arrivando sempre dopo molte ore rispetto al resto della troupe. Nicholson era così sfinito da tutte le feste a cui partecipava, che le lunghe sessioni del trucco diventavano per lui ottime occasioni per delle lunghe dormite.
E parlando del Joker, nel film la sua figura viene basata principalmente su Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Miller e il Clown del Crimine visto in The Killing Joke di Moore. Soprattutto da quest’ultimo graphic novel venne presa la genesi del Joker, ricreando la celebre scena della rapina finita male in una fabbrica chimica (che in Batman venne girata nelle stesse location dove poche settimane prima Cameron aveva girato il suo Aliens – Scontro Finale). Totalmente inventato il dettaglio del nome del Joker, Jack Napier, derivato dal termine gergale inglese ‘jacknapes’, che indica una persona stupida. Senza contare che il nome ha anche il merito di omaggiare l’attore Alan Napier, che interpretava Alfred nella serie anni ’60 di Batman.
Ad interpretare Vicki Vale avrebbe dovuto essere Sean Young, attrice nota per Blade Runner e Dune. In una delle prime scene girate per il film, Vicki e Bruce si sarebbero dovuti concedere una cavalcata, ma nel girare questa scena la Young ebbe un incidente in cui si ruppe la clavicola, incidente che le impedì di continuare la riprese.
Inizialmente si pensò di sostituire l’attrice con Michelle Pfeiffer, ma il fatto che all’epoca avesse una relazione con Michael Keaton spinse Burton a preferirle un’altra attrice, caldamente consigliata da Jon Peters: Kim Basinger. Alla Pfeiffer non andò male, considerato che venne scritturata per la parte di Selina Kyle per Batman Returns. I puristi del fumetto non apprezzarono la scelta della Basinger, considerato che nei fumetti Vicki Vale aveva i capelli rossi, ma Bob Kane confessò che il colore dei capelli della giornalista nei fumetti era dovuto ad un errore nella colorazione del suo albo d’esordio, visto che lui aveva immaginato la donna bionda.
In una prima stesura del film era presente anche la figura di Dick Grayson, il primo Robin. Ad intepretarlo era stato chiamato un ventenne Kiefer Sutherland, che sarebbe comparso nella scena in cui Jack Napier uccideva i Grayson Volanti al cinema, rendendo Dick orfano. Scena che venne poi tagliata nella versione finale del film, lasciando che questo dettaglio della storia del Pipistrello venisse raccontato in Batman Forever.
Altra scelta che fece discutere fu l’idea di Keaton di assumere l’attore afroamericano Billy Dee Williams, il Lando Calrissian de L’Impero colpisce ancora, per interpretare il procuratore distrettuale Harvey Dent. L’intento di Burton era di sviluppare questo personaggio nel corso dei successivi film, arrivando a trasformarlo nel villain Due Facce. Peccato che dopo il secondo film il passaggio del testimone a Joel Schumacher privò Williams di questa possibilità, che venne invece concessa a Tommy Lee Jones.
Dare vita a Gotham
Uno degli elementi più amati del film è da sempre la Batmobile, figlia di una visione del mondo del Pipistrello che diede vita ad una Gotham inconfondibili, pesantemente influenzata dalle atmosfere realizzate da Frank Miller nel suo Il ritorno del Cavaliere Oscuro.
A dare vita a questa visione di Batman fu il designer Anton Furst, che dopo un lungo corteggiamento da parte di Burton, prese parte a questo progetto, scelta che considerò una delle più appaganti della sua vita
“Non credo che mi sia mai sentito in sintonia con un regista come feci con Tim. Concettualmente, spiritualmente e visivamente. Non ci fu alcun problema, non arrivammo mai a liti o incomprensioni. Burton è un maestro nel gestire emozioni e competenze”
L’immaginario di Batman era influenzato da alcune delle più visionarie pellicole del periodo, come Brazil di Terry Gillian. Lo spirito di Batman e della sua missione doveva trasparire anche nella sua città, un’idea che Furst trasformò dando vita ad una metropoli da incubo
“Per realizzare Gotham pensammo a come sarebbe divenuta New York senza una commissione edilizia. Una città governata dal crimine con uno stile architettonico anarchico, un esempio di bruttezza, come se l’inferno fosse esploso da sotto il pavimento”
A ribadire questo approccio fu anche l’art director Nigel Phelps, che collaborò con Faust alla creazione del mondo di Batman
“In Batman, la nostra visione di Gotham era influenzato dal tono oscuro dei fumetti del Cavaliere Oscuro, e dalle fotografie di New York di Andras Feininger. Evitammo volontariamente di farci influenzare da Blade Runner: a nessuno venne consentito di vederlo mentre stavamo lavorando alla creazione di Gotham e i neon furono completamente banditi!”
Toccò all’illustratore Julian Caldow realizzare i bozzetti e il design della Batmobile, una delle caratteristiche più amate del film, oltre al Batwing e a gran parte dei gadget di Batman. La rifinitura finale alla Batmobile venne data da Ketih Short, che collaborò con Furst
“Prendemmo spunto da parti di jet, macchine da guerra e da mille altri elementi. Alla fine ci affidammo al puro impressionismo, prendendo come base le Salt Flat Races degli anni ’30 e le Sting Ray macho machines anni ‘50”
Questi spunti vennero modellati sulla base della Chevrolet Impala, dopo fallimentari tentativi su chassis Jaguar e Ford Mustang. Il motore era di un’Impala, a cui vennero aggiunte le luci di Ferrari e Honda Civic, i motori di un Harrier e la cabina mobile per consentire a Bats un’entrata ad effetto. Il tutto per 6 metri di lunghezza e un perso 1,36 tonnellate.
https://youtu.be/67h06JkUbp4Nel progettare la Batmobile, i progettisti però non avevano considerato che le orecchie del cappuccio di Bats aumentavano di dieci centimetri la già ragguardevole altezza di Keaton. Risultato: orecchie incastrate nel tettuccio. Per questo, venne realizzato un apposito cappuccio della bat-tuta da utilizzare nelle scene con la Batmobile.
E pensare che il costume designer Bob Ringwood avrebbe dovuto considerare questo aspetto. Pur di lavorare a Batman, Ringwood aveva rinunciato a lavorare a 007: Licenza di uccidere, cosa che probabilmente rimpianse quando capì quando sarebbe stato complesso realizzare il costume di Bats
“L’immagine di Batman nei fumetti è di questo imponente colosso di quasi due metri con un mento volitivo. Michael Keaton è un tizio con una corporatura media. Il problema era trasformare una persona di corporatura media in una figura imponente”
Come detto, il costume realizzato da Ringwood risultò particolarmente stretto per il povero Keaton, che soffrendo di claustrofobia si trovò a gestire una situazione complessa, ma che per Burton si rivelò uno dei punti di forza della caratterizzazione di Batman
“Michael era lievemente claustrofobico, il che rese la cosa ancora più dura per lui. Indossare il costume lo metteva in uno stato d’animo oscuro, alla Batman, una condizione che lui sfruttò abilmente”
L’interpretazione di Keaton e la tuta di Batman ottennero anche il parere positivo di Bob Kane, ma specialmente le prime immagini trapelate della bat-tuta non colsero il favore dei fan. Burton non rinunciò però alla sua idea di non utilizzare alcune delle caratteristiche dalla versione fumettistica della tuta, cercando di trovare un equilibrio tra l’immaginario fumettistico e una visione realistica. Esercizio complesso, ma che Ringwood compì leggendosi più di 200 fumetti di Batman e realizzando 28 modelli in latex, prima di arrivare alla versione definitiva.
Altrettando complesso il trucco di Joker, che costringeva Nicholson a dure sessioni di preparazione. Complice la carnagione pallida di Nicholson, i truccatori dovettero lavorare a strati sul volto dell’attore. Prima veniva applicato una particolare vernice a base acrilica detta PAX, su cui poi si stendeva un velo di olio di silicio ed infine veniva aerografato un ultimo strato di cerone color carne.
Grazie a questo tracco stratificato, Nicholson usando una pezza intinta di alcol isopropilico poteva levarsi solo l’ultimo strato di cerone lasciando emergere il suo volto bianco.
Una colonna sonora indimenticabile
Quando si trattò di cercare l’autore della colonna sonora, Burton non ebbe dubbi: Danny Elfman. Il quale era terrorizzato, considerato che si trattava della prima grossa produzione a cui avrebbe lavorato, e per cui aveva ricevuto una sola indicazione: leggersi Il ritorno del Cavaliere Oscuro. A rendere la situazione ancora più tesa c’era la sfiducia di Jon Peters, che aveva già arruolato artisti del calibro di Prince, per il tema di Joker, e Michael Jackson, cui era affidata la colonna sonora romantica della pellicola.
https://youtu.be/I112FhJ-McQLa storia insegna che alla fine la musica di Elfman fu l’accompagnamento ideale per questa prima avventura cinematografica moderna del Pipistrello. Il tema principale di Batman è divenuto uno dei brani più amati e conosciuti dei film del periodo e ancora oggi è un tratto inconfondibile del mito del Crociato di Gotham. Eppure, Elfman non era soddisfatto del proprio lavoro, specialmente dopo avere ascoltato il risultato finale
“Batman venne girato in Inghilterra da tecnici che non avevano a cuore il lavoro, e la non curanza è emersa. Non sto sminuendo l’Inghilterra, perché hanno realizzato dei mixaggi bellissimi, ma quella precisa squadra decise di non farlo”
Chi è Batman?
Al centro del film di Tim Burton ci sono alcune delle tematiche tipiche del mito di Batman, una su tutte il rapporto complesso con la sua storica nemesi, Joker. A pensarci bene, sembra destino che nel giro di un biennio, su diversi media, venisse considerata questa complessa dinamica emotiva. Se Burton si apprestava a sezionarla al cinema, due nomi importanti del comics mondiale, Alan Moore e Frank Miller, la svisceravano e analizzavano nel contesto narrativo naturale del Pipistrello, il fumetto.
The Killing Joke e Il ritorno del Cavaliere Oscuro sono due visioni attente e uniche della relazione tra Bats e Joker, un rapporto quasi simbiotico che viene spesso valorizzato, ma che in queste due storie trova una concretezza umana e innegabile. Un modo intenso di vedere il Cavaliere Oscuro, soprattutto quando ci si interroga su quale sia la vera identità del personaggio e quale la maschera, arrivando spesso a chiedersi se Bruce Wayne non sia la maschera di Batman.
Burton, pur non essendo un lettore di fumetti, aveva capito che questa dualità Bruce-Batman comportava una pressione psicologica non indifferente sull’uomo sotto la maschera. Il suo Bruce convive con questa doppia identità, ne paga direttamente le conseguenze (anche se diventa più lampante nel secondo capitolo), arrivando a perdere la connotazione del classico eroe senza macchia.
Non è un caso che la sua fonte di ispirazione sia Il ritorno del Cavaliere Oscuro, dove Miller contrappone il senso di moralità spietata e finalizzata all’obiettivo dell’eroe gothamita all’etica ferrea e inamovibile di Superman. Anche cinematograficamente, Superman appare come l’eroe perfetto, capace di soffrire e sacrificarci pur di non venire meno ai principi universalmente riconosciuti come inalienabili, mentre il Batman di Burton è più aperto ad una morale in cui la lotta al crimine consenta di andare oltre certi limiti, una visione più oscura.
Che non a caso si riflette anche nella città in cui si muove Batman, oscura, quasi sempre ripresa di notte e in cui le ombre sembrano dominare. Come osservò a i tempi il giornalista del Time Richard Corliss
“Gotham City, pur essendo ricreata nel retro di uno studio, è letteralmente un ulteriore protagonista. Ha la presenza incombente dell’impressionismo tedesco e dell’architettura fascista, guarda con aria di superiorità la gente nelle strade”
E questo modo di intendere l’architettura della città si riflette anche nella psicologia dei due personaggi principali, Batman e Joker, che hanno vissuto in modo diametralmente opposto questa imposizione umorale della loro città. Per Burton, i due sono un’antitesi affascinante
“L’intero film e la mitologia del personaggio si basano su un contrato tra freaks. È la lotta tra due personalità disturbate. Joker è un personaggio così maestoso perché è totalmente libero. Qualunque personaggio operi oltre i limiti imposti dalla società e viene marcato come freak e non voluto ha la libertà di fare ciò che vuole…diventa il lato oscuro della libertà. La follia in un senso spaventoso può essere tutta la libertà che riesci ad ottenere, perché non sei più vincolato dalle convenzioni sociali”
Una convinzione, quella di Burton, che lo portò ad analizzare con attenzione questa antitesi viventi che sono Batman e Joker, dando una connotazione ben definita anche al Clown del Crimine, al punto che alcune critiche al film si focalizzavano sul fatto che Burton avesse dato maggior importanza alla nemesi che non all’eroe.
Critiche che non scalfirono il buon ritorno del film, che diede vita ad una delle prima grandi manifestazioni di trasporto popolare, complice una campagna marketing che aveva dato vita, mesi prima dell’uscita del film, a quel fenomeno cultura passato alla storia come Batmania. Gadget, magliette, modellini della Batmobile e dei mezzi di Batman divennero l’oggetto della smania di milioni di persone, come ricorda anche un insider del settore del calibro di Kevin Smith
“Quell’estate fu impressionante. Non potevi girarti da nessuna parte senza vedere un bat-segnale. La gente è completamente uscita di testa. Era semplicemente l’estate di Batman e se eri un appassionato di fumetti quella era una pacchia. “
Una passione, quella per Batman, che in un certo scosse anche Hollywood. Gli anni ’80 avevano sancito la consacrazione degli action movie, con film come Predator, Rambo, Terminator o Robocop. Questo filone aveva consacrato figure come Stallone o Schwarzenegger, che avevano fatto della loro fisicità un requisito essenziale per concepire l’azione al cinema. L’attenzione dello spettatore era concentrata sulla tensione muscolare, gli effetti speciali erano minimi perché tutto doveva esaltare la potenza degli interpreti, ma un film come Batman ribaltava questo assioma, una rivoluzione che spinse uno dei pilastri degli action movie del periodo, Sylvester Stallone, a vedere nel film dell’eroe gothamita uno dei maggior responsabili del declino di quel filone cinematografico
“Batman divenne l’inizio di una nuova era: l’immagine era diventata l’elemento principale, più dell’attore erano importanti gli effetti speciali. Avrei voluto avere io l’intuizione per creare i muscoli finti, mi sarei evitato tutti quegli anni di palestra!”
In effetti, Batman fu una rivoluzione per il cinema di quegli anni. Pur discostandosi dall’impostazione già innovativa del Superman di Donner, Batman aveva colto elementi narrativi particolari e li aveva intrecciati tra loro, come solo la genialità di Burton poteva concepirli. Per l’epoca fu un punto di svolta, un’apertura al mondo dei fumetti che diede vita ad una delle saghe cinematografiche più longeve ed amate di sempre.
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