Atlantis, la serie perduta Disney

Atlantis - L'impero Perduto: vita, temi, misteri e sequel di uno dei film più atipici di tutta la storia dei Classici Disney.

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a cura di Adriano Di Medio

Poche altre cose nella sterminata produzione Disney sono “mosche bianche” tanto quanto Atlantis – L’Impero Perduto. Uscito nel 2001 e accreditato come quarantunesimo Classico, il film di Gary Trousdale e Kirk Wise fu per lo studio una scommessa non da poco, che però non venne ripagata in quanto l’incasso ammontò a poco più di una volta e mezza il budget. Eppure, questo atipico dieselpunk Disney aveva dalla sua parte sia la creatività sia un universo narrativo che non aspettava altro che essere espanso. Per capirne la portata, abbiamo indagato ciò che è effettivamente arrivato sugli schermi.

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L’Impero Perduto: basta canzoni, vai con le esplosioni

Le radici alla base di Atlantis sono abbastanza note. Il film nasce dalle stesse persone che nel 1996 avevano dato vita a Il Gobbo di Notre Dame, fiaba gotica ancora oggi considerata tra i classici Disney più cupi e adulti (disponibile su Disney+). Tale sentiero, per la casa di Topolino, era ancora per somma parte sconosciuto; pertanto Gary Trousdale e Kirk Wise (già registi del Gobbo) e il produttore Don Hahn decisero di insistervi ancora di più. Per farlo, tolsero tutto ciò che rimaneva del passato recente dello studio: addio alle atmosfere fiabesche, agli animali antropomorfi e soprattutto alle canzoni.

La massima che i realizzatori imposero di seguire alla lettera fu infatti “meno canzoni, più esplosioni”. Ciò portò Atlantis a essere un film d’avventura genuino, ispirato ai grandi classici di Jules Verne e volendo anche un po’ a Indiana Jones. Un giovane linguista di nome Milo Thatch, decifrando l'antico Diario del Vecchio Pastore, partirà insieme a un variopinto gruppo di avventurieri in una spedizione alla ricerca della città perduta di Atlantide.

Il vero punto di rottura, tanto con il passato quanto con il futuro, furono però le tematiche: alla grande ricostruzione immaginifica tanto di Atlantide quanto della “modernità vintage” degli esploratori, si affiancò una critica sottesa, ma feroce, a capitalismo e imperialismo. Atlantis infatti provava a far venir fuori il lato più oscuro del cercatore di tesori, dipingendolo realisticamente in bilico tra l’archeologo e il saccheggiatore.

Oggi sono argomenti decisamente sdoganati, ma per il 2001 erano concetti ben poco familiari al grande pubblico. In questo senso, non è neanche da escludere sia stata proprio questa lontananza la causa del limitato successo al botteghino della pellicola.

Un ricco contorno

Quindi, pur se alla prova dei fatti Atlantis – L’Impero Perduto si sarebbe rivelato insoddisfacente da un punto di vista commerciale, il film ebbe il suo corollario di opere derivate. Del resto, i primi anni Duemila sono l'ultima parte del Rinascimento Disney, periodo storico in cui la macchina del merchandising andava a pieno regime (e volendo, da quel momento non si è più fermata). Ecco quindi che, ad accompagnare la pellicola di Trousdale e Wise, arrivarono ben tre videogiochi. Il più famoso è quello dal titolo omonimo uscito per la prima PlayStation, un adventure-platform sviluppato dalla Eurocom senza troppe pretese.

La curiosità maggiore però riguarda un altro di essi, ovvero Atlantis – Alla Ricerca del Diario. In questo spin-off semi-sconosciuto veniva impiegato come filmato d’apertura uno spezzone, animato a mano, in cui un gruppo di vichinghi andava alla ricerca di Atlantide. Loro guida era proprio il Diario che poi verrà decifrato da Milo. Il viaggio aveva un esito drammatico, in quanto la loro nave veniva spazzata via dal Leviatano. Tale sequenza altro non era che il prologo originale del classico Disney, scartato all’ultimo momento e sostituito con quello che vediamo nell'edizione finale.

Un altro notevole sprazzo creativo arrivò, a sorpresa ma neanche troppo, dall’Italia. In contemporanea con l’uscita del film venne infatti distribuita nelle edicole una miniserie a fumetti in tre numeri. Il primo volume raccontava il ritrovamento del Diario del Vecchio Pastore in Islanda (evento appena accennato nel film), il secondo adattava in fumetto il lungometraggio stesso e infine il terzo immaginava un proseguimento delle vicende.

Alle matite vi era Claudio Sciarrone, ai tempi già autore disneyano affermato. Ciascun numero presentava poi contenuti aggiuntivi e approfondimenti, ad esempio brevi articoli sulla storia dei metodi di cifratura dei messaggi o la classica enigmistica tipica della stampa Disney di quei tempi. In questo caso però, oltre all'adattamento del film e dei suoi antefatti, c'era la notevole aggiunta di vere e proprie storie parallele originali. Una di queste parlava di Bultow, un rivale in affari di Preston Whitmore (finanziatore della spedizione di Milo), che cercava di impedire la partenza della spedizione per Atlantide.

Team Atlantis, tre episodi in un film

Editoria cartacea a parte, l’opera derivata più famosa di Atlantis è paradossalmente quella che non ha mai visto la luce. Nei primi anni Duemila, infatti, la Disney iniziò a produrre una serie di film d’animazione da destinare al mercato home video. Passato qualche tempo, venivano poi riproposti sui canali satellitari; ai quei tempi infatti Disney Channel era ancora in fase di stabilizzazione, e di lì a poco sarebbe migrato sull'allora nascente piattaforma Sky.

Molti di questi film animati erano sequel dei grandi classici visti al cinema, messi in cantiere a seguito del buon successo di quelli dedicati ad Aladdin e La Bella e La Bestia. Purtroppo, trattandosi spesso anche di un modo per far carburare i diversi studi Disney sparsi per il mondo, molte di queste pellicole furono accolte piuttosto freddamente.

Nel 2003 arrivò quindi il sequel di Atlantis, intitolato Atlantis – Il Ritorno di Milo. Il film era composto da tre storie, incorniciate da un prologo e da un epilogo, con al centro i medesimi personaggi del primo film. Come da titolo, Milo decideva di ripartire da Atlantide e ricongiungersi ai colleghi e amici. Costoro  erano venuti a contatto con strane anomalie, e avevano bisogno di Milo e della sua esperienza per indagarle.

Da lì, la squadra si sarebbe impegnata a risolvere misteri in ogni angolo del mondo. Ancora una volta, le tre trame evidenziavano un'impronta quasi progressiva: seppur edulcorate nelle tematiche più forti, osavano sfiorare temi e atmosfere impensabili per l’animazione Disney di ieri e oggi. Un esempio per tutti: guardando il primo segmento del film, molti non potranno fare a meno di associarne la nebbia e il mistero addirittura a quanto raccontava H. P. Lovecraft. Lo stesso Kirk Wise, in un'intervista, ha recentemente raccontato la trama di un sequel mai fatto che avrebbe sfiorato il periodo della prima guerra mondiale.

Indagini da ogni angolo del mondo

Nonostante Atlantis – Il Ritorno di Milo si accomodi in un classico lieto fine, il motivo per cui il film presentò avvenimenti così slegati tra loro sta nel fatto che, più che un vero e proprio sequel, è stato un assemblaggio degli unici tre episodi di una serie animata destinata alla televisione. Si sarebbe intitolata appunto Team Atlantis e la sua produzione era stata programmata in tandem proprio con il film. Visti i pochi risultati della pellicola, il progetto di serie era andato incontro all'inevitabile cancellazione. Si preferì quindi convertire il materiale già prodotto in un film pilota.

In effetti, le possibilità che Atlantis – L’Impero Perduto sfociasse in una serie erano, almeno sulla carta, piuttosto elevate. Oltre ai sequel direct-to-video, da anni la Disney sfruttava i suoi classici come base per serie animate che riscuotevano buon successo. Una delle più famose è senza dubbio quella di Aladdin, ma vi era anche quella su Hercules (1998) e Tarzan (La Leggenda di Tarzan, 2001).

Nel 2003 (2004 in Italia) sarebbe arrivata quella di Lilo e Stitch, divenuta paradossalmente più famosa persino del film originale. È a questi anni che risale anche l’abitudine dell'azienda di non prolungare troppo ciascun prodotto seriale (la cosiddetta “Legge dei 65 episodi”), eventualmente chiudendone le vicende con un lungometraggio.

Basta poi la semplice visione de Il Ritorno di Milo per palesare la volontà dei creatori di rendere Team Atlantis appetibile anche a un pubblico più trasversale. Simbolo più evidente di ciò è Obby, un curioso incrocio tra un cane e un coccodrillo capace di nuotare nella lava. Altro non era che il classico animaletto che fungeva sia da mascotte che da spalla volta ad attirare il pubblico dei giovanissimi. E per converso, prima che Team Atlantis fosse cancellata era stato addirittura previsto un episodio crossover con la serie Gargoyles - Il Risveglio degli Eroi.

Atlantis: sì o no?

Alla fine, Atlantis rimane un’opera abbastanza inclassificabile, perlomeno nel contesto della Disney. Tanto adesso quanto ai tempi è una produzione assolutamente fuori dagli schemi, uno degli ultimi segni della volontà di progressione che aveva reso grande il Rinascimento Disney. Il suo unico “difetto”, almeno per quanto riguarda la prima pellicola, potrebbe essere quello di aver scelto il momento storico sbagliato.

Questo spiegherebbe anche come mai il film sia stato rivalutato negli anni successivi all’uscita nelle sale. E può essere piacevole pensare che, se uscisse oggi, Atlantis probabilmente farebbe più successo di quanto non abbia fatto diciannove anni fa. Un successo dovuto non alla nostalgia, ma al fatto che i suoi temi e critiche sono ormai parte dell'odierno immaginario collettivo. Il nostro consiglio quindi è di dare una possibilità a questo duo di pellicole. Andando oltre la loro (comunque presente) natura per famiglie, potrebbero stupirvi. Del resto, sono entrambe disponibili su Disney+.

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