Spedizioni esplorative di luoghi remoti dello spazio, viaggi per il trasporto minerario che si rivelano letali, traversate stellari verso autostrade galattiche. Le astronavi più celebri dei film, ciascuna con il suo scopo ed il suo equipaggio, ci hanno condotti in quei territori inesplorati della fantasia che sono sospesi lì tra le stelle, facendoci sognare, terrorizzandoci, coinvolgendoci o strappandoci una risata.
L'esplorazione di oggi è dedicata a loro, alle navi spaziali dei film.
Astronavi nei film
Nostromo
Nello spazio nessuno può sentirti trasportare minerali
Tra i corridoi e le sale di questa astronave si sono fatti strada per la prima volta i mostri alieni più terrificanti del cinema sci-fi horror, gli xenomorfi di Alien. Questi sono diventati un vero simbolo cinematografico, proliferando non solo nell'universo fittizio del franchise ma anche nell'immaginario mondiale. Nel tempo hanno portato il loro sorriso smagliante e il loro capoccione anche a bordo di altre astronavi, per la gioia di ogni equipaggio, ma la loro storia è iniziata qui, all'interno della Nostromo, dove hanno avviato la loro opera di espansione ai danni delle ignare creature umane.
La Nostromo appare nel primo film del franchise, l'Alien del 1979 diretto da Ridley Scott, su sceneggiatura di Dan O'Bannon e Robert Shusett. Si tratta di un'astronave utilizzata come rimorchiatore commerciale, atta a trainare infatti una gigantesca piattaforma-raffineria lunga circa tre chilometri e larga due, viaggiando tra il Sistema Solare e il Sistema Zeta Reticuli. Sembra che sia stato proprio il regista Ridley Scott a proporre l'idea di rendere la Nostromo una nave-rimorchiatore, idea che è stata poi sviluppata dal designer Ron Cobb, il quale ha realizzato il progetto definitivo che tutti conosciamo.
Il nome di questa astronave è un omaggio al romanzo del polacco Joseph Conrad intitolato Nostromo, A Tale of the Seaboard, mentre la sua navetta di salvataggio Narcissus prende il nome da un altro romanzo di Conrad, dal titolo The Nigger of the 'Narcissus': A Tale of the Forecastle. La Nostromo, inoltre, fa parte della flotta della compagnia immaginaria Weyland – Yutani, società che nell'universo cinematografico di Alien andrà a nozze con la scoperta degli xenomorfi da poter utilizzare come armi biologiche.
L'astronave protagonista della prima pellicola dedicata a questi mostri alieni viene descritta come una nave di classe M Lockheed CM 88B Bison della Weyland – Yutani, con una massa di sessantatre mila tonnellate, in grado di trainare la piattaforma mineraria attraverso una speciale struttura di aggancio e ad un sistema di propulsione che sfrutta dei reattori a fusione per alimentare il motore super-luce Yutani T7A NLS. Essa può effettuare voli in atmosfera ed eseguire atterraggi grazie ad un particolare sistema di ammortizzazione; la Nostromo è dotata inoltre di scudi per la protezione contro i micro meteoriti.
La sua composizione interna prevede tre ponti, di cui fanno parte il ponte di comando, le zone ad uso dell'equipaggio come gli alloggi e la mensa e le aree tecniche come l'infermeria, il laboratorio, i magazzini. Una sala contenente le capsule per l'ipersonno è presente all'interno della Nostromo, oltre ad una camera dedicata interamente a Mother, il computer centrale di bordo che sarà anche la causa della rovina dell'equipaggio. Una curiosità su di esso: il designer Ron Cobb ha ideato quest'ambiente con l'intento di richiamare le atmosfere di una cattedrale, grazie alle numerose piccole luci che brillano dalle pareti come le candele di un luogo sacro.
Della Nostromo esistono tre modelli utilizzati sul set: uno da trenta centimetri, uno da circa un metro e l'ultimo da circa tre metri, utilizzato in larga parte per le riprese del film. È stato proprio quest'ultimo ad essere messo all'asta dalla Prop Store’s Entertainment Memorabilia Live Auction, lo scorso agosto, partendo da una base di ben cinquecento mila dollari.
Cuore d'Oro
Verso la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto
Viaggiare nell'iperspazio a velocità che superano quelle della luce per spostarsi nell'universo? È roba vecchia e superata. La migliore tecnologia possibile per fare ciò è... l'improbabilità. Ecco perché l'astronave Cuore d'Oro, tra i protagonisti di Guida Galattica per Autostoppisti, si serve di un motore a Propulsione d'Improbabilità Infinita. Douglas Adams descriveva così questa tecnologia tra le pagine del suo celebre romanzo:
La Propulsione d'Improbabilità Infinita è un metodo nuovo e meraviglioso per attraversare le enormi distanze interstellari in un nientesimo di secondo, un metodo che permette di abbandonare definitivamente quella noiosa schifezza che è l'iperspazio. Appena la propulsione della nave raggiunge l'Improbabilità Infinita, la nave passa per tutti i punti dell'Universo. "Questa scoperta ci potrà fare invidiare da governi ben più importanti del nostro." (da un depliant pubblicitario). È stata scoperta per un caso fortunato e trasformata poi in una forma di propulsione controllabile dal gruppo di ricerca del Governo Galattico che lavorava sul pianeta Damogran. Questa, in sintesi, è la storia della sua scoperta.
Se questa descrizione può apparire assurda, probabilmente è perché non avete mai letto la Guida Galattica per Autostoppisti. Pubblicato per la prima volta nel 1979, il romanzo è stato scritto dall'autore britannico Douglas Adams e, oggi, è considerato come una tra le più belle opere appartenenti al genere della fantascienza umoristica. Dal celebre libro che contiene "la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto" è stata poi tratta una serie TV da sei episodi andata in onda nel 1981 e un film diretto da Garth Jennings uscito nel 2005. La versione della Cuore d'Oro che più conosciamo è proprio quella visibile in quest'ultima pellicola.
All'interno del romanzo, la Cuore d'Oro viene descritta infatti come un'enorme, lucida scarpa da corsa (in linea con lo spirito nonsense del racconto) mentre l'astronave del film ha una forma sferica con una circonferenza blu posta frontalmente che ricorda l'immagine di un gigantesco occhio. Su un punto, tuttavia, c'è assonanza tra libro e film: la Propulsione d'Improbabilità Infinita permette alla Cuore d'Oro di raggiungere qualsiasi punto dell'Universo. Quale? Non lo si potrà mai sapere con certezza finché non ci si arriva. L'astronave si presenta poi al suo interno con ambienti molto ampi, bianchi e lucidi, con un grande pannello di controllo nella sala principale da cui è possibile attivare la Propulsione d'Improbabilità Infinita attraverso un grande pulsante semisferico. Una particolarità? Le porte che collegano i diversi ambienti: si aprono e si chiudono emettendo sospiri di soddisfazione.
https://youtu.be/ej-pDVTcpNMLa Cuore d'Oro può inoltre assumere diverse forme, come quella di un'anguria, una papera di gomma o di un gomitolo di lana, e anche i membri dell'equipaggio a bordo cambieranno aspetto di conseguenza (come è visibile nel film quando tutti diventano degli omini di lana). Tra questi, troviamo il Presidente del Governo Galattico Imperiale Zaphod Beeblebrox, ovvero colui che ha rubato la Cuore d'Oro proprio nel giorno del varo dell'astronave; Tricia McMillan, la ragazza di Zaphod desiderosa di scoprire l'universo; e Marv, il robottino dall'enorme testa tonda piena di pensieri sconfortanti. Ad essi si uniranno Arthur Dent e Ford Prefect, salvati dalla stessa astronave in totale autonomia, mentre si trovavano prigionieri degli alieni Vogon. Sarà perché la Cuore d'Oro possiede un cuore, custodito in una scatolina d'oro?
Millennium Falcon
Il più veloce pezzo di ferraglia di tutta la galassia
Diciamocelo pure: chi non conosce il Millennium Falcon? L'astronave dell'universo di Star Wars pilotata da Han Solo e dal compagno d'avventure Chewbecca è senza ombra di dubbio uno dei mezzi spaziali più conosciuti e amati al mondo, presente nell'immaginario fantascientifico da oltre quarant'anni. Modellini che vengono collezionati pressoché ovunque, easter egg che spuntano qua e là in diversi altri film, parodie (sì, anche quelle) ambientate nella sua leggendaria cabina di pilotaggio. È oltremodo doveroso inserire il Millennium Falcon nella nostra lista.
Apparso già nel primo film della fortunata saga di Star Wars, nel 1977, il Millennium Falcon viaggia tra le stelle anche nelle successive pellicole fino ad arrivare alla più recente The Rise of Skywalker (2019) e, ovviamente, al film dedicato interamente al suo pilota, Solo: A Star Wars Story (2018). Il suo design è stato realizzato da Joe Johnston, tuttavia inizialmente l'astronave era totalmente diversa da quella che conosciamo oggi: il suo aspetto era più longilineo, ma nonostante l'alto budget speso per la sua progettazione, si rese necessario modificarlo in maniera drastica. Il primo Millennium Falcon era infatti troppo simile all'Aquila della serie Spazio 1999, perciò George Lucas ordinò un nuovo modello che si allontanasse da quello già presente in altri prodotti cinematografici.
Joe Johnston disegnò quindi quella che è oggi l'astronave più famosa dell'universo, cercando di discostarsi il più possibile dall'idea di semplice "disco volante" attraverso elementi peculiari che la rendono inconfondibile (vi rimandiamo qui per la lunga e travagliata genesi del leggendario Millennium Falcon). Il design precedente non venne però scartato del tutto e divenne comunque parte del franchise per fungere da astronave alla Principessa Leia Organa: la Corellian Corvette CR90 dal nome Tantive IV che tutti conosciamo.
Definito dal suo precedente proprietario Lando Calrissian come "il più veloce pezzo di ferraglia di tutta la galassia", il Millennium Falcon si presenta infatti come una nave un po' grezza e arrabattata: d'altra parte, si tratta pur sempre di una nave "pirata" utilizzata per il contrabbando, guidata da quel cowboy dello spazio che è Han Solo insieme al suo co-pilota wookie Chewbacca e incarna perciò nella sua forma lo spirito da veicolo fuorilegge. Aldilà di quel che si può dirne, la sua bellezza risiede proprio nel suo essere sostanzialmente una vecchia ferraglia che si guasta piuttosto spesso, tuttavia Lando ha ragione: è molto veloce e nel corso della storia di Star Wars si è rivelata decisiva più di una volta, stravolgendo le sorti della guerra.
Si tratta di una fregata leggera YT-1300 costruita dalla Corellian Engineering Corporation, un modello utilizzato principalmente come mercantile per il trasporto leggero che rappresenta uno dei gioielli dell'azienda per la sua versatilità; lunga circa trentacinque metri, si presenta con un aspetto poco convenzionale, per la posizione della sua cabina di pilotaggio posizionata tutta sulla destra e le sue "mandibole" centrali che spuntano fuori dal corpo circolare. Il Millennium Falcon è in grado di trasportare un carico che può raggiungere fino a cento tonnellate e al suo interno vi è posto per un equipaggio da quindici membri: uno dei motivi per cui questo genere di astronavi è il preferito dai contrabbandieri dello spazio.
La leggendaria astronave possiede poi due cannoni quad laser, uno ventrale e uno dorsale; tubi lanciamissili caricati con quattro missili a concussione per volta, posti tra le mandibole frontali; e un cannone blaster posto vicino alla rampa di imbarco. La difesa del Millennium Falcon è affidata invece ai suoi scudi deflettori, alla placcatura che riveste lo scafo e ai razzi utilizzati come contromisura nel caso di attacco da parte di navi nemiche. L'astronave pilotata da Han Solo, tuttavia, è stata modificata innumerevoli volte e resa più efficiente grazie alle diverse "customizzazioni" che il noto bandito ha applicato negli anni, rendendola capace di prendere parte a combattimenti senza quartiere, effettuare manovre complesse e superare in velocità le navi stellari dell'Impero (la Rotta di Kessel attraversata in meno di dodici parsec vi dice qualcosa?).
Discovery One
Un'Odissea spaziale nella follia
La Discovery One è l'inquietante e asettico scenario in cui si svolge uno dei capolavori di Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello Spazio. Il film, distribuito nel 1968, rappresenta una delle pietre miliari del cinema sci-fi e ha ancora oggi una risonanza molto ampia, grazie anche alla presenza dell'astronave su cui si svolge gran parte dell'azione.
Essa appare per la prima volta nel racconto omonimo scritto da Arthur C. Clarke che, scritto in contemporanea con lo sviluppo della pellicola di Kubrick, è stato pubblicato tuttavia in seguito all'uscita del film. Benché la Discovery One descritta da Clarke presenti alcune differenze con quella visibile nel film, è tuttavia quest'ultima ad essere divenuta celebre imprimendosi nella memoria collettiva, da quando 2001: Odissea nello Spazio ha sancito un nuovo standard nel panorama fantascientifico.
Il veicolo spaziale trasporta a bordo il comandante David Bowman, il suo vice Frank Poole, tre scienziati in stato di ibernazione e il computer HAL 9000, la cui intelligenza artificiale particolarmente spiccata sarà la ragione del disastro incombente. Partiti infatti alla volta di Giove in una missione di esplorazione scientifica, gli uomini a bordo saranno vittime della ribellione messa in atto da HAL 9000, che tenterà in ogni modo di sbarazzarsi di essi. Solo il dottor Bowman riuscirà a sopravvivere, giungendo alla verità finale grazie ad un misterioso e alieno monolito nero: lo stesso che in principio aveva dotato i primi ominidi della capacità di sopravvivere con utensili e armi.
La Discovery One è diventata così una di quelle astronavi passate alla storia: non solo, però, per l'agghiacciante racconto che si consuma al suo interno, ma anche per il suo aspetto peculiare, sia esternamente che per ciò che riguarda gli interni. Essa è lunga circa 140 metri ed è composta da un'estremità sferica, contenente il modulo abitativo dell'equipaggio, il ponte di controllo, le navette ausiliarie, il supercomputer HAL 9000 e un anello gravitazionale. Quest'ultimo, sfrutta la forza centrifuga per simulare la gravità atta a permettere all'equipaggio di muoversi ed è possibile rintracciare citazioni allo stesso anello in diversi altri film.
La sfera è collegata poi ad una lunga struttura che comprende le antenne utili agli strumenti di comunicazione, mentre all'estremità finale di essa si trova il motore a fusione della Discovery One. L'astronave utilizza infatti un sistema di propulsione nucleare, alimentato ad azionamento magnetoplasmodinamico all'interno di un reattore. Spingendosi negli ambienti interni dell'astronave, invece, ci si ritrova in locali luminosi caratterizzati per lo più da pareti lisce e bianche; geometrie ridondanti in cui si fondono schermi e pulsanti bene ordinati; spazi asettici e freddi che delineano una maggiore contrapposizione tra uomo e tecnologia, il che è anche uno dei temi cardine della pellicola. La Discovery One è insomma un luogo in cui sembrano dominare apparentemente il freddo distacco e la razionalità, se non che sarà evidente come in realtà l'astronave sia abitata dalla follia trasmessa ad HAL dall'uomo stesso.
R.L.S. Legacy
Per trovare un tesoro serve un galeone da pirati
La R.L.S. Legacy è letteralmente una nave spaziale. Un vero e proprio galeone d'altri tempi in grado di viaggiare tra le stelle grazie alle tecnologie di cui dispone. Si tratta del vascello presente nel celebre film Disney Il Pianeta del Tesoro, pellicola d'animazione distribuita al cinema nel 2002 che ancora oggi rappresenta per molti il sogno di vivere un'avventura come quella di Jim Hawkins, il giovane protagonista.
Diretto da Ron Clements e John Musker, Il Pianeta del Tesoro è liberamente tratto dal romanzo di Robert Louis Stevenson intitolato L'Isola del Tesoro, qui riadattato in chiave fantascientifica e steampunk. Il film d'animazione segue le vicende di Jim Hawkins, un giovane un po' scavezzacollo che vive con la madre sul pianeta Montressor, sognando di trovare un giorno il Pianeta del Tesoro su cui il capitano Nathaniel Flint ha nascosto le sue innumerevoli fortune. L'occasione si presenta per Jim quando soccorre un uomo morente, Billy Bones, che gli consegna un globo metallico: questo non è altro che la mappa per raggiungere il Pianeta del Tesoro.
Altri, tuttavia, intendono mettere le mani sulla mappa e giungono a casa di Jim, dandola alle fiamme. Per il giovane arriva quindi il momento di riscattarsi e trovare il tesoro di Flint per ricostruire la propria casa: salpa così a bordo della R.L.S. Legacy insieme al dottor Doppler, il capitano Amelia ed una ciurma composta da "uno squinternato manipolo di canagliume vario" che, all'insaputa degli altri, segue le direttive del cuoco di bordo, il misterioso John Silver, accompagnato dal suo fedele Morph. Inizia così l'avventura di Jim alla volta del famigerato Pianeta del Tesoro, attraverso un pericoloso viaggio spaziale in compagnia di quelli che in realtà sono spietati pirati.
La R.L.S. Legacy è indubbiamente un'astronave atipica e, proprio per questo, tra le più belle che si possano trovare nella cinematografia odierna. La sua caratteristica peculiare è quella di avere in tutto e per tutto l'aspetto di un antico galeone del XVI secolo fatto di legno, vele e sartiame, tanto da essere definito dallo stesso capitano una "bagnarola" proprio come se si trattasse di un'imbarcazione. Essa presenta quindi le classiche componenti di un veliero d'epoca, con ponte, castelli di poppa e di prua, un timone, gli alloggi della ciurma sottocoperta e l'ufficio del capitano con tanto di vetrate che danno sul ponte. Un'astronave dalle connotazioni che richiamano lo stile steampunk e che tuttavia dispone di tutte le componenti adatte per compiere viaggi interstellari.
A poppa è possibile vedere infatti dei razzi propulsori che generano il moto dell'astronave, supportati da alette laterali che forniscono aerodinamicità alla struttura. Essi sono poi alimentati da tre file di grandi vele iridescenti chiamate "vele solari", poste su altrettanti alberi: queste, una volta spiegate, assorbono la luce solare e la incanalano attraverso gli alberi fino ad un reattore dove viene trasformata in energia per la propulsione. Un sistema ingegnoso, quello utilizzato dalla R.L.S. Legacy, in grado di compiere così anche viaggi spaziali piuttosto lunghi e "movimentati" (specialmente in presenza di enormi buchi neri) sfruttando l'energia solare.
Una piccola curiosità legata al suo nome: esso sta per Robert Louis Stevenson Legacy, ad indicare l'eredità lasciata dall'autore del romanzo riadattato.
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