Dopo aver perso figure essenziali come Tony Stark e Steve Rogers, il Marvel Cinematic Universe necessita di nuovi volti che siano simbolo del nuovo corso del franchise. I primi esperimenti fatti con la Fase Quattro sembrano non avere conferito a un personaggio come Doctor Strange sufficiente carisma per farsi carico di questa pesante eredità, mentre altre figure, come Sam Wilson, dopo essersi fatto carico di portare avanti nomi gloriosi sono attesi alla prova del fuoco, che per il nuovo Cap, dopo The Falcon and the Winter Soldier, arriverà con Capitan America: New World Order. In questo momento di transizione della saga, possono quindi emergere personaggi sinora rimasti in secondo piano rispetto ai colleghi più gettonati, possibilità che sembra ora esser concessa a Ant-Man, protagonista di uno dei più attesi film della Fase Cinque del Marvel Cinematic Universe, Ant-Man and the Wasp: Quantumania.
All’interno del Marvel Cinematic Universe, il piccolo supereroe della Casa delle Idee è stato presentato non nella sua prima versione fumettistica, legata ad Hank Pym, bensì lasciando che il ruolo di Ant-Man venisse svolto da Scott Lang (Paul Rudd), consentendo di presentare il personaggio in una chiava più divertente. Eppure, all’interno dei comics Marvel la figura di Hank Pym è stata centrale in diverse situazioni, alcune della quali sono state citate anche nella continuity del Marvel Cinematic Universe, come Ultron.
Ant-Man, il più piccolo eroe del Marvel Universe
- Le origini di Ant-Man
- Hank Pym, un eroe tormentato
- Scott Lang, il secondo Ant-Man
- Ant-Man nel Marvel Cinematic Universe
Le origini di Ant-Man
La presenza di Ant-Man all’interno del Marvel Universe risale agli albori della nuova vita della casa editrice di Martin Goodman, che dopo le sue precedenti iterazioni come Timely Comics e Atlas Comics, era divenuta in fine Marvel Comics nei primi anni della Silver Age del fumetto supereroico. Quello che sarebbe divenuto in seguito il primo Ant-Man era nato come personaggio casuale, ennesima declinazione della vera forza ispiratrice dei primi anni della Casa delle Idee: la weird science.
L’avvento dell’era atomica, scatenatasi con l’esplosione delle bombe atomiche sul finire della Seconda Guerra Mondiale, aveva avuto un forte impatto sull’immaginazione del periodo successivo, propenso a vedere la scienza come una potenziale minaccia, affidata alla presenza di scienziati sin troppo arditi, se non addirittura folli, che venivano dipinti come potenziali pericoli per il mondo civile. Concept che stimolava scrittori e registi, ma che in casa Marvel aveva portato alla nascita di figura come Fantastici Quattro, Hulk, Spider-Man e X-Men.
Seguendo questa ispirazione, e riagganciandosi a una vena narrativa tipica della letteratura pulp, Stan Lee, supportato alla scrittura dal fratello Larry Lieber e ai disegni da Jack Kirby (con le chine di Dick Ayers), realizzò un racconto breve a fumetti di sette pagine, The Man in the Ant Hill, che apparve su Tales to Astonish #27 del gennaio 1962. Protagonista era uno scienziato, che dopo avere inventato una tecnologia capace di rimpiciollirlo, si ritrovava a vivere una pericolosa avventura all’interno di un formicaio. L’ispirazione per questa storia potrebbe esser arrivata a Lee dalla lettura di Tre millimetri al giorno (The Incredibile Shrinking Man), romanzo di Richard Matheson in cui un uomo comune, dopo esser entrato in contatto con una sostanza radioattiva, comincia a rimpicciolirsi.
La breve storia presentata su Tales to Astonish ebbe un successo tale da spingere Lee a non tralasciare questo sfortunato scienziato, ma anzi a dargli una maggior visibilità. Lo stesso Lee non fece mai mistero che le origini di Ant-Man furono legate al successo di questo breve racconto:
Feci una storia intitolata The Man in the Ant Hill, su un tizio che si rimpiccioliva e veniva inseguito da api e formiche. Aveva venduto così bene che pensai subito che sarebbe stato divertente trasformarlo in un supereroe.
Con questa convinzione, Lee decise che questo sfortunato scienziato, tale Jonathan ‘Hank’ Pym, meritasse di avere un’identità supereroica, che venne identificata con Ant-Man. Con questo nome, infatti, lo scienziato tornò in azione in una storia in tre parti (Return of the Ant-Man, An Army of Ants, The Ant-Man’s Revenge), che venne pubblicata su Tales to Astonish #35 nel settembre del 1962, sancendo nuovamente il successo del personaggio. Al punto che il neonato Ant-Man divenne un personaggio ricorrente all’interno di Tales to Astonish, tanto che presto venne introdotta anche la sua fidanzata nonché assistente di laboratorio, Janet Van Dyne (Tales to Astonish #44, giugno 1963), che non tardò ad avere una propria identità superoica, divenendo Wasp. Ant-Man e Wasp sono dunque due personaggi che rappresentano gli esordi della Marvel Comics, tanto che quando nel 1963 la casa editrice lanciò la sua prima testata corale, i Vendicatori, i due piccoli supereroi marveliani vennero coinvolti come membri fondatori degli Eroi più Potenti della Terra.
Tuttavia, per stessa ammissione di Lee, la buona accoglienza del pubblico per Ant-Man non fu sufficiente per garantirne la nascita di una testata a lui dedicata, rendendolo un personaggio da utilizzare sempre all’interno di un’ottica corale. E di questo, Lee era ben conscio:
Amavo Ant-Man, ma le sue storie non erano sufficiente di successo. Perché Ant-Man si rivelasse un successo, doveva esser disegnato minuscolo accanto ad oggetti giganteschi, e si sarebbero avute immagini che fossero visivamente interessanti. Gli artisti che lo disegnavano, non importa quanto glielo ricordassi, sembravano non tenerlo a mente. Lo disegnavano in pose eroiche anche se era ritratto sopra un tavolino. Continuavo a dire loro: ‘Disegnate una scatola di fiammiferi accanto a lui, così vediamo la differenza di dimensioni’, ma continuavano a dimenticarlo. Quindi quando si guardavano le tavole, la sensazione era che si stesse vedendo un tizio qualunque che indossava un costume come tutti gli altri. E questo non suscitava interesse.
Potrebbe esser questa la ragione per cui a partire da Tales to Astonish #49 Hank Pym iniziò una sua personale galleria di identità supereroiche, passando dall’eroe più piccolo del mondo a quello più grande divenendo prima Giant-Man, poi Golia (Avengers #28) e infine Calabrone (Yellowjacket, Avengers #59). Queste diverse identità fanno rendono anche facile comprendere come mai Hank Pym non sia stato coinvolto direttamente nel Marvel Cinematic Universe, considerata la sua complessa vita personale.
Hank Pym, un eroe tormentato
Nel Marvel Universe, Hank Pym è noto soprattutto per avere creato le sue Particelle Pym, un composto alla base della sua tecnologia di rimpicciolimento prima e di ingrandimento poi. Quello che per anni è stato il suo traguardo scientifico di maggior successo, tuttavia, non ha potuto nascondere, nel corso della sua vita editoriale, l’insorgere di una serie di insicurezze e di progressività instabilità mentale che lo hanno portato a divenire uno dei personaggi più drammatici del pantheon marveliano.
Sul finire degli anni ’60, una serie di inconveniente con la sua tecnologia iniziano a minare la fiducia in sé stesso in Pym, con una progressiva escalation che culmina quando, durante un esperimento di laboratorio, respira un componente chimico che influisce sulla sua psiche, portandolo a sviluppare una secondo personalità che assume l’identità di Calabrone, convinta di avere eliminato Ant-Man e Hank Pym. È il primo caso di una serie di crolli psicologici del personaggio, di cui alcuni indotti da criminali che intendono approfittare di questa sua debolezza per portarlo in contrasto con i Vendicatori, che minano pesantemente la credibilità dell’eroe.
Una fragilità che spinge anche Pym ad architettare un piano finalizzato alla riconquista della fiducia del mondo eroico marveliano, tramite una battaglia con un finto nemico che avrebbe dovuto sconfiggere lui stesso. Una macchiavellica macchinazione che viene scoperta da Janet Van Dyne, amore drammatico di Pym, che svelato il piano di Pym, che indossando il costume di Calaborne non esita a colpirla duramente, pur di impedirle di rivelare il tutto ai Vendicatori. Nella storia del Marvel Universe questo momento è uno degli elementi più riconoscibili, che ha segnato duramente non solo il personaggio (un eroe che compie una violenza contro una propria compagna, nonché donna amata) ma all’interno della continuity stessa del Marvel Universe, tanto che in diverse occasioni non sono mancate scaramucce con altri eroi che non hanno esitato a rinfacciare a Pym questa pecca, come fece Tony Stark durante gli eventi di Vendicatori Divisi.
La complessità di questo personaggio sul piano editoriale è un potenziale motivo per cui non si è reso Hank Pym l’Ant-Man titolare del Marvel Cinematic Universe. Il passato turbolento del personaggio, non ultima la creazione di Ultron, lo avrebbe reso una figura troppo complessa e dai toni cupi per essere introdotto nel Marvel Cinematic Universe, preferendo relegare Hank Pym nel ruolo di mentore dell’Ant-Man del franchise, lasciando che fosse il secondo uomo a portare questo nome a essere il piccolo eroe della saga: Scott Lang
Scott Lang, il secondo Ant-Man
Durante i molteplici cambi di identità supereroica di Hank Pym, il titolo di Ant-Man era rimasto vacante, spingendo Marvel a valutare l’idea di passare il titolo a un altro personaggio. David Michelinie era da tempo appassionato della figura di Ant-Man e quando vide che Pym stava attraversando una complessa evoluzione, assumendo l’identità di Calabrone, decise di tentare i vertici Marvel con una proposta: presentare ai lettori un nuovo Ant-Man. Supportato da John Byrne e Bob Layton, Michelinie aveva un’idea precisa su come realizzare il nuovo Ant-Man:
Volevo qualcosa di completamente differente, sia nelle origini che nelle motivazioni, rispetto a Pym. Così mi venne l’idea di un criminale redento, non qualcuno di innocente accusato ingiustamente, che avrebbe consentito di presentare l’immagine dell’eroe da un’altra prospettiva. E pensai che, in quanto ladro, avrebbe sentito la mancanza dell’adrenalina della sua vita precedente, vedendo nell’eccitazione delle avventure da eroe un ottimo sostituto, ma legale.
Con questa idea, Michelinie riuscì a creare Scott Lang, che esordì in The Avengers #81 (gennaio 1979), assumendo poi l’identità di Ant-Man in Marvel Premiere #47 (aprile 1979). Interessante notare come nel periodo in cui Hank Pym sembrava cedere alle proprie pulsioni oscure, assumendo i toni più di un villain che non di un eroe, un ex galeotto ha la possibilità di assumere la chance di esser un eroe. E Scott Lang era la figura perfetta per esprimere questa possibilità.
Padre single, Scott Lang è un ingegnere elettronico con la passione per il cinema, che per pagare le spese mediche della figlia Cassie, gravemente malata, cede alla tentazione del furto. Colto in fallo, Lang viene condannato al carcere, dove migliora la propria preparazione tecnica, venendo rilasciato per buona condotta dopo quattro anni. Scarcerato, Lang viene assunto dalle Stark Enterprise, ma le precarie condizioni di salute di Cassie lo spingono nuovamente a tentare un furto, che vede come vittima nientemeno che Hank Pym. Quando l’ex Ant-Man scopre Scott, non lo denuncia alla polizia, ma preferisce dare una chance all’uomo: utilizzare la tecnologia delle Particelle Pym per divenire un eroe. La carriera da eroe di Scott Lang si sviluppa soprattutto in funzione della sua appartenenza ai Vendicatori, divenendo supporto agli Eroi più Potenti della Terra, come quando aiutò Tony Stark durante la Guerra delle Armature.
Contrariamente al suo predecessore, la vita da Ant-Man di Scott presenta un tono meno drammatico, caratterizzata da una dinamica più leggera, dove la componente familiare di Lang diventa centrale, specialmente quando anche Cassie sviluppa una serie di poteri che la portano a essere un’eroina con il nome di Stature, prendendo parte alla squadra dei Giovani Vendicatori. E questa impostazione diventa perfetta per introdurre il personaggio nel Marvel Cinematic Universe.
Ant-Man nel Marvel Cinematic Universe
Pur vedendo in Scott Lang la perfetta declinazione di Ant-Man per il Marvel Cinematic Universe, non era possibile introdurre il personaggio nel franchise senza citare il primo uomo a indossare il costume dell’uomo formica. La scelta fatta, sin da Ant-Man, è stata quella di eliminare la parte più violenta e drammatica della figura di Hank Pym trasformandolo in una figura mentoriale, affidando il ruolo a Michael Douglas. Scelta intelligente, che ha consentito di mostrare rapidamente il passato eroico di Pym, come abbiamo visto nei primi istanti di Ant-Man, salvo poi raccontare la ‘seconda vita’ del personaggio, partendo proprio dal furto di Scott Lang a casa Pym. La presenza di Hank è stata gestita in modo ottimo, anche in Ant-Man and the Wasp, e sembra che anche in Ant-Man and the Wasp: Quantumania la presenza di Douglas nei panni del creatore del costume di Ant-Man sarà centrale nella definizione del personaggio.
Paul Rudd, grazie al suo noto talento nella recitazione comica, si è rivelato un perfetto interprete per Scott Lang. La sua riabilitazione da piccolo criminale a eroe, compresa la parentesi da detenuto del Raft dopo gli eventi di Captain America: Civil War, è stata gestita in modo da rendere Scott Lang un personaggio facilmente in sintonia con il fandom. Non solamente sul piano emotivo, ma anche in un’ottica narrativa, considerato come il suo potere di rimpicciolirsi sino a dimensioni impercettibili gli ha consentito di entrare nel regno quantico, tratto del personaggio che diventa ora centrale per la Fase Cinque del Marvel Cinematic Universe.