Alita – Angelo della battaglia arriva finalmente al cinema, carico di una aspettativa tale che quasi si ha paura di varcare la soglia della sala per il terrore di restare delusi. Perché? Una volta tanto, diciamolo, non c'entrano nulla i nomi coinvolti, seppur questi siano quelli di Robert Rodriguez (Machete ma, soprattutto, Dal Tramonto all'Alba) e di James Cameron (Titanic, Alien, Avatar).
Per quanto i due cineasti siano dei pesi massimi, chi per un motivo, chi per un altro, il motivo per cui c'è attesa per Alita è un altro, e va ripescata direttamente nel suo autore, Yukito Kishiro.
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Perché Alita?
Quando comincia a fare fumetti, Kishiro ha appena 17 anni. La sua prima storia in assoluto, Kikai, gli vale subito il premio di “Miglior Nuovo Artista” assegnatogli dalla rivista Shonen Sunday, attirando su di sé tutta l'attenzione del settore che, come immaginerete, in Giappone è sempre naturalmente curioso versa l'arte e il talento di mangaka vecchi e giovani. Kishiro, del resto, alterna già studio e lavoro e grazie agli editori Shogakukan e Kadokawa Shoten comincia a dare alla luce delle prime storie brevi, dalle tinte horror, che gli porteranno la fama necessaria ad avviare la sua carriera in modo fulminante.
Con la sua prima pubblicazione completa e non antologica, Space Oddity, targata 1984 comincia a gettare le basi di quelle che sono le sue passioni vere e proprie e, piano piano, comincia a traslare dalle tematiche horror a quelle più squisitamente cyberpunk.
Kishiro, del resto, è un fan sfegatato del mondo dei mech, e guarda con attenzione ai lavori di Yoshikazu “Yas” Yasuhiko, considerato tra i padri dell'animazione nipponica assieme a Osamu Tezuka e Yoshiyuki Tomino.
Come Yas, anche Kishiro ha una fascinazione per la robotica, per il futuribile e per gli organismi meccanici, ed è con quella idea in testa che comincia a lavorare ad Alita, una storia che mette al centro di tutto non un uomo (lasciando alla macchina il compito di essere una “semplice” arma da guerra), ma una macchina che però ha comunque al suo interno un uomo, o meglio una coscienza umana.
Alita diventa così il tavolo di studio del mangaka, che riversa nell'opera ogni riferimento abbia alimentato la sua passione per il mezzo, richiamandosi costantemente ai punti di riferimento del proprio sviluppo stilistico, ed estrapolando da questi non solo una certa attenzione tecnica, o la costruzione della dinamica dei corpi in movimento, ma anche le suggestioni visive e narrative che gli si sono impresse addosso nel corso degli anni. E così, per sua stessa ammissione, Kishiro si è ispirato ad artisti come Katsuhiro Otomo (Akira), ma anche a Taiyo Matsumoto (Tekkonkinkreet) e persino Moebius (L'Incal, giusto per citarne uno).
Nel lontano 1990 l'artista comincia quindi a gettare le basi per quello che, almeno in origine, si sarebbe dovuto chiamare GUNNM (parola ottenuta dalla fusione delle parole “gun” e “dream”), ma che ben presto divenne Alita – Battle Angel. Nel 1991 l'editore giapponese Shueisha cominciò la pubblicazione dell'opera sulla sua rivista Business Jump. Per quanto già celebre, Yukito Kishiro esordisce con un genere considerato ormai datato, vecchio, appannaggio di una cultura anni '70 che non era più alla portata degli esordienti, che cercavano invece un altro tipo si shonen, più simile a quell'opera che aveva ormai già riscritto le regole del gioco: il Dragon Ball di Toriyama, partito già nel 1985. Sbagliato.
Quando Alita arriva in Giappone divora le vendite di qualunque altra opera in pubblicazione. La stessa rivista sul quale era pubblicato, Business Jump, registrò, al tempo, la bellezza di ben 760,000 copie vendute per settimana, con un totale – si dice – di 50 milioni di copie vendute nell'arco della pubblicazione dell'opera, ovvero dal '90 al '95. Un successo così importante ed esplosivo che costò all'autore un grave esaurimento nervoso e una considerevole ansia da prestazioni.
Eppure, nonostante una carriera editoriale molto altalenante, e un finale messo su in modo frettoloso e quasi indegno, Alita è stato, ed è a tutt'oggi un punto di riferimento del genere cyberpunk, nonché una delle più importanti opere culturali del panorama manga/anime del Sol Levante assieme al succitato Dragon Ball, ma anche ad opere come Akira (mai troppo blasonato) e Ghost in the Shell.
Chi è Alita?
Insomma un cult istantaneo, fatto e finito. Apripista ideale di quello che poi sarà il grande ritorno della fantascienza che esploderà poi, anche al cinema, alla fine degli anni '90 ed all'inizio dei 2000. Cyberpunk fino al midollo, Alita racconta una storia che si perde in qualunque riferimento avesse segnato la vita del suo artista. Dai robot di Yas, sino alla musica, passando alla fascinazione per le arti marziali e la violenza in generale, sublimandosi poi in un racconto filosofico alla ricerca del significato di umanità.
Che cos'è Alita? È una macchina o un essere umano? Il suo corpo meccanico può bastare a definirla in quanto artificiale? O dobbiamo invece guardare alla sua coscienza ed alla sua essenza per poterla chiamare “umana”?
La storia è quella, ovviamente, di un androide chiamato Alita, in quello che è un futuro oppressivo e distopico, in cui la rigida organizzazione delle caste sociali ha creato situazioni di straziante oppressione sociale. In questo contesto, sormontato dalla città fluttuante di Salem, conosciamo Alita. Un Cyborg, che viene ritrovato in una discarica del tutto priva di memoria dal Dottor (e cacciatore di taglie) Daisuke Ido, specializzato in robotica, che trovando il cyborg in pezzi, ma col cervello (unica parte umana) ancora intatto, deciderà di rimetterla in sesto, riattivandolo e dando vita ad una profonda amicizia tra i due.
Sarà poi proprio nel tentativo di difendere Daisuke che Alita riattiverà inavvertitamente le sue abilità assopite, e dimostrandosi padrona dell'arte marziale del “Panzer Kurst” (ovvero la disciplina più letale mai concepita), scoprirà di non essere un cyborg qualunque, ma una macchina appositamente concepita per combattere. Cominciando una carriera da cacciatrice di taglie, l'opera originale racconterà delle vicende della giovane che, partendo dai bassifondi e dalla criminalità locale, arriverà poi a scontrarsi direttamente con gli agenti del governo corrotto che tiene in scacco la popolazione, scoprendo in sé stessa una serie di segreti che, con diversi colpi di scena, porteranno lei ed il lettore a scoprire la verità sul suo passato.
Senza voler raccontare oltre, in quella che è una trama complessa, eclettica e ricca di riferimenti tecnologici, ma anche mistici, in cui sovente si è affacciato il concetto di karma, Alita è in buona sostanza una delle più eccellenti opere di celebrazione del post-moderno, in cui religione, scienza e tecnologia si fondono in una creatura unica e complessa. La stessa lore dell'opera dimostra il feticismo del suo autore per la scienza, per l'ordine scientifico, tanto da ambientare le vicende sempre in contesti che, per quanto fantastici, ripescano in modo molto evidente dalla cronologia reale del nostro mondo.
Alita racconta “semplicemente” del nostro mondo che è andato avanti, di quello che ci sarà dopo a partire approssimativamente dall'anno 2533 (il 577 del calendario Sputnik secondo l'opera), ovvero dal momento in cui inizieranno le vicende dell'opera originale.
Panzer Edition
Arrivato in Italia a metà degli anni '90, la prima edizione di Alita è stata tra quei prodotti che, certamente, hanno dato una forte spinta alla diffusione (qualcuno direbbe “alfabetizzazione”) del manga nel nostro Paese, complice un successo che, come per il Giappone, si replicò in ogni nazione in cui l'opera fu pubblicata.
A metà anni '90 la cultura manga stava esplodendo, e complice la prima diffusione degli anime attraverso le reti secondarie di tutto il Paese, alcuni editori (come Granata Press) avevano cominciato a pubblicare sempre più velocemente le opere di successo del Sol Levante. Non che prima non esistessero, semplicemente fu a metà degli anni '90 che ci fu una vera e propria esplosione, che per altro fu perpetrata anche dal buon successo di Alita che, arrivato nel '97, arrivò grazie a Planet Manga, ovvero la medesima etichetta dell'odierna Panzer Edition che è forse la miglior edizione mai concepita per l'opera di Kishiro, senza se e senza ma.
Parliamo di 3 volumi da circa 630 pagine l'uno, e dal prezzo cadauno di 25 euro, disponibili anche in una uscita unica che li racchiude in un unico cofanetto cartonato, facendo risultare la pubblicazione non solo molto bella da leggere, ma anche estremamente piacevole da avere in esposizione (per un mero feticcio collezionistico s'intende). Lo stesso cofanetto, per altro, è stato impreziosito da un'illustrazione inedita di Kishiro, appositamente disegnata per l'occasione. Lo stesso artista, inoltre, è protagonista di una lunga intervista che racconta le origini e lo sviluppo della serie, e che è disponibile solo ed esclusivamente nel cofanetto dell'opera.
Questa, infatti, non è inclusa nei singoli volumi, ma è stata inserita come piccolo inserto a sé (sei pagine dello stesso formato dei volumi) all'interno della confezione. Un piccolo "bonus" per chi deciderà di acquistare l'opera in un blocco unico insomma.
Parlando proprio del formato dei volumi, questo non è quello della pubblicazione originale, ma come spesso accade per queste edizioni (vedi Maximum Berserk) si tratta di tavole in formato originale, e dunque più grandi di quanto poi non si sia abituati per il formato manga, tant'è che le misure sono delle generose 18X25.2 in rilegatura brossurata e copertina flessibile, che forse non sono il massimo della comodità, ma che donano all'intera edizione un gran bell'aspetto.
Alita Panzer Edition, non è comoda da leggere, che vi sia chiaro, perché un volumone di 600 pagine, sprovvisto di copertine rigide, richiede una certa delicatezza nell'essere fruito, ma al di là di questo la qualità di stampa è notevole, e la carta scelta, una semiruvida tipicamente “manga”, è sufficientemente resistente e di buona qualità. Non c'è, insomma, l'idea di un'edizione al risparmio, per quanto la mancanza di una copertina cartonata farebbe pensare al contrario, è aprendo i volumi che ci si rende conto di quanto la stampa sia all'altezza delle aspettative, con tavole pulite, chiare, perfettamente riportate nel nuovo grande formato.
Come detto l'edizione ci è sembrata praticamente perfetta, ed al netto di poche assenze si configura come il modo migliore di fruire delle tavole di Alita, da sempre pregne di una perizia artistica notevole per l'epoca, e oggi per nulla rimaste indietro nonostante i diversi anni sulle spalle.
Alita, come forse saprete, fa infatti un uso esagerato dell'azione e della violenza, proponendo spesso scene concitate, con tavole cariche di azione ed una certa fascinazione per il movimento anatomico e per i giochi prospettici (un'eredità che grida fortissimo il nome di Otomo). Proprio per questo, avere a disposizione dei volumi così imponenti permette ancor meglio di godere dell'impressionante spettacolo visivo offerto dal manga, che nel suo abuso osceno di smembramenti e corpi maciullati è oggi più che mai una goduria visiva con pochissimi eguali nel mondo del fumetto nipponico, e lo diciamo senza timore di essere contraddetti.
In buona sostanza, quello che è un aspetto tecnico esagerato ed eccezionale, visionario e potente dal punto di vista immaginifico, riacquista considerevole smalto per mezzo della nuova pubblicazione di Planet Manga. Non che Alita avesse perso sicurezza nel corso degli anni, ma è veramente ammirevole la volontà di dare all'opera il prestigio con un formato (ed un prezzo) così rischiosi, ovviamente non alla portata delle tasche del compratore medio che, specie per il mercato manga, è abituato a prezzi di copertina molto più bassi.
Con il suo aspetto prestigioso e la sua caratura originale, la Panzer Edition di Alita è l'acquisto manga dell'anno. Quell'oggetto che tutti dovreste acquistare, a prescindere o meno che vogliate correre al cinema per gustarvi l'azione di Rodriguex e compagni. Perché a differenza del film, su cui ci pronunceremo in separata sede, sulla Alita originale non ci sono dubbi: è perfetta. Lo era all'epoca e lo è ancora oggi. Inossidabile, bellissimo angelo della battaglia.