Alita - L’Angelo della Battaglia, un film potente ma imperfetto

Dal fumetto al rande schermo. Alita - L’Angelo della Battaglia arriva nei cinema di tutto il mondo ed il genere cyberpunk ed i live action  si fondono in un connubio davvero interessante.

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a cura di Fabrizio Picoco

Alita - L’Angelo della Battaglia arriva nei cinema di tutto il mondo ed il genere cyberpunk ed i live action  si fondono in un connubio davvero interessante.

Il cyberpunk e le visioni futuristiche oscure e nebbiose del Giappone degli anni 90 tornano a invadere le nostre sale cinematografiche, per ricordarci quanto erano pessimisti i vecchi autori nipponici di una volta.

Alita - L’Angelo della Battaglia è l’ultimo lavoro super costoso di trasposizione in live action di un fumetto, che ha fatto storia e ha fatto innamorare milioni di lettori in tutto il mondo: parliamo dell’opera tetra e violenta di Yukito Kishiro, Alita - L’angelo della Battaglia (Gunnm, il titolo originale).

Un'opera monumentale, passata sotto la sapiente lente di ingrandimento di James Cameron e della talentuosa Laeta Kalogridis e con la regia del buon vecchio mariachi della macchina da presa Robert Rodriguez. il film, costosissimo, è arrivato alla fine della produzione: siamo qui a decidere se ne è valsa la pena, o se è meglio se gli americani si facciano  gli affari loro e non mettano il naso nella fantascienza giapponese.

Discarica di corpi e di anime

In un lontano 2563, il mondo è stato devastato da una guerra ormai lontana, e l’unico avamposto abitato è composto da due città: una,  Zalem in alto, sospesa, irraggiungibile sogno di purezza e ricchezza, agognata da chi invece sopravvive in basso, nella Città di Ferro, nota anche come la Discarica. E ciò che non può stare su Zalem viene scaricato nella Città di Ferro, come deiezioni elettromeccaniche, resti inservibili di un paradiso fatto di ferro e carne.

La vicenda inizia con il ritrovamento fortuito da parte del dottor Ito Dyson (un bravissimo e per niente ingessato Christopher Walz) dei resti di un cyborg sputato dalle viscere di Zalem: una testa senza corpo, un cervello ancora funzionante ma in qualche modo ibernato.

Dyson, che di mestiere fa il cyberchirurgo, assembla un corpo umanoide meccanico e lo collega alla testa: nasce così Alita, una ragazzina dagli occhi grandi e sognanti, la protagonista della storia che la porterà a sfidare la stessa Zalem.

La narrazione in Alita - L’Angelo della Battaglia segue quella di un classico romanzo di formazione, in una cornice distopica: saremo sempre a fianco di Alita mentre un passo alla volta scopre la città intorno a sé. Saremo partecipi della gioia fanciullesca e spensierata che emerge quando assaggia la sua prima arancia, sorrideremo con lei quando per la prima volta corre sui pattini in una partitella a Rollerball e ancor di più, sentiremo il suo cuore artificiale battere quando il suo sguardo si incrocerà con quello di Hugo (Keehan Johnson), suo primo amore.

Ma Alita - L’angelo della Battaglia racconta anche altro. La protagonista è alla continua ricerca di sé stessa, alla scoperta del suo passato custodito nel suo cervello appena risvegliato. E i file mnemonici vengono riattivati quando per la prima volta si ritrova a combattere per salvare il suo padre-creatore. Con un effetto madeleine di proustiana memoria, i ricordi emergono ogni volta che Alita si lancia in un combattimento, facendo diventare le sequenze action e gli scontri contro nemici sempre più strani e spietati quasi un obbligo per ripristinare i ricordi che la condurranno a comprendere fino in fondo il proprio destino.

In questa storia c’è davvero tanto da far vedere e raccontare, ma non vi diciamo nulla per non rovinarvi tutte le sorprese, che vanno godute una alla volta, alla velocità di un colpo di Panzer Kuntz, l’arte marziale padroneggiata dalla stessa protagonista. Avrete a che fare con una storia d’amore, con il dramma di un genitore che ha perso il proprio figlio e non riesce a farsene una ragione, con il desiderio insensato e spregiudicato di conquista e controllo di loschi figuri e con la redenzione e la crescita della protagonista, vera stella di tutto il lungometraggio.

Teen Friendly

Alita scorre per le sue oltre due ore di proiezione con il piede schiacciato sull’acceleratore, con poche pause sparse qua e là per far riprendere fiato allo spettatore, e la velocità con cui arriva alla fine è tale che vedere i titoli di coda è quasi una sorpresa inaspettata, considerando anche il finale che non è un finale.

Ma nonostante tutto questo, Alita - L’Angelo della Battaglia non è un film perfetto. Purtroppo.

E i motivi a supporto di questa affermazione sono molti, alcuni chiari ed evidenti, altri un po’ meno visibili e soprattutto legati all’aspetto derivativo di questa opera.

Partiamo con alcune considerazioni preliminari.

Alita è un manga monumentale, che vanta decine di volumi. È un affresco fantascientifico di proporzioni immani, tanto grande e sconfinato da aver ossessionato letteralmente il suo creatore, Yokito Kishiro, fino alle soglie di un vero e proprio esaurimento, tanto da esser stato costretto a chiudere la prima serie quasi con l’accetta e aspettare per ricominciare a raccontare le avventure della cyborg guerriera.

Inoltre, uno dei paradigmi che serpeggia nelle tavole del mangaka è la descrizione anche estremamente grafica della violenza, della cattiveria, che concorrono a creare una sensazione di pericolo costante e senza via d'uscita, un senso di claustrofobia sociale che schiaccia il lettore tanto quanto le persone che vivono nella Discarica.

E la stessa città, raccolta sotto l’intestino beante di Zalem (Salem nel fumetto) non è altro che un'allegoria, un Purgatorio in terra, dove tutti sono condannati e la redenzione è pressoché impossibile.

Appare chiaro fin da subito che trasportare un’opera di questa concezione nelle lande colorate e profumate della Hollywood oltreoceano comporta sempre un certo numero di compromessi.

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Il primo e anche il più evidente è che il manga di Kishiro è stato per forza di cose lavato ad alte temperature e sbiancato quasi completamente, sgrassato da tutto quel marciume che infangava le tavole e strabordava dagli occhi e e dai dialoghi dei personaggi. Ne è venuto fuori una visione leggermente più colorata e forse anche più ottimistica del futuro prossimo venturo, quasi bello, per certi versi. Non mancano certo i passaggi terrificanti e oscuri, dove il buio non è solo quello delle strade male illuminate ma è l’assenza di luce in fondo al tunnel di distruzione in cui molti si ritrovano loro malgrado intrappolati.

La malignità e la crudeltà che emergono dalle scene del fumetto sono parzialmente rivisitate in chiave teen-friendly, con l’intento di raggiungere quante più persone possibili. D’altronde le leggi di mercato e di fruizione di un film e di un fumetto possono essere leggermente diverse e queste sono, ahimè, delle variabili da tenere sempre in conto.

Una seconda altrettanto importante considerazione da fare in merito a Alita - L’Angelo della Battaglia, è che la magnificenza della storia di Kishiro è stata ristretta, per essere contenuta in uno schermo gigante in alta definizione per due ore, ben lontana dallo spazio pressoché illimitato del manga in cui navigavano i personaggi originali. Questo ha spinto gli autori a fare dei compromessi, che in alcuni casi si sono rivelati addirittura più vincenti delle scelte originali.

Le vicende di questo film coprono le fasi iniziali del fumetto, ma lo fanno senza dilungarsi in digressioni e sottotrame che non avrebbero aggiunto niente di più allo svolgimento dei fatti, così da mettere in piedi un film molto veloce e godibile, che lascia poco in sospeso e che riesce a tratteggiare un gran numero di personaggi.

L’altra faccia della medaglia è che in Alita - L’Angelo della Battaglia c’è uno sbilanciamento narrativo nei confronti di Alita (come ci si aspetta) mentre i personaggi secondari (e neanche tanto) sono quasi pennellati con pochi veloci tratti. La cosa ha un suo peso quando ci ritroviamo a vivere i cambiamenti di questi stessi personaggi (Hugo, per esempio, o Chiren) senza averne veramente visto il dramma interiore. Alcuni passaggi sono affidati alla comprensione dello spettatore che è invitato a mettere i mattoni mancanti e magari reinterpretare alcuni passaggi apparentemente insignificanti.

Per questo Alita - L’Angelo della Battaglia è un film imperfetto, vittima della grandezza della stessa opera di riferimento e schiavo dei compromessi inevitabili a cui è dovuto scendere per seguire le regole cinematografiche di narrazione.

World Building

La bellezza delle visioni cyberpunk sta nella potenza visionaria che ne è alla base.

Il lavoro tecnico fatto in Alita - L’Angelo della Battaglia per mettere insieme la Discarica e gli scorci di Zalem è qualcosa di ciclopico, quasi inverosimile. La Città di Ferro è un labirinto di strade e vicoli, angoli distorti e case sospese, catapecchie e edifici secolari, che si dipanano senza soluzione di continuità, senza un apparente piano. È un tumore urbano cresciuto per volontà propria, spinto dal desiderio tutto umano di voler sopravvivere a ogni costo.

Il melting pot che vive e sopravvive nella tentacolare geografia della Discarica è un mix sconsiderato di etnie, esacerbato ancora di più da una ulteriore razza, i Corpofreddi, i cyborg o gli umani aumentati, che mischiano la fragilità della loro carne e del loro sangue con la resistenza e le cromature di metalli bionici, in una sempre attuale contrapposizione di diversi (umani e artificiali)

Sollevando lo sguardo, poi c’è quel paradiso inconoscibile che è Zalem, roccaforte della felicità, dove ogni povero vuole mettere piede e riscattare le proprie sconfitte.

Zalem è tenuta nascosta, anche se in bella vista, nel film, che ben si guarda da lasciare dettagli sulla natura della città sospesa, trattandola quasi come un proverbiale MacGuffin a metà, qualcosa che tutti vogliono ma che nessuno spettatore conosce. Alla fine, tutti noi desideriamo andare a Zalem, anche solo per vedere cosa diavolo si nasconde in quel MondoDisco antigravitazionale.  E questo genera empatia nei confronti dei protagonisti, arrivando quasi a giustificare i loro comportamenti e tifando per loro, perché la loro vittoria sarà anche la nostra. E poi, forse, Zalem non è il paradiso che davvero vogliono venderci: Nova è lassù da qualche parte, a tessere la sua ragnatela di intrighi per cercare di irretire la nostra protagonista.

C’è ancora altro all'interno del mondo di Alita da dover per forza menzionare, come il pericolosissimo Motorball, con le sfide adrenaliche e senza esclusioni di colpi reso ancora più vertiginoso dalla regia dopata di Rodriguez, il sistema di bounty hunting privato che soppianta del tutto le forze di polizia, sottintendendo la totale anarchia che vige nella Discarica, il mercato nero delle protesi cibernetiche, di cui anche lo stesso Hugo ne è attivo partecipe, fino a tutte quelle sfaccettature di povertà e espedienti che caratterizzano un insediamento umano potenzialmente allo sbando.

E poi sopra tutto, se proprio dobbiamo parlare di prodezze tecniche c’è proprio lei, la meravigliosa Alita, così diversa e così unica.

Non si tratta solo della scelta di darle quel design che è volutamente non umano, distorto per essere riconoscibile tra mille, facendo esattamente il contrario di quello che aveva fatto Kishiro, che invece le aveva dato un volto umanamente vicino a quello delle altre persone. Alita è una meraviglia per come si muove sinuosa, per come combatte e per come buca lo schermo, quasi meglio degli attori in carne e ossa. Le animazioni sono a dir poco perfette e solo in alcuni punti si scopre il trucco dietro la magia. Un plauso enorme e lungo quei canonici 92 minuti va fatto inevitabilmente alla splendida Rosa Salazar che, inguainata di tuta e sensori, ha dato vita alle solenni movenze della cyborg, le ha regalato il suo sorriso e le ha dato davvero l’unica cosa che le mancava: l’anima.

In conclusione, Alita - L'Angelo della Battaglia è un film veloce, forsennato in alcuni punti, è più di una trasposizione o di un adattamento, è forse un sunto di un’opera monumentale scritto e diretto da chi questa opera a fumetti l’ha divorata e apprezzata.

Ci sono dei compromessi, delle sbavature e delle incertezze che minano la pellicola, ma allo stesso tempo tutta la realizzazione tecnica di prim'ordine e la stessa protagonista, così umana nella sua armatura nanotecnologica, rendono giustizia a uno dei capisaldi del cyberpunk giapponese.

Alita - L’Angelo della Battaglia non piacerà ai cultori del manga, ovviamente, perché tanto è stato sacrificato per arrivare a inscatolare Alita in un film di due ore e mezza, ma questo è il rischio che chiunque corre quando si decide di cambiare volto a una storia. Se invece siete completamente digiuni del fumetto, allora non proverete nessun senso di violazione, e vi godrete la storia di Alita, dal primo all'ultimo minuto, travolti dalle sue emozioni, dalle sue passioni e dalla regia sapiente e ben dosata del caro vecchio Rodriguez.

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