Gli anni ’80 sono stati un periodo parecchio prolifico dal punto di vista dei modelli americani, e quanto raccontato in Air - La storia del grande salto si lega proprio a quel tipo di approccio narrativo, curiosamente. Nella pellicola firmata da Ben Affleck e in arrivo il 6 aprile nei cinema italiani, il mito americano prende vita e forma, o comunque comincia a germogliare, partendo dalle potenzialità sportive di un giovane che, come tutti sappiamo, diventerà uno dei migliori atleti di tutto il mondo, mettendo in scena una vera e propria battaglia aziendale con un significato ed impatto molto più ampi.
Con questo film è interessante notare fin da subito come lo scontro che fa da snodo a ogni evento sia di fatto portatore di modelli tipici della cultura consumistica americana. Air - La storia del grande salto è la storia di un contratto e della folle scommessa di una compagnia nascente che ha cambiato le sorti del mercato sportivo, per poi elevarsi al punto da diventare una delle più grandi e conosciute al mondo. Nel realizzarlo, questo contratto, troviamo tutte le regole tipiche del sogno americano in cui quello che importa è il fine, giustificando ogni mezzo in gioco.
Air - La storia del grande salto: un sogno che va contro tutto quanto
La trama di Air - La storia del grande salto è quanto mai semplice, e tutta la sua fascinazione deriva dal fatto che è ispirata a fatti realmente accaduti. Nel 1984 vediamo un giovanissimo Michael Jordan che si affaccia per la prima volta nel panorama della NBA. Non ha ancora dimostrato tutto il suo valore in campo e il pubblico non sa cosa aspettarsi da lui. Così i più grandi sponsor di settore (Converse, Adidas…) cominciano a corteggiarlo, anche se Michael sembra avere già le idee chiare in questo senso, con un carattere difficile da smuovere. Una piccola compagnia di scarpe da jogging, però, ha deciso di puntare il tutto per tutto pur di averlo, anche se la loro presenza nel mercato del basket è pressappoco inesistente e bistrattata da tutti quelli che contano: la Nike.
All’epoca la Nike non era ancora la gigantesca azienda che tutti conosciamo, piuttosto una realtà nascente che aveva dimostrato il suo valore soltanto nell’ambito della corsa professionistica, cominciando ad affacciarsi anche verso gli altri ambiti sportivi. Le loro possibilità economiche, stando agli inizi, non erano le stesse di tutti gli altri, come anche le offerte a loro disposizione. Sonny Vaccaro (Matt Damon) però, ci ha visto qualcosa in quel giovane da North Carolina, al punto di mettere da parte tutte le altre proposte della divisione basket e concentrare le sue possibilità proprio su Mike Jordan. Tutte le carte, però, sembrano a suo sfavore, dato che né il futuro rookie NBA e né la sua famiglia hanno alcuna intenzione di incontrare la Nike, o di parlare con loro. Sonny però è convinto che il giovane diventerà grande nell’ambito sportivo e decide di proporgli qualcosa che nessun altro sponsor aveva fatto fino a quel momento: una sponsorizzazione costruita sulla sua figura e su quello che avrebbe fatto in campo, accompagnato da un tipo di scarpe realizzate apposta per lui e che portano il suo nome. L'ispirazione deriva dalla pubblicità con un professionista del tennis, dato che i progetti costruiti sugli atleti, all’epoca, venivano realizzati soprattutto in questo sport e nel golf. Così questa visione coinvolgerà l’intera Nike in una delle imprese più importanti che lo sport abbia mai visto fino a quel momento.
Combattere per una sensazione
Alla base di Air - La storia del grande salto, quindi, troviamo il sogno di un uomo che percepisce qualcosa e tenta il tutto e per tutto pur di realizzarla, scontrandosi con una marea di difficoltà messe da parte per via di “una sensazione” che sente solamente lui. Il racconto dell’individuo che affronta mari e monti, anche individualisticamente, pur di raggiungere i propri scopi è tipica di quasi tutta la cinematografia americana degli anni ’80 (Rocky 3, Top Gun, Over the Top, Wall Street e molti altri, che potete recuperare su Amazon, ne sono un esempio palese). Così il mito del self made man si muove di pari passo con tutto quello che da lì a poco avrebbe rappresentato il percorso sportivo di Michael Jordan, in cui ritroviamo ancora una volta il racconto del campione irraggiungibile e perfetto venuto dal nulla. Anche la Nike stessa ha contribuito alla creazione di quel mito, ed è proprio partendo da questa concezione che si può cogliere una delle chiavi di lettura del film.
Air - La storia del grande salto è un film di rivincita e di vittoria in termini di mercato e sportivi, è un film profondamente americano in ogni sua inquadratura ed è innanzitutto la storia di un individuo che rischia ogni cosa pur di realizzare quello che vuole. In questo anticipa tantissimo l’enorme impatto culturale e pop che le Air Jordan avranno su tutto il monto, delineando i dettagli di una trattativa commerciale che cambierà per sempre il mercato dello sport e delle sponsorizzazioni, lavorando non tanto “sulla scarpa” in questione, quanto sull’atleta che la indossa e la rende unica nel suo genere con il suo valore in campo, e con i risultati che riesce a raggiungere di anno in anno con i Chicago Bulls. In questo la Nike è stata estremamente lungimirante e avanguardista: invece di limitarsi a pubblicizzare una serie di campioni con le proprie scarpe, ha deciso di lavorare su un campione e la sua immagine, arrivando ad alimentarne ulteriormente il mito fuori dal campo (ne abbiamo parlato approfonditamente nel nostro articolo sulle Air Jordan e sulla loro importanza pop). Così delle semplici scarpe da basket sono diventate un simbolo mondiale, dato che “tutti volevano essere come Mike” e che stiamo parlando di un giocatore che ha rivoluzionato il proprio ambito sportivo per sempre.
Prima di tutto questo, però, troviamo l’azienda su cui non punta nessuno e i suoi dipendenti che nessuno calcola. Il contrasto fra loro e gli altri colossi dell’epoca è così palese da generare immediatamente i modelli più classici del mito statunitense, con un gruppo di “perdenti”, almeno in apparenza, che ha un’intuizione così grande e geniale da sovrastare l’intera storia dello sport e cambiarla per sempre. In ciò la battaglia, la rivincita, i problemi, i muri, i no, i limiti e la sfiducia del prossimo, con cui confrontarsi dall’inizio alla fine.
Decantare gli anni ’80
Dal punto di vista formale uno dei tratti più palesi di Air - La storia del grande salto è il suo elogio continuo agli anni ’80: lo vediamo nei costumi, nelle continue citazioni a quel periodo storico, nei poster sulle pareti dell'ufficio, e soprattutto nella colonna sonora. La pellicola di Ben Affleck, scritta da Alex Convery e con la fotografia di Robert Richardson, funziona anche dal punto di vista estetico, proprio per via di una certa attenzione al contesto storico. L’insieme di elementi a schermo, appartenenti specialmente all’ambito sportivo in cui lavorano i protagonisti, e il modo in cui vengono distribuiti di scena in scena, contribuisce a costruire un contesto sicurante più familiare agli appassionati del basket, pur riuscendo a comunicare con tutti i meno avvezzi a terminologie e specifiche tecniche. Inoltre, i costumi dei protagonisti e le scenografie (anche se non troppe, dato che il film si svolge soprattutto in un singolo ambiente, alternandosi con altri posti chiave) di François Audouy sono un valore aggiunto in termini narrativi, disegnando i personaggi con una veste chiaramente nostalgica. Fiore all’occhiello di questo film sono la colonna sonora, con brani che rompono lo schermo a più riprese, e le interpretazioni di Matt Damon, Ben Affleck e Viola Davis.
Con Air - La storia del grande salto, quindi, ci troviamo a fare i conti con una pellicola estremamente romantica e leggera nel suo insieme (complice una sceneggiatura che sa perfettamente come dosare alcuni sviluppi rendendoli anche comici). La storia di un sogno e dell’inizio di un mito che riuscirà a toccare nel profondo le corde di coloro che vi si approcceranno. Ben Affleck è riuscito a impacchettare un momento preciso della vita di alcuni uomini, fino a elevarlo e renderlo speciale, pur con la dovuta consapevolezza e un tocco che sa come dosare la realtà e la finzione cinematografica.