La sequenza d'apertura, accompagnata da Così parlò Zarathustra di Richard Strauss, mostra un allineamento planetario; subito dopo ci troviamo proiettati nell'Africa del pleistocene. Qui, dopo una terribile siccità, i primi ominidi si ritrovano a combattere per delle pozze di fango che rappresentano la loro unica speranza di abbeverarsi: la distanza tra la vita e la morte sta in quel poco di acqua lurida. Un giorno la tribù di Guarda-La-Luna lotta ferocemente con gli Altri, che, più feroci e agguerriti, uccidono uno di loro rimandandoli nella caverna senza dargli possibilità di dissetarsi.
Il giorno successivo Guarda-La-Luna trova nella grotta un gigantesco monolito nero che sembra assorbire la luce del Sole ed emette uno strano suono. Inizialmente gli ominidi sono spaventati dall'enorme lastra color alabastro, finché non prendono coraggio e vi entrano in contatto, imparando immediatamente a maneggiare strumenti che utilizzeranno per cacciare animali e sconfiggere i loro rivali per le pozze d'acqua.
La sequenza termina con un primitivo che scaglia in alto nell'aria un osso di animale, che si trasforma nella Base Spaziale 1, che orbita accompagnata da Sul bel Danubio blu di Johann Strauss Jr. Si chiude così uno dei prologhi più famosi della storia del cinema, mentre il film ci porta nel 1999.
Il dottor Heywood Floyd viaggia verso la Base Spaziale 1 per iniziare una missione di esplorazione sulla Luna, dove, durante la notte quindicinale, degli scienziati hanno appena scoperto un monolito nero al di sotto della superficie del satellite. Si stima che il monolito sia seppellito da tre milioni di anni, ma non si sa chi l'abbia nascosto lì, o perché. Non appena il blocco viene colpito dal primo raggio di Sole nel corso di eoni, questo emette un segnale acustico, che si scoprirà essere inviato verso Giove.