Può un semplice, granitico monolito nero diventare uno dei simboli più riconoscibili della fantascienza cinematografica? Oppure, questo privilegio può essere riservato a un pulsante occhio elettronico, interfaccia fisica di una pericolosa intelligenza artificiale? Fortuna vuole che questi due elementi siano parte integrante della trama di uno dei cult della fantascienza, 2001: Odissea nello spazio, storica pellicola che esordì il 12 dicembre 1968 nei cinema italiani, a nove mesi dalla sua diffusione nelle sale d’oltreoceano. Anno particolarmente caro alla sci-fi cinematografica, che viene spesso identificato con la pellicola cult di Stanley Kubrick, ma che venne impreziosito dall’uscita anche de Il Pianeta delle scimmie, due manifestazioni di una rinnovata passione per la fantascienza che si inserirono all’interno di un rinascimento del genere, testimoniato sul piccolo schermo da Star Trek (1966)
La fascinazione esercitata da 2001: Odissea nello Spazio è figlia dell’ansiogena corsa allo spazio che contraddistingueva quegli anni. Pochi anni prima il russo Gagarin era stato il primo uomo a volare nello spazio, e l’obiettivo di conquistare il primato nell’esplorazione spaziale era solamente una delle tante contrapposizioni che animavano la Guerra Fredda. L’obiettivo principale era la conquista della Luna, che sarebbe avvenuta solo l’anno seguente come ci ricorda la storia frase di Neil Armstrong, ma era palpabile questa tensione continua, che non poteva che impattare su un perfezionista come Kubrick.
Rivoluzionare la fantascienza
La volontà del cineasta britannico era infatti quella di realizzare un film di fantascienza che si estraniasse dalla precedente tradizione, fatta di violenti invasori marziani o mostri mutanti. Un intento che lo stesso Kubrick confessò allo scienziato Jeremy Bernstein nel 1966:
“La fantascienza cinematografica per tutti è fatta solo da mostri e sessualità, noi vogliamo mostrare qualcos’altro”
Scaturiti da un immaginario figlio del pericolo dell’atomica e allegoria del ‘pericolo rosso’, questi film avevano dominato i due decenni precedenti, ma i nuovi cantori della fantascienza, come Roddenberry, Bradbury o Dick, stavano avviando una rivoluzione della grammatica del genere, in cui Kubrick si inserì appoggiandosi a un altro nome celebre del settore: Arthur C. Clarke.
Ad ispirare il regista fu la convinzione che per la sua trama una semplice sceneggiatura non fosse sufficiente, serviva un’opera più completa. Non poteva esserci interprete migliore di Arthur C. Clarke, nome caro ai lettori di fantascienza per le sue decine di racconti e per la saga di Rama. A caratterizzare la narrativa di Clarke era un approccio particolarmente realistico, frutto di una preparazione scientifica che ha consentito allo scrittore di teorizzare in modo scientifico, a metà anni ’40, un sistema di comunicazione orbitale divenuto poi la base su cui è stato ideato il modello delle comunicazioni satellitari. Questo tratto essenziale della narrativa di Clarke era particolarmente gradito da Kubrick, vorace lettore di fantascienza, specialmente della hard sci-fi, genere in cui si tentava di calare il racconto fantascientifico in una dimensione quanto più possibile realistica e possibile, come la recente saga di The Expanse.
Contattato da Kubrick, Clarke accettò di buon grado, ricordandosi di un suo vecchio racconto, La Sentinella (che potete trovare nel Drago Mondadori Racconti di Arthur C. Clarke), che diventa la base da cui è stata sviluppata la storia di 2001: Odissea nello spazio. , scritta assieme al regista, che promise a Clarke che sarebbe stata pubblicata come romanzo prima dell’uscita del film. La stesura di questa sceneggiatura ‘narrativa’ richiese diverso tempo, complice l’entusiasmo iniziale di Kubrick, che ben presto iniziò a muovere alcune critiche all’operato di Clarke, sfruttando la possibilità che si era precedentemente garantito di poter apportare qualsivoglia modifica in qualsiasi momento. A non convincere il regista, infatti, erano i dialoghi troppo artificiosi e i finali teorizzati da Clarke.
Una revisione continua, quella di Kubrick, che portò a un tradimento della promessa fatta allo scrittore, tanto che il regista fece in modo di ritardare il più a lungo possibile la pubblicazione del romanzo, uscito nel luglio 1968, mesi dopo l’anteprima cinematografica di 2001: Odissea nello spazio. Un ritardo voluto da Kubrick, che voleva preservare l’originalità del ‘suo’ 2001: Odissea nello spazio, a scapito del libro di Clarke. Volume che in copertina aveva solo il nome dello scrittore britannico come autore riconosciuto, che scelse comunque di dedicare al regista il romanzo, nonostante tra i due si fosse creata una certa tensione, visto che Clarke, in ristrettezze economiche, vedeva continuamente slittare il pagamento del proprio lavoro come scrittore del romanzo.
Già in questa fase, si notava come per Kubrick fosse fondamentale proteggere la propria creatura. Il timore principale del regista era che la realtà, nella forma dell’accesa competizione tra U.S.A. e U.R.S.S. per la conquista dello spazio, potesse rendere obsoleto il suo racconto. Una vera e propria ossessione, tanto che Kubrick pensò addirittura di stipulare un’assicurazione su 2001: Odissea nello spazio, timoroso che le missioni spaziali, come la missione marziana del Mariner 4 del 1965, potessero scovare forme di vita aliene. Lo stesso Arthur C. Clarke raccontò che Kubrick si rivolse ai Lloyd’s per una polizza che lo tutelasse dalla scoperta di alieni:
“Non ho idea di come gli assicuratori fossero riusciti a calcolare il premio, ma la cifra che quotarono era a dir poco astronomica e l’idea venne accantonata. Stanley decise di giocarsi le proprie carte con l’universo”
Un universo che parve assecondare il regista, considerato che la missione N.A.S.A AS-204 (in seguito ribattezzata Apollo 1) , che avrebbe dovuto essere il primo step verso l’allunaggio, venne colpita da una tragedia che uccise i membri in un rogo che distrusse la cabina durante il lancio.
Creare il mito
Annunciato alla stampa mondiale nel febbraio 1965 come Journey Beyond Stars, il capolavoro di Kubrick sin dall’inizio mise in evidenza le particolarità del regista. A cominciare dal titolo, che dopo pochi mesi cambiò in 2001: Odissea nello Spazio, quando Kubrick decise di lasciarsi in fine sedurre dalla sua fascinazione per il concetto di viaggio tipico dell’epica di Omero.
A rendere immortale questa pellicola, non è stata solamente l’incredibile storia dell’astronauta David Bowman e la forte connotazione metafisica impressa al film, quanto la presenza di alcune scene divenute cult.
Difficile non rimanere affascinati dall’Alba dell’Uomo, momento in cui gli ominidi preistorici incontrano il misterioso monolito nero, sulle note di Così parlò Zarathustra di Strauss. Una prova della lucidità di visione del regista, che studia posizionamenti di camera che enfatizzino la carica emotiva del momento, come la scelta di privilegiare riprese dal basso, in cui l’ambiente circostante sia protagonista imperioso delle scene, mostrando la Terra come un ambiente ostile, in cui i primati lottano, seguendo l’evoluzione degli antenati dell’uomo sino a due momenti essenziali: la scoperta della tecnica, immediatamente utilizzata come strumento di violenza, e la comparsa del monolite.
Simbolo stesso del film, il monolite inizialmente era un semplice parallelepipedo di plexiglass trasparente, che durante le prime riprese non dette il risultato sperato. Tanto che il production designer Toby Master propose di pitturarlo di nero, trovando l’approvazione di Kubrick. Cosa non semplice, considerato la scarsa affabilità del regista, capace comunque di dominare il proprio carattere in presenza di buone idee, come avvenne per la scelta di rendere HAL-9000, l’intelligenza artificiale della Discovery, un assassino, intuizione avuta dal leggendario supervisore agli effetti speciali Doug Trumbull. Dopo un’iniziale opposizione di Kubrick, la lotta per la sopravvivenza di HAL prese questa definizione quando Trumbull spiegò che con questi delitti si sarebbero potute coprire alcune mancanze in fase di sceneggiatura.
Realizzare 2001: Odissea nello spazio fu per Kubrick quasi un’ossessione. Spaventato dai viaggi aerei raggiunse i set inglesi via nave, fece disboscare foreste protette in Sud Africa pur di avere specifici alberi per le sue scene e costrinse gli stuntman a recitare in precarie condizioni di sicurezza pure di preservare l’autenticità e il realismo del suo film. Per gli spettatori, questo processo creativo ha dato origine a una delle pellicole storiche della fantascienza, resa celebre dall’occhio pulsante di HAL-9000 o dalla romantica danza tra la stazione spaziale e la navetta spaziale sulle note di Sul bel Danubio blu di Strauss.
Un vero e proprio viaggio umano, quasi lisergico in alcune sue intuizioni. All’epoca della sua prima proiezione per la stampa nell’aprile del ’68, il film non fu accolto particolarmente bene, accusato di esser una sorta di delirio del regista. Curiosamente, la definizione di ‘trip mistico’ affibiata alla sequenza del Viaggio oltre l’infinito dato dal Christian Science Monitor divenne una sorta di mantra per la campagna promozionale del film, spinto dalla MGM, al punto che diversi spettatori decisero di vedere il film sotto l’effetto di sostanze allucinogene, per avere una comprensione ancora più ampia delle tematiche trattate.
Sensazione non condivisa, come accennato, dai critici che presero parte alla visione in anteprime del 1 aprile 1968. Va detto che la versione presentata del film era stata rimaneggiata da Kubrick, che effettuò quasi venti minuti di tagli tramite un montaggio realizzato durante il suo viaggio in nave verso New York, facendosi installare a bordo una sala di montaggio. A finire sotto la scure del regista furono principalmente scene di vita familiare ed evidenti riferimenti alla Terra, che uniti alla rinuncia a una voce narrante portò i critici a ritenere il film confuso e poco ispirato. Nonostante Kubrick fosse rimasto offeso dei giudizi ricevuti, non nascose mai di esser conscio delle sue responsabilità per questo giudizio:
“Ho eseguito tutti i tagli di 2001, senza che mi fossero stati richiesit. Avevo visto il film completo di colonna sonora e sonora a una settimana dall’uscita, mentre sono necessarie diverse visioni per capire quale sia la giusta lunghezza di alcuni momenti, soprattutto quelli in cui lo svolgimento dell’azione è meno essenziale. Quasi tutte le scene tagliate erano ‘sensazioni di cose’”
L’eredità di 2001: Odissea nello spazio
Nonostante le varie vicissitudini occorse durante la lavorazione e un non proprio entusiasmante esordio, 2001: Odissea nello spazio è divenuto oggi un cult della fantascienza. Come un altro celebre flop al botteghino, Blade Runner, gli anni hanno mostrato la valenza delle intuizioni registiche e del racconto di Kubrick, che volendo affidarsi alla narrativa concreta e scientifica di Clarke ha saputo anticipare alcune delle caratteristiche tecnologiche attuali. Dall’utilizzo di dispositivi che anticipano i tablet alle videochiamate ora consuetudine, 2001: Odissea nello spazio anticipa in modo incredibile l’evoluzione tecnologica dei decenni successivi, basti pensare che la prima stazione orbitante, teorizzata da Kubrick, nella realtà fu la russa Saljut 1, lanciata nella primavera del 1971.
Addirittura, 2001: Odissea nello spazio, proprio per le sue intenzioni tecnologiche, è stata utilizzata da Samsung nel 2011 come difesa in una causa conto la Apple, sostenendo che l’accusa mossa dall’azienda di Cupertino di plagio per il design di un tablet fosse infondata in quanto:
“il tablet oggetto del contenzioso non è nato dalle menti di Cupertino ma dal genio di Kubrick, e per questo il tablet 'copiato' di Samsung non deve essere ritirato dal mercato statunitense."
Anche dal punto di vista culturale, 2001: Odissea nello spazio ha lasciato un’importante eredità. Dal punto di vista letterario, Clarke decise di proseguire la storia dando vita a un ciclo (2010: Odissea due, 2061: Odissea tre: 3001: Odissea finale), mentre il cinema cercò di proseguire la storia con 2010: L’anno del contatto, che tenta di unire la trama del film di Kubrick con il secondo romanzo di Clarke, mancando l’obiettivo e presentando una storia ricca di incongruenze e poco avvincente.
2001: Odissea nello spazio ha avuto una forte influenza nella pop culture. David Bowie non fece mistero che la visione del film di Kubrick gli avesse ispirato Space Oddity, ma è la scenda dell’Alba dell’Uomo che ha lasciato il segno più evidente nell’immaginario collettivo, al punto da essere parodiata in diversi film, da Zoolander a La pazza storia del mondo.
Nemmeno il mondo del fumetto è rimasto insensibile a 2001: Odissea nello Spazio. Nel 1976 la Marvel decise di inserire una trasposizione a fumetti del film in Marvel Treasury Edition, affindandola al Re in persona, Jack Kirby. Ovviamente fu un successo, tanto che si decise di dare vita a una serie, in cui venisse proseguita la storia, ispirandosi ad alcune idee bocciate durante la lavorazione del film. Durata dieci numeri, 2001: A Space Odissey è considerata una serie importante per il Marvel Universe, visto che nel suo ottavo numero Kirby creò il personaggio di X-51, ossia Aaron ‘Machine Man’ Stack.
Anche il fumetto nostrano ha omaggiato il film di Kubrick, come ben sanno i lettori del bonelliano Nathan Never, il cui secondo numero, Il monolito nero, immagina la nascita di un cult basato sulla trama del film di Kubrick. Citato anche in Dylan Dog (Alpha e Omega), 2001: Odissea nello spazio può vantare di esser stato parodiato da Leo Ortolani con La Sentinella, storia che riprende anche il titolo del racconto di Clarke che ha ispirato la nascita di questo cult immortale.