I Ministri delle Finanze di Svezia, Finlandia e Danimarca sono contrari alla Web Tax a cui sta lavorando Bruxelles. "Una tassa sui servizi digitali devia dai principi fondamentali di imposta sul reddito puntando sulla tassazione dei proventi lordi, cioè senza alcun riguardo se il contribuente stia generando profitto o meno", sostengono i Ministri svedese Magdalena Andersson, finlandese Petteri Orpo e danese Kristian Jensen in un documento congiunto diffuso venerdì.
Com'è risaputo, la Commissione UE sta confezionando una norma fiscale ad hoc per affrontare il tema dell'elusione che riguarda i grandi colossi del mondo digitale, come ad esempio Facebook e Google. Insomma, rompere quel meccanismo che fino a oggi ha consentito, con accordi fiscali siglati con l'Irlanda o il Lussemburgo, di pagare meno del presunto dovuto in ogni Paese comunitario.
Si parla di applicare una tassa compresa tra l'1% e il 5% ai proventi lordi aggregati delle imprese digitali che hanno stabile organizzazione nei Paesi dove operano.
Secondo i Paesi del Nord Europa questa nuova norma si ritorcerebbe contro le grandi aziende digitali europee - si pensi al caso della svedese Spotify e non solo, complicherebbe i rapporti di cooperazione internazionale sul fronte fiscale e potrebbe provocare ritorsioni da parte dei paesi extra-UE.
Andersson, Orpo e Jensen concordano sul fatto che vi sia bisogno di una riforma a tal riguardo, ma dovrebbe essere fatta dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), che tradizionalmente si occupa delle revisioni fiscali internazionali.
I sostenitori della via europea però obiettano che, storicamente, le iniziative in sede mondiale abbiano tempi di elaborazione e applicazione troppo lenti. Meglio invece puntare su una soluzione comunitaria temporanea e immediata, prima dell'avvento dell'attesa riforma globale.