Una strategia per il cloud secondo Netalia

Michele Zunino, AD di Netalia, evidenzia le criticità nel rapporto tra i grandi cloud provider internazionali e il mercato italiano, commentando le risposte alla lettera aperta indirizzata alla politica dal Consorzio Italia Cloud.

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a cura di Dario Orlandi

Il settore del cloud è prossimo a un punto di svolta che potrà essere decisivo per il futuro di questo mercato e coinvolgerà in modo diretto l’operatività di moltissime aziende nel nostro Paese; ne abbiamo parlato con Michele Zunino, amministratore delegato di Netalia.

Netalia è un’azienda italiana specializzata nell’erogazione di servizi infrastrutturali in cloud, il cui target di riferimento sono proprio i settori in cui la gestione delle informazioni è più critica: comparti come quello energetico, il finance, i media, la sanità, la logistica e le infrastrutture, oltre naturalmente alla pubblica amministrazione.

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Più in generale, i partner naturali di Netalia sono tutte le aziende che guardano al tema della gestione dei dati come a un fattore cruciale e strategico per la loro competitività; la missione dell’azienda è individuare questi soggetti, con cui costruire attività che possano favorire e facilitare il loro successo. Netalia garantisce infatti la residenza fisica, normativa e giuridica di ogni dato entro i confini nazionali, permettendo una miglior gestione della compliance dei dati, ma soprattutto avendo un interlocutore italiano per un tema che sta diventando sempre più importante.

La discussione non poteva quindi che partire proprio dalla situazione attuale del mercato del cloud e dai potenziali punti critici nel rapporto tra aziende e fornitori di servizi, specialmente nella relazione con i grandi player internazionali del settore.

Secondo Zunino “il rischio principale non riguarda tanto le preoccupazioni mainstream su possibili furti di informazioni e accessi non autorizzati; il problema più concreto è delegare una parte fondamentale della propria azienda a un soggetto che si muove in gran parte fuori dal perimetro fiscale e normativo nazionale”.

I provider cloud possono contare su un rapporto di forza particolarmente sbilanciato: non hanno soltanto le mani sugli strumenti di lavoro, ma possiedono anche le chiavi di accesso ai dati. Se si va allo scontro con un cloud provider, il primo passo della controparte è togliere i privilegi di accesso, creando un problema non da poco: non solo l’azienda non può può più utilizzare gli strumenti e i servizi cloud, ma non ha neppure accesso alle informazioni, con conseguenze potenzialmente devastanti sulla continuità aziendale.

Ci dice Zunino: “Il parallelo più naturale è quello con i servizi di telecomunicazione: se oggi un’azienda ha un contenzioso con una telco, anche per le motivazioni più banali (come un errore di fatturazione), può invocare l’articolo 700 del Codice di Procedura Civile e vedere così garantita tramite un procedimento d’urgenza la continuità dell’erogazione del servizio fino alla conclusione del contenzioso. Tutto questo non avviene, invece, nel caso dei servizi cloud”.

I rapporti di forza sono tali da rendere impossibile gestire un contenzioso. Oggi il mercato non è ancora così polarizzato, ma il rischio vero per il futuro è consegnare a questi grandi provider il potere di vita o di morte sulle aziende che si affidano a loro. È una situazione molto pericolosa, specialmente perché non è governata dal sistema giuridico locale.

Una questione di sensibilità

Secondo l'AD di Netalia “la sovranità digitale oggi non fa vendere, è un tema sensibile in alcuni contesti ma non è un driver di vendita; nessuna azienda si sente minacciata dal pericolo di una Amazon o di una Microsoft. A prescindere dalla reale situazione e dagli eventuali pericoli nascosti. Disegnare uno scenario in cui i grandi soggetti (che già oggi hanno una capacità di influenza a livello politico e governativo molto elevata) rimangano gli unici capaci di offrire la capacità di calcolo e quindi la capacità decisionale a livello globale è inquietante."

Se questo si avvererà oppure no dipenderà da tante condizioni al contorno, certo è che la capacita di lobbying delle big tech è forte. Non è una battaglia sulle tecnologie, è una battaglia per la supremazia che oggi in Italia non è stata ben compresa.”

In altri Paesi europei l’attenzione a queste problematiche sta crescendo, ma siamo ancora indietro: l’idea è che il digitale sia qualcosa di fine a sé stesso, lontano dai sistemi industriali, sociali e politici tradizionali. Ma non è più così. Il problema è regolatorio, investe il sistema politico. Ma la politica si muove, quando si muove, sulla base dell’ultimo hype senza vedere il problema nel suo complesso. Si invoca spesso una regolamentazione a livello europeo, ma “in Europa si cerca di dare un’unità culturale a un sistema che in realtà è diversissimo. Il modello europeo ha delle frizioni interne che spesso impediscono di fare sistema”.

Secondo Zunino, inoltre, nel rimpallo tra Paese e istituzioni comunitarie si rischia di perdere di vista che “il perimetro di rischio deve equivalere al perimetro fiscale. Non è un problema di nazione o di Ue. Il perimetro non può che essere quello in si pagano le tasse, quello è l’elemento sovrano. L’interesse dev’essere quello del perimetro fiscale”.

Le domande alla politica

Proprio per queste ragioni il Consorzio Italia Cloud, nato lo scorso anno per organizzare l’offerta e le competenze già presenti sul territorio italiano e presieduto proprio da Zunino, ha presentato una lettera aperta alla vigilia delle ultime elezioni, in cui attraverso tre quesiti diretti alle principali forze politiche, chiedeva di evidenziare temi e soluzioni per far crescere aziende nazionali attive nella fornitura di servizi cloud, a salvaguardia dei dati della Pubblica Amministrazione, delle imprese e dei cittadini italiani.

Abbiamo colto l’occasione per chiedere un commento sulle risposte ottenute. Secondo Zunino “è stato positivo constatare l’interesse, perché hanno risposto tutti. Mi ha fatto piacere, perché c’è una sensibilità maggiore rispetto a quello che mi sarei aspettato; all’interesse però non fa sempre riscontro altrettanta competenza.

Questo si vede anche dal merito delle risposte, che non hanno una vera ricaduta operativa. Non mi aspettavo di più e lo ritengo comunque un buon risultato. Anche perché le risposte sono giunte dai livelli più alti delle varie forze politiche”, a dimostrazione di un reale interesse per i temi posti.

“L’obbiettivo che ci stiamo ponendo come consorzio” – ha chiuso Zunino – “è quello di creare una linea di comunicazione costante con la politica, per trasformare quella che oggi è stata semplicemente una prima presa di contatto in un tavolo di lavoro stabile, che possa aiutare a indirizzare le questioni in modo organico e sistematico. Se dovessimo riuscirci sarebbe un bel risultato”.

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