L’equilibrio tra diritto di controllo del datore di lavoro e tutela della privacy dei dipendenti è sempre più complesso; e oggi strumenti di monitoraggio avanzati e sistemi di intelligenza artificiale stanno ridefinendo i confini della sorveglianza aziendale. L’uso di tecnologie di tracciamento e analisi delle prestazioni aumenta esponenzialmente, portando a nuove sfide legali.
Naturalmente, ciò solleva interrogativi su legittimità, trasparenza e rispetto dei diritti fondamentali. Un tema cruciale, che richiede chiarezza normativa e un approccio responsabile.
Il datore di lavoro ha il diritto di vigilare sull’operato dei dipendenti, ma deve farlo nel rispetto dello Statuto dei Lavoratori e della normativa sulla privacy. L’abuso di strumenti di sorveglianza può tradursi in violazioni dei diritti individuali e sanzioni per le aziende.
Le regole in materia di sorveglianza aziendale sono chiare: il monitoraggio deve essere proporzionato, trasparente e giustificato da esigenze aziendali.
Tuttavia, l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale nella valutazione delle performance e nella gestione delle risorse umane introduce nuove incognite. Come evitare discriminazioni algoritmiche? Quali sono i limiti dell’uso dei dati biometrici? Approfondiamo il quadro normativo e le best practice per un utilizzo corretto delle nuove tecnologie.
I poteri del datore di lavoro e i limiti legali
Nel contesto di un rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro dispone di tre poteri fondamentali:
- Direttivo – Consente di dare istruzioni al lavoratore sullo svolgimento delle attività.
- Disciplinare – Include la possibilità di sanzionare eventuali violazioni.
- Di controllo – Permette di verificare che le direttive aziendali vengano rispettate.
Tradizionalmente, il controllo avveniva attraverso supervisori fisici. Con il passare del tempo e l’evolversi della tecnologia, invece, le soluzioni di controllo sono diventate via via più sofisticate - fino appunto all’uso di Intelligenza Artificiale per analizzare le prestazioni.
Tuttavia ogni nuovo strumento di controllo deve rispettare la norme esistenti,e la prima da prendere in considerazione è lo Statuto dei Lavoratori. Questo documento stabilisce precisi paletti al potere di controllo del datore di lavoro, soprattutto in relazione alla sorveglianza digitale.
- Divieto di indagini sulle opinioni personali
È vietato raccogliere informazioni sulle opinioni politiche, religiose o sindacali dei lavoratori, anche in fase di selezione, questo principio tutela il diritto alla riservatezza e previene discriminazioni.
- Controlli a distanza e tecnologie di sorveglianza
L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, aggiornato con il Jobs Act, disciplina l’utilizzo di strumenti tecnologici di controllo. Le regole variano a seconda della finalità del monitoraggio:
- È vietata l’installazione di strumenti esclusivamente destinati alla sorveglianza dei dipendenti.
- Sono consentiti strumenti che, pur potendo comportare un controllo indiretto, servano a esigenze organizzative, produttive, di sicurezza o di tutela del patrimonio aziendale. In questi casi, però, è obbligatorio un accordo sindacale o un’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro.
- Nessuna restrizione, invece, per gli strumenti necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa (ad esempio, software aziendali di gestione del lavoro o badge di accesso).
Intelligenza artificiale e decisioni automatizzate
Un aspetto emergente è l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per il monitoraggio della produttività, l’assegnazione dei compiti e persino la valutazione delle performance. Questo solleva interrogativi sulla legalità di tali strumenti, o sulla possibilità che i sistemi AI prendano decisioni discriminatorie. È poi fondamentale - per buon senso ma anche per compliance con l’AI Act - che i sistemi in questione e il loro utilizzo siano totalmente trasparenti.
Il GDPR e il Garante della Privacy, infatti, impongono che le decisioni automatizzate rispettino i principi di trasparenza, equità e proporzionalità, evitando discriminazioni basate su dati personali o bias algoritmici.
Informazione e consenso del lavoratore
Un aspetto fondamentale è l’obbligo di informare i lavoratori sulle modalità di raccolta e utilizzo dei dati. Senza un’informativa chiara, le informazioni raccolte non possono essere utilizzate nemmeno per finalità disciplinari.
Il Ministero del Lavoro e il Garante della Privacy hanno chiarito che il controllo deve sempre avvenire nel rispetto dei principi di necessità, proporzionalità e minimizzazione: si devono raccogliere solo i dati strettamente necessari, evitando una sorveglianza pervasiva.
Il datore di lavoro può leggere le email dei dipendenti?
Tra le molte questioni possibili, prendiamo a esempio quella che forse è la più comune: la posta elettronica è un tema ricorrente nelle controversie sulla sorveglianza lavorativa. Succede, in genere, quando il datore di lavoro desidera accesso ai messaggi del lavoratore.
Le email aziendali rappresentano un strumento essenziale per l’attività lavorativa, il che legittima il datore di lavoro a monitorarne l’uso per garantire il corretto svolgimento delle mansioni e la sicurezza aziendale. Tuttavia, questo diritto di controllo deve essere esercitato con cautela, nel rispetto delle normative vigenti.
Infatti, l’articolo 15 della Costituzione sancisce il principio di libertà e segretezza della corrispondenza, estendendo questa tutela anche alle comunicazioni elettroniche. Di conseguenza, qualsiasi verifica dell’uso della posta aziendale deve avvenire in modo proporzionato, evitando forme di sorveglianza massiva o indiscriminata che potrebbero violare il diritto alla privacy del lavoratore.
Il Garante della Privacy ha dunque stabilito che i controlli sulle email devono essere proporzionati e non invasivi, vietando monitoraggi massivi e indiscriminati, le aziende possono adottare policy interne per regolamentare l’uso della posta elettronica, ma i lavoratori devono esserne preventivamente informati.
Per saperne di più sulle disposizioni del garante leggi questo articolo.
Geolocalizzazione dei dipendenti e GPS aziendali
L’utilizzo dei sistemi GPS per il monitoraggio dei lavoratori è un tema sempre più rilevante, soprattutto nei settori della logistica e dei trasporti, dove il tracciamento in tempo reale è spesso integrato nei processi aziendali. Questi strumenti permettono di ottimizzare le rotte, migliorare l’efficienza operativa e garantire la sicurezza delle consegne, rendendoli in molti casi indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative.
Tuttavia, quando il GPS viene impiegato non per finalità operative, ma per il controllo dei dipendenti, emergono importanti vincoli normativi. In questi casi, il datore di lavoro deve ottenere un’autorizzazione sindacale o ispettiva, in conformità con lo Statuto dei Lavoratori e la normativa sulla privacy. L’installazione di sistemi di localizzazione deve essere giustificata da esigenze organizzative o di sicurezza, escludendo forme di sorveglianza continua e ingiustificata.
Per garantire un utilizzo lecito e trasparente di questi strumenti, le aziende devono adottare policy chiare e informative dettagliate, specificando le modalità di raccolta e trattamento dei dati. Il principio di proporzionalità impone che il monitoraggio sia limitato allo stretto necessario, evitando violazioni della riservatezza e possibili abusi nella gestione delle informazioni raccolte.
Un equilibrio tra innovazione e diritti
Le tecnologie di sorveglianza e controllo, compresa l’intelligenza artificiale, stanno trasformando profondamente il rapporto tra controllo aziendale e tutela della privacy dei lavoratori. Se da un lato strumenti di monitoraggio avanzati possono migliorare l’efficienza e la sicurezza aziendale, dall’altro pongono interrogativi etici e giuridici che non possono essere ignorati. Il diritto alla riservatezza e alla dignità deve rimanere centrale in qualsiasi politica di gestione del personale.
L’evoluzione normativa dovrà rispondere alle sfide della digitalizzazione, regolando l’uso di tecnologie sempre più sofisticate per evitare abusi e garantire un equilibrio tra esigenze organizzative e diritti individuali. Il monitoraggio non può trasformarsi in un’intrusione indiscriminata, ma deve rispettare principi di trasparenza, proporzionalità e legittimità, come stabilito dal GDPR e dallo Statuto dei Lavoratori.
Il futuro della sorveglianza sul lavoro dipenderà dalla capacità di bilanciare innovazione e tutela dei diritti fondamentali. Le aziende devono adottare un approccio responsabile, implementando strumenti di controllo in modo etico e conforme alle normative. In un contesto così delicato, è fondamentale affidarsi a professionisti esperti in diritto del lavoro e protezione dei dati, per evitare il rischio di violazioni e costruire un sistema di sorveglianza equo e sostenibile.
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